Sisma, a Catania sette fabbriche a rischio Arpa: «Costruzioni non idonee a resistere»

«Le costruzioni di questi stabilimenti non sono idonee a resistere. Già con un terremoto di media intensità gran parte di queste collasserebbero. Con un sisma catastrofico, di magnitudo 7.5 come quello che ci si aspetta, si avrebbe il collasso totale». Ad ammetterlo è Salvo Cocina, commissario straordinario dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Si riferisce ai 74 stabilimenti Rir siciliani, fabbriche definite dalla legge «a rischio di incidente rilevante», ma per le quali non esiste nessuna specifica normativa antisismica. Inquinamento, incendi, esplosioni sono solo alcune delle possibili conseguenze della loro presenza sull’isola. «Aggravate dall’elevato rischio sismico della zona in cui insistono gli impianti e dal possibile effetto domino degli incidenti», sottolinea Michele Giarrusso, avvocato. A lui si sono rivolti i cittadini del triangolo industriale siracusano Augusta-Priolo-Melilli, in cui si trova la più alta concentrazione di fabbriche Rir, ben 17. Ma non va meglio nel Catanese dove gli effetti di un eventuale sisma sarebbero aggravati dalla presenza di sette di questi stabilimenti: un deposito di gas liquefatti e una fabbrica di produzione e deposito di esplosivi a Belpasso; un altro deposito di gas liquefatti a Mascalucia e di esplosivi a Santa Venerina; uno stabilimento chimico e petrolchimico, un deposito di fitofarmaci e una ditta di spedizioni aree, marittime e terrestri a Catania.

I cittadini del Siracusano, ormai più di un mese fa, hanno chiesto di poter visionare i rapporti di sicurezza depositati dagli stessi stabilimenti e i piani d’emergenza preparati dalla prefettura. La paura è che possano ripetersi episodi come quello di qualche anno fa quando, per domare un incendio divampato nella raffineria della Erg, «sono servite 46 ore di lavoro di tutti i vigili del fuoco della Sicilia – racconta Giarrusso – Nonostante da progetto avrebbe dovuto essere fermato in sei ore». Ma di risposte positive, ai cittadini, non ne sono ancora arrivate. «Finora l’unica l’abbiamo avuta dalla direzione regionale siciliana dei vigili del fuoco – continua il legale – che rifiuta il rilascio dei piani di sicurezza». Se un controllo è impossibile, i residenti chiedono soluzioni drastiche. «Chiuderli e ricostruirli nuovi», dice Giuseppe Giaquinta, presidente di Legambiente Priolo. Una proposta nemmeno troppo azzardata, con cui concorda anche il commissario dell’Arpa. Almeno per quanto riguarda gli stabilimenti più vetusti. «Ma l’iniziativa – ricorda Cocina – spetta ai privati». Gli stessi che vorrebbero aggiungere alla già lunga lista di stabilimenti a rischio anche un rigassificatore.

Gianmarco Catalano

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