Sollima incanta col violoncello di ghiaccio  «Strumento siderale, un suono ancestrale»

Un violoncello completamente realizzato in ghiaccio al centro della scena, incastonato in una bolla protettiva dai colori cangianti, e la maestria del violoncellista palermitano Giovanni Sollima hanno stregato il pubblico che ha fatto registrare il sold out in occasione della prima dello spettacolo al Politeama Garibaldi. L’orchestra sinfonica siciliana diretta da lui ha eseguito brani di Hayden, Friedrich Gulda e l’inedito concerto per violoncello di ghiaccio, archi e percussione The N-Ice Cello composto e diretto dallo stesso Sollima. Ed è qui che accada la magia.

Il violoncello di ghiaccio suona come uno strumento normale? La risposta è sì. Il violoncello di ghiaccio, o come piace chiamarlo ai suoi ideatori, la creatura, suona veramente e ha un timbro molto particolare. «L’impressione è di avere uno strumento siderale tra le mani – ci racconta il maestro Giovanni Sollima – che allunga i suoni e le sposta sulle frequenze alte. Con il violoncello di ghiaccio diventa tutto più ancestrale e primordiale, quasi lunare. È uno strumento vero e proprio, costruito secondo i principi della liuteria, ma io lo considero più un organismo. Un organismo che si muove, che cambia. Quando lo suoni devi adattare il respiro, adattarti alla sua temperatura. La sua condizione ideale è rimanere a -8 o -10 gradi, abbiamo provato a tenerlo a -5 ma fa troppo caldo per lui. Quando lo vedo dentro la sua bolla mi piace pensarlo come una sorta di alieno che è sceso sulla terra per conoscere i suoi simili». 

Introdotto in una bolla termica dove si registrano -8 gradi il Maestro riscalda, ed è proprio il caso di dirlo considerando che anche in sala la temperatura è parecchio bassa, un pubblico curioso di ascoltare il suono del misterioso strumento. «Dentro la bolla non sento freddo. – Dichiara Sollima- Quando suoni hai altri parametri, climatici, temporali, spaziali. Tutto è diverso. La musica ti isola, ti dilata, ti protegge, è una casa. Quando suono questo violoncello tutto è un rito, vivo una sorta di isolamento termico che va a regolare il calore dello stile e del suono, devo avere consapevolezza di uno strumento che si può sciogliere o modificare, perché è uno strumento vivo, che muta nei suoi rapporti di bombature e gonfiori. Una vera creatura».

Tutto chiaro adesso, il violoncello è uno strumento vero. Ma come sarà venuta fuori l’idea di uno strumento ghiacciolo? Tutto nasce dall’eccezionale creatività e perizia dallo scultore e liutaio americano Tim Linhart, un gigante buono e barbuto che vive sul ghiacciaio Presena in Trentino e che più di dieci anni fa aveva già ideato dei primi strumenti in ghiaccio suonati da Sollima sul ghiacciaio della Val Senales in un teatro igloo. «L’idea nasce da un’esperienza di dieci anni fa con Tim e Corrado Bungaro – ci confessa il maestro- Ci siamo trovati a suonare in questo teatro igloo con degli strumenti interamente realizzati in ghiaccio e fu un’esperienza magica. Quel suono non mi ha più lasciato, quest’ idea mi è rimasta in testa come un chiodo fisso: volevo vedere il violoncello di ghiaccio suonare ancora, anche in un contesto diverso. Così ogni volta che aprivo il frigo c’era sempre questo ricordo, l’ evocazione di un suono… un ricordo ripetuto per 10-20 volte al giorno. Ogni santa volta che aprivo il frigo».

Il violoncello di ghiaccio era evidentemente destinato a vivere e suonare ancora e così a dieci anni di distanza ha girato l’Italia intera, da Nord a Sud, facendo spettacoli a Trento all’interno del MUSE, a Venezia nella Basilica di San Giorgio e a Roma. «Da piccolo pensavo che l’unico viaggio possibile fosse quello da Sud a Nord con una valigia piena di sogni, adesso noi facciamo il contrario andiamo da Nord a Sud con un valigia di ghiaccio che ci racconta la condizione del pianeta».

Il tema dell’acqua e la sua importanza come risorsa a livello planetario sono infatti la fonte d’ispirazione per l’intero progetto che prevede anche la realizzazione di un road movie con la regia di Corrrado Bungaro. L’idea del viaggio vuole segnare un percorso simbolico inverso, rispetto a quello abituale dei flussi migratori che si spostano dal Sud del mondo, luoghi caratterizzati dalla carenza d’acqua, verso territori in cui questo bene è abbondante. Un percorso che diventa così uno spunto di riflessione sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente, sulla crisi idrica e sui conflitti che generano migrazioni di interi popoli.

Un viaggio non facile considerando il precario stato di solidità del violoncello di ghiaccio. Lazzaro, altro nomignolo che gli è stato affibbiato dai suoi creatori, è stato trasportato da Trento a Palermo dentro un apposito furgone refrigerato. «Quattro corde su un violoncello normale e anche su uno di ghiaccio hanno una forza di 60-71 kili quindi se si crea una crepa il violoncello letteralmente esplode! Era già successo ma Tim nel furgone refrigerato ha altre tavole di ghiaccio, sacchi di neve e altri due strumenti di scorta che in questo momento sono parcheggiati in un noto bar del centro… così la mattina prima prendiamo il caffè e poi andiamo a controllare lo stato di salute delle creature!».

Tutte precauzioni che si sono rivelate fortunatamente non necessarie, ma che contribuiscono ad arricchire il fascino di uno strumento e di un concerto che ha incantato il pubblico palermitano. «Palermo ha reagito benissimo a questa mia proposta, la trovo una città in pieno fermento culturale, una città in stato di grazia. In questo momento Palermo mi ricorda Berlino, città dove ho abitato a lungo, luoghi molto diversi eppure simili per questo intenso rapporto con le loro ferite, con le loro macerie, per questo atto continuo di conservazione della memoria e allo stesso tempo di movimento verso la sperimentazione. Vedo una città che ha voglia di guardarsi con più amore e adesso essendo Capitale della Cultura ha una forte responsabilità, ma vorrei fosse che questo evento fosse un’occasione che proietta nel futuro e che non finisca lì. Osservo molto le piccole realtà indipendenti, sul piano istituzionale forse è necessario un maggior sostegno a chi vive la città in modo sganciato da logiche di mercato, mettendosi in gioco a titolo spesso gratuito. Sarebbe bello ci fosse una collaborazione maggiore tra le istituzioni e le piccole realtà».

Ma che fine farà il labile violoncello di ghiaccio adesso che a terminato il suo viaggio a Palermo? «Lo restituiremo alla natura, lo faremo sciogliere nel mare di Mondello». 


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