Skin è tornata. E lo ha fatto nel migliore dei modi: ritrovando se stessa
Skin Fake chemical state
Skin è tornata. E lo ha fatto con Fake Cemical State, un album che sa di rock-garage e in cui dimostra di aver ritrovato se stessa, quella degli Skunk Anansie, quella aggressiva, con i capelli rasati e i panta-cargo, non quella dei pizzi e di Flashwounds, lalbum che nel 2003, abbandonata la storica band, la vide debuttare come solista.
Lalbum inizia con una sana dose (anzi, due) di punk rock: Alone in my room prima e Shes on poi mozzano il fiato, poi Skin frena un po, ed ecco Movin: una voce angelica si snoda tra accordi metallici si, ma soavi quanto basta.
Anche in Just let the sun in, primo singolo estratto dallalbum (e già noto ai più) è la voce a fare da padrona prima che con Purple, la più introspettiva dellintera tracklist, emerga lanima dellartista.
Ma le “smancerie” finiscono qui: con Dont need a reason riprende il suo posto laggressività che aveva caratterizzato lalbum sin dallinizio.
Scorrendo le tracce troviamo Nothing but, brano prodotto da Linda Perry (produttrice di Christina Aguilera, Pink e Courtney Love) il cui nome può non dire nulla se non associato a quello delle 4 Non Blondes.
In Take on me collaborano i Marlene Kuntz e Skin salda un conto aperto nel 2000, quando la band piemontese di Cristiano Godano invitò lallora leader degli Skunk Anansie a cantare ne La canzone che scrivo per te, poi inclusa in Che cosa vedi.
Fake chemical state prosegue con Fooling yourself, ultima chicca prima della maestosa chiusura di Falling for you.
Magari non eravamo più abituati a questa Skin, e magari ci metteremo un po a riabituarci, ma di sicuro, così è anche meglio e ascoltarla fa tutto un altro effetto.