La provinciale sciascitudine della politica locale: gli scrittori vivi vi fanno paura? Tanto noi scriviamo lo stesso

Da un paio di giorni sto chattando con Whatsapp con un amico politico, a cui è venuta la fissa con Sciascia, lo scrittore scarsissimo ma comunista. La storia di questo mio amico politico è interessante: più o meno mai all’opposizione, sempre dalla parte della maggioranza, un amante del potere inteso come governativo, che in politica non è un difetto, semmai un pregio: sfanculare chi ti ha portato al potere per tradire e stare con nuovo potere: è un merito di cui, nel caso del politico in questione, sta beneficiando Renato Schifani (ottimo ottimissimo, attento però, se perdi un minimo di potere questi politici di mandano affanculo). Detto questo: sono antico, antichissimo, e so come funziona il potere in Sicilia: in maniera ridicola. Ora accade che questo mio amico, dopo avere sfanculato tutti i suoi ex alleati (Lombardo, Sicilia Futura) si stia concentrando su Sciascia. Sapete: quando la politica cerca di tirare a sé la Letteratura la prende nel culetto.

L’amico è fan di Sciascia, e anche di Claudio Fava, ma mentre quest’ultimo ha una, come dire, consequenzialità, che gli permetterebbe di citare Sciascia insieme al padre Pippo Fava, il politico in questione, amico, dovrebbe mettere insieme Sciascia, Angelo Lombardo, l’essere delfino di Raffaele, il passare dalla Sudano al contro Sudano, un sindaco acitano un po’ zaurdello, e, soprattutto, la zaurdità popolana di credere che Sciascia sia intoccabile: e invece, caro, scriveva male e ha scritto una montagna di cazzate. Non lo sapevi? La sciascitudine, come la pirandellitudine, come la bufalinitudine, sono fenomeni provinciali di chi non ha letto nulla e si rifà a nomi noti siciliani dei quali, la critica letteraria, si è liberata da tempo. Ma, d’altronde, la politica, che minchia ne può capire di queste cose?

Loro continuano a usare scrittori morti, mettendoli in contesti surreali (Sciascia, ne I professionisti dell’antimafia ce l’aveva con Falcone e Borsellino e casomai era pro Cuffaro), il che si chiama vilipendio di cadavere. Mentre tutti gli scrittori vivi vengono maltrattati, esclusi, cancellati. Come me. Sai che c’è?Ora vi cancello io, a voi e alla vostra cultura zaurda fatta di sentito dire. Innanzitutto leggetevi Gaetano Savatteri, pubblicato da Sellerio, che vi spiega in una antologia Non c’è più la Sicilia di una volta, come ci siano intellettuali vivi, vivissimi, che vi terrorizzano, proprio perché vivi, mentre i morti in putrefazione, Sciascia, Bufalino, Pirandello, vi fanno comodo, potete danzare allegramente sui loro cadaveri e addirittura intestarvi, non so, il loro endorsement: come se Sciascia votasse per Nicola D’Agostino.

Caro Renato Schifani, Lei mi sembra una brava persona, caduta nel delirio dell’Ars, dove non c’è lealtà, non c’è storia, dove c’è solo il mettersi a disposizione di chi comanda. La politica questa è e fa benissimo a essere così. Ma la prego: inviti i suoi devoti a non approfittare degli scrittori morti. Perché poi ci sono gli scrittori vivi, e ci dispiace assai che Claudio Fava, scrittore bravo e vivo, si rifaccia a Pippo, scrittore morto, che, come Claudio sa, era un amico di famiglia.
Ho capito che gli scrittori vivi, come me, vi fanno paura. E infatti fate di tutto per cancellarli. Ma se esagerate col vilipendio di cadavere degli scrittori morti, poi, quelli vivi, fanno sentire la propria voce.
Con tutto il rispetto e l’educazione possibile.


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