Scambio elettorale politico-mafioso, estorsioni, detenzione di armi e stupefacenti, introduzione in carcere di cellulari per gestire gli affari: sono alcune delle accuse contestate a 12 persone indiziate di essere affiliati al clan Nardo, costola della famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano operante nell’area nord della provincia di Siracusa. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso è contestato […]
Siracusa, indagato ex candidato sindaco: impegno per scarcerare il figlio di un affiliato mafioso in cambio di voti
Scambio elettorale politico-mafioso, estorsioni, detenzione di armi e stupefacenti, introduzione in carcere di cellulari per gestire gli affari: sono alcune delle accuse contestate a 12 persone indiziate di essere affiliati al clan Nardo, costola della famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano operante nell’area nord della provincia di Siracusa.
Il reato di scambio elettorale politico-mafioso è contestato anche a un sindaco candidato delle scorse elezioni amministrative del 2022 che avrebbe accettato la promessa di ottenere voti in cambio di denaro e dell’impegno ad operarsi per agevolare la scarcerazione del figlio di un affiliato. Il reato di scambio elettorale politico-mafioso è contestato anche a un candidato sindaco delle scorse elezioni amministrative del 2022 che avrebbe accettato la promessa di ottenere voti in cambio di denaro e dell’impegno a operarsi per agevolare la scarcerazione del figlio di un affiliato.
Dieci degli indagati sono finiti in carcere e due agli arresti domiciliari, in esecuzione di un’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania, su richiesta della procura distrettuale antimafia ed eseguita dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Siracusa. Secondo quanto emerso dalle indagini che sono iniziate a dicembre del 2021, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, gli arrestati sarebbero riusciti ad acquisire la gestione o il controllo di numerose attività economiche e imprenditoriali, prevalentemente nel settore agro-pastorale, nell’area nord della provincia siracusana.
Stando a quanto emerso finora, dopo l’operazione Agorà, gli indagati si sarebbero riorganizzati riprendendo l’operatività del clan con il solito modus operandi: minacciando, anche dall’interno delle carceri – utilizzando illecitamente telefonini – chi si fosse rivolto alle forze dell’ordine, per denunciare un’estorsione o una minaccia subita, nascondendo armi ad alto potenziale offensivo, smerciando stupefacenti (cocaina e marijuana) – e gestendo una florida piantagione composta da 731 piante. Le armi (due fucili e una pistola), e lo stupefacente (circa undici chili) tra marijuana e cocaina, sono stati sequestrati dai carabinieri durante le indagini.
L’attività di indagine, condotta con metodologia tradizionale e supportata da innovative strumentazioni tecniche, ha consentito di delineare l’organigramma, i ruoli e le mansioni dell’associazione mafiosa del clan Nardo, ricostruire diversi episodi di estorsione commessi dagli associati che, con minacce e avvalendosi della forza di intimidazione, avrebbero costretto diversi imprenditori agricoli e commercianti a fornire somme di denaro o generi alimentari senza corrispettivo, pagare un servizio di
guardiania per i propri terreni agricoli, sui quali sarebbero stati anche obbligati a tollerare il pascolo di capi di bestiame riconducibili agli associati, subire il cavallo di ritorno per la restituzione di escavatori e altri mezzi rubati.