Perché la comunità internazionale è intervenuta in Libia e non in Siria? Cos'è oggi Al Qaeda e qual è la sua forza reale? Quante divisioni si nascondono sotto il termine Fratelli Musulmani? A queste ed altre domande hanno provato a rispondere Lucia Goracci, Laura Silvia Battaglia ed Elvira Terranova, le tre giornaliste che si sono aggiudicate il premio Maria Grazia Cutuli 2013. «I mezzi di informazione abusano di alcune parole, bisogna tornare al loro vero significato», hanno spiegato in un quasi vuoto auditorium De Carlo
Siria e Islam raccontati dai media occidentali Ai Benedettini le vincitrici del premio Cutuli
Catania, nella quasi totale indifferenza dei suoi abitanti, è stata negli ultimi mesi crocevia per moltissimi siriani, egiziani, palestinesi scappati dai conflitti che continuano ad infiammare il Medioriente e in cerca di un futuro in Europa. Con altrettanta indifferenza, accentuata dalla mancanza di studenti universitari il sabato mattina al monastero dei Benedettini, la città ha risposto alla lectio magistralis sul ruolo dei media nel racconto di quanto succede in quelle Terre, tenuta all’auditorium De Carlo dalle giornaliste vincitrici del premio Maria Grazia Cutuli 2013: Lucia Goracci, inviata di Rai News 24; Laura Silvia Battaglia, freelance e docente alla Scuola di giornalismo all’Università Cattolica di Milano; ed Elvira Terranova, corrispondente dalla Sicilia per l’agenzia AdnKronos. Ha moderato Felice Cavallaro, giornalista del Corriere della Sera.
Elvira TerranovaUn incontro per parlare di quanto il ruolo dei mezzi di informazione, che spesso si approcciano in maniera superficiale a questi temi, influenzi le dinamiche dei conflitti in corso e sulla percezione che noi occidentali abbiamo di essi. «Perché la comunità internazionale è intervenuta in Libia e non in Siria?». Lucia Goracci ha tentato di rispondere a questa domanda partendo dalla sua esperienza personale sul campo. «Sono entrata a Bengasi, la culla della rivoluzione, quando Gheddafi, al culmine della sua controavanzata, minacciava di distruggerla. Ho vissuto in prima persona l’intervento delle Nazioni Unite», spiega la giornalista che sottolinea come fosse difficile smontare le verità già preconfezionate. «C’era una sovraesposizione mediatica che metteva in difficoltà chi, come noi, tentasse di dare lettura più equilibrata. Ho combattuto, ad esempio, con la redazione a Roma in merito al numero delle vittime. Le tv panarabe, Al Arabiya e Al Jazeera – che avevano forze in campo impressionanti e sostenevano la rivoluzione – rilanciavano numeri inverosimili. Io invece non avevo visto tutti quei morti».
Lucia GoracciSecondo il nuovo governo libico le vittime del regime di Gheddafi durante la rivoluzione furono seimila. Il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, ha recentemente riferito che il conflitto siriano ne conta già oltre 100mila. «Eppure in questo caso si è scelta la via diplomatica, perché non si è ripetuta quell’accelerazione emotiva e mediatica che si è registrata in Libia», analizza Goracci. Una motivazione che si aggiunge ad altri macro-fattori. «In Siria tutto è diverso – spiega la giornalista – Bashar Al Assad non è isolato, ha una rete di alleanze larga ed affidabile, in cui la Russia gioca un ruolo strategico, anche perché intende difendere la sua unica base navale del Mediterraneo, che si trova a Tartus». Il secondo attore che subentra nello scenario siriano è l’Iran.
«Sono stata più volte a Teheran e mi sono resa conto che la difesa di Bashar è per questo Paese un po’ come difendere una propria continuità territoriale – continua l’inviata Rai – Grazie alla Siria, l’Iran in questi anni ha combattuto guerre per procura: in Palestina con Hamas, in Libano con Hezbollah. Adesso soffrono della sindrome di accerchiamento. Ritengo quindi sciagurata la scelta di continuare a non coinvolgere Teheran nei negoziati di pace di Ginevra 2». Ci sono poi i fattori interni: la profondissima frattura tra sciiti e sunniti, assente in Libia, la potenza militare, una struttura statuale più forte che in Siria non si è sfaldata. Il quadro è completato dai dubbi sui ribelli che combattono contro il regime. «I negoziati – ricorda la Goracci – sono stati rinviati anche per il frazionamento interno dell’opposizione siriana, con la crescita della componente qaedista».
Laura Silvia BattagliaMa cos’è oggi Al Qaeda e qual è la sua forza reale? Il ruolo dell’organizzazione terroristica creata da Osama Bin Laden torna nel discorso di Laura Silvia Battaglia che pone l’attenzione su alcune parole abusate dai media, distorte nel loro significato o usate superficialmente. Al Qaeda è una di queste, insieme a Islam, fondamentalismo, Fratelli Musulmani, settarismo e jihad. «Procatoriamente – afferma la freelance – possiamo affermare che risolvendo sotto il grande ombrello di Al Qaeda tutte le rivendicazioni terroristiche, si mortificano le azioni di gruppi legati ad una precisa identità territoriale che nulla c’entrano con Bin Laden». Stesso discorso vale per la presunta differenza tra un Islam radicale e uno moderato. «Semplicemente non esiste: c’è un Islam politico che va rifiutato e un Islam tradizionale che è quello praticato dal 90 per cento dei musulmani». Così come il settarismo «non è una distinzione religiosa tra sciiti e sunniti, ma politica. Lo dimostra il fatto che in Iraq, nella stessa famiglia convivono le differenze». E sotto l’etichetta Fratelli Musulmani, in Egitto troviamo posizioni molto diverse: «Dai sostenitori del presidente deposto Morsi ai salafiti». Battaglia ricorda infine il significato originario del termine jihad, che è la lotta che ogni islamico compie per raggiungere i sei pilastri del proprio equilibrio. «Tanto che negli Stati Uniti i ragazzi musulmani di seconda generazione hanno lanciato su Twitter la campagna #myjihad, per superare il pregiudizio di molti americani».
[Foto di Salvo Ruvolo]