Pur perdendo il primato di regione più colpita del biennio 2014-2015 (per un solo caso in meno rispetto alla Calabria), restano allarmanti per l’isola anche nell'ultimo anno i numeri del rapporto Amministratori Sotto tiro presentato ieri a cura di Avviso Pubblico. Ecco tutte le storie
Sicilia, nel 2016 minacciati i sindaci di 46 Comuni Allarme ad Agrigento, Siracusa e Caltanissetta
Ottantasei minacce in 46 Comuni di tutte le nove province siciliane. Pur perdendo il primato di regione più colpita del biennio 2014-2015 (per un solo caso in meno rispetto alla Calabria), restano allarmanti per l’isola anche nel 2016 i numeri del rapporto Amministratori Sotto tiro presentato ieri a cura di Avviso Pubblico.
Il territorio più a rischio è quello di Agrigento in cui si sono registrati 16 casi, che hanno fatto balzare la provincia al settimo posto a livello nazionale. La metà di queste minacce si concentra nel solo Comune di Licata dove il sindaco Angelo Cambiano ha ricevuto numerose minacce dirette e indirette per l’impegno della sua giunta contro l’abusivismo edilizio.
Nel mirino anche Agrigento con tre atti intimidatori che hanno coinvolto anche il sindaco Lillo Firetto, destinatario di una busta contenente un necrologio per un ristoratore locale, e la commissaria straordinaria dell’Irsap Maria Grazia Brandara, ex sindaca di Naro, che ha ricevuto una busta con due proiettili. Altre minacce sono state registrate a Palma di Montechiaro, Comune già più volte colpito in passato, in cui nel 2016 quattro autocompattatori della ditta che si occupa della raccolta dei rifiuti vengono bruciati; a Favara nei confronti degli amministratori Lorenzo Airò e Giovanni Mossuto per le attività di una cooperativa che si occupa dell’accoglienza di minori extracomunitari; a Santa Elisabetta dove le minacce al sindaco Domenico Gueli arrivano sotto forma di scritta sul muro con una bomboletta spray; a Campobello di Licata dove durante la notte del 21 maggio 2016 vengono esplosi quattro colpi di pistola contro l’automobile del consigliere comunale Giuseppe Lombardi, parcheggiata sotto la sua abitazione; e a Porto Empedocle in cui due garage dell’ex sindaco Paolo Ferrara vengono dati alle fiamme.
In questi territori sono operative famiglie appartenenti a quattro dei sette mandamenti in cui si struttura Cosa nostra agrigentina. «L’analisi dello scenario criminale della provincia – scrive la Dia – conferma una evidente attenzione dell’organizzazione ad attingere finanziamenti pubblici, riuscendo a condizionare l’assegnazione delle commesse e a inserirsi, in forma diretta e indiretta, nella gestione degli appalti e dei subappalti». In particolare, a Campobello di Licata la gestione della discarica è finita al centro di una indagine della Dda per gli interessi del capomafia agrigentino Giuseppe Falsone.
In controtendenza rispetto ad altre province siciliane è il dato della provincia di Palermo: con 13 casi registrati rispetto ai 22 del 2015 è netto in questo territorio il calo del numero degli atti intimidatori rivolti agli amministratori locali. Nel capoluogo, oltre ad alcune strutture sanitarie, sono stati colpiti l’assessora regionale all’Energia, Vania Contraffatto (che anche in passato, da magistrata in aspettativa, era già stata vittima di minacce), la presidente dell’AMAP Spa Maria Prestigiacomo che si è ritrovata nella stanza una testa di capretto mozzata e il capo del personale della società partecipata del Comune Reset, Vincenzo Mirabile, a cui è stata incendiata l’auto. A Bagheria, Carini e Corleone – ente poi sciolto per infiltrazione mafiosa – sono stati intimiditi impiegati comunali specialmente mediante incendi a mezzi e strutture.
Nelle province di Siracusa e Caltanissetta le intimidazioni sono in netto aumento: i casi censiti sono rispettivamente 12 e 13, il triplo rispetto al 2015. Per quanto riguarda la provincia di Caltanissetta, in cui secondo l’ultima relazione della Dia prosegue la convivenza tra Cosa nostra e Stidda, particolarmente nel mirino è risultata la città di Gela con minacce a strutture della sanità pubblica e a società partecipate che si occupano di ambiente e manutenzione. Altre intimidazioni, oltre che nel capoluogo si sono verificate anche a Niscemi, in cui un edificio confiscato alla mafia e che il comune ha deciso di destinare a un’associazione di genitori di bambini disabili, è stato imbrattato con vernice spray alla vigilia della cerimonia di consegna; e a Sommatino dove un attentato incendiario ha distrutto la casa rurale del padre del segretario cittadino di Forza Italia Gianluca Infuso.
Sul territorio siracusano, quattro atti intimidatori hanno riguardato il solo comune di Rosolini: ad aver subito le minacce sono stati un ispettore della polizia municipale, un ex assessore e due dirigenti comunali. Ad Avola nel mese di giugno un incendio ha distrutto due mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti solidi urbani parcheggiati all’interno del deposito della ditta Ef Servizi ecologici di Misterbianco, che aveva già subito un altro attentato intimidatorio la settimana prima. A Pachino l’atto intimidatorio è stato ai danni di Carmelo Innocenti, segretario generale del comune e di sua moglie Maria Albino che ricopre lo stesso ruolo nel comune di Rosolini.
Nella provincia di Catania, spiccano le reiterate intimidazioni a Licodia Eubea dove un incendio doloso ha distrutto l’auto del sindaco Giovanni Verga e, qualche mese dopo, anche quella del presidente del consiglio comunale Alessandro Astorino. Altri atti intimidatori si sono registrati anche a Mascalucia, a Giarre dove un incendio doloso ha danneggiato l’auto del padre del consigliere comunale Giannunzio Musumeci; a Piedimonte Etneo davanti al portone del municipio sono stati ritrovati due proiettili calibro 22, mentre a Paternò è stata data alle fiamme l’auto dell’avvocato Giuseppe Fallica, ex consigliere comunale ed ex difensore civico dell’ente comunale. «I clan del catanese – scrive la Dia – puntano ad adottare strategie per infiltrarsi nell’economia legale, condizionando l’operato delle pubbliche amministrazioni, con la collaborazione più o meno spontanea di soggetti del mondo imprenditoriale».
Su Ragusa è anche la Dna a certificare, nella sua ultima relazione, «episodi di intimidazione nei confronti di funzionari pubblici» che hanno riguardato i comuni di Scicli, Giarratana, Vittoria e Acate. Nel trapanese sono sette i casi registrati: il comune più colpito è Petrosino in cui vittima è stato anche il sindaco Gaspare Giacalone, seguito da Trapani e Mazara dove si sono verificati due atti intimidatori ai danni di società e mezzi che operano nel settore rifiuti.
Nel territorio ennese si sono verificati quattro casi e a essere interessati sono stati i comuni di Pietraperzia dove è stato incendiato l’ingresso dell’abitazione del sindaco Antonio Bevilacqua; a Calascibetta il sindaco Piero Capizzi ha ricevuto un mazzo di fiori e un lumino funerario. A chiudere la classifica siciliana è la provincia di Messina che, con soli tre casi registrati , è in netto calo rispetto al 2015 quando i casi censiti erano stati undici. I comuni interessati sono stati Pace del Mela, dove la consigliera comunale Angela Bianchetti ha ricevuto l’ennesima lettera minatoria anonima; a Rodì Milici il sindaco Eugenio Aliberti ha trovato, accanto alla sua auto parcheggiata nei pressi del municipio, una busta contenente un ratto morto; e il Parco dei Nebrodi dove si è cercato di attentare alla vita del Presidente, Giuseppe Antoci.
Secondo i dati Svimez 2016, il tasso di disoccupazione della Sicilia è pari al 21,4 per cento mentre quello giovanile sfiora addirittura il 56 per cento, e l’indice di povertà relativa è del 25,3 per cento. «Questo – si legge nel rapporto Amministratori sotto tiro – anche perché la presenza mafiosa tende ad affossare o limitare la crescita economica in Sicilia. E tutti questi elementi contribuiscono a creare un clima in cui aumentano le probabilità per gli amministratori locali di essere minacciati e intimiditi».