Shalom, prepuzio

Shalom: parola ebraica che significa “pace”, si utilizza anche come saluto.

Prepuzio: rivestimento cutaneo-mucoso retrattile che ricopre il glande del pene.

Il protagonista de Il lamento del prepuzio (Guanda, pp. 287) è Shalom Auslander che è nato ed è stato “allevato come un vitello” nella cittadina ebreo-ortodossa di Monsey, New York. Ogni domenica Shalom va in chiesa per ringraziare Dio per tutto ciò che dà e che darà. Ogni sabato osserva lo Shabbat e non mangia cibi che vengono definiti “non kosher“. Si veste in maniera sobria e non compie atti impuri. Frequenta una scuola dove si imparano i precetti della Torah e tutte le usanze del popolo ebraico, oltre alla sua storia.

Fin qui, la vita di Shalom è quella tipica di un ebreo americano osservante della religione. Fin qui. L’autore del libro Shalom Auslander, in realtà, non parla solo delle tradizioni della comunità ebraica o di quale sia la giusta via da dover seguire. Semmai è il contrario. La narrazione del libro parte dalla più bella e tremenda notizia che sua moglie Orli gli abbia potuto dare: è incinta. Per comprendere meglio l’angoscia e l’ansia per questo evento sconvolgente della sua vita, bisogna sapere che Shalom ha un rapporto molto particolare con Dio. Dio lo odia; o meglio Dio adora scombinare tutti i suoi progetti e, per indispettirlo ancora di più, colpisce i suoi cari.

“Il lamento del prepuzio” è un libro che narra il conflitto interiore che Auslander ha con il Creatore (tant’è che arriverà ad apostrofarlo come “uno stronzo“). La sua famiglia è meravigliosamente imperfetta (per il lettore): il padre è un falegname ubriacone e violento, la madre è una donna pia che tiene vibratori nei cassetti, suo fratello adora far arrabbiare il padre e ad ogni cena rischia di essere stritolato e ucciso dal tavolo da pranzo che puntualmente il genitore gli spinge contro.

In tutto ciò si articola la vita di Shalom, giovane adolescente che vorrebbe vivere come i suoi coetanei. Esce di casa e va segretamente al centro commerciale (un luogo da non frequentare), ruba, mangia cibo “non kosher” (come i marshmellow o gli hamburger di McDonald), mente spudoratamente, legge giornali pornografici (con tanto di Pietra della pornografia), fuma spinelli.

La sessualità è una costante nel libro. Auslander racconta della colpa che prova dopo ogni masturbazione: “Ci sono grosso modo cinquanta milioni di spermatozoi in ogni eiaculazione. Fa più o meno nove Olocausti ad ogni sega. Quando mi dissero questa cosa, stavo per entrare nella pubertà o la pubertà stava per entrare in me, e commettevo genocidio, in media, tre o quattro volte al giorno“.

Quando l’autore scopre che sua moglie è incinta (e per di più di un maschio), il mondo gli crolla addosso. La motivazione? La circoncisione. Lui sa che Dio agirà e gliela farà pagare. L’immedesimazione con il prepuzio è inevitabile: l’autore cerca di immaginare il lamento di dolore che questo pezzo di pelle prova quando nell’ottavo giorno di vita del bambino esso viene crudelmente reciso.

Il leit motiv del libro si capisce già dalla improbabile citazione biblica iniziale – “4. E Dio disse a Mosè: ‘Ecco il paese che io ti ho promesso, ma tu non vi entrerai’. Tiè. 5. E Mosè morì” (Deuteronomio).

Il libro ha la grande capacità di tenere il lettore incollato alle pagine sulle quali si srotola la vita giovanile dello scrittore che all’inizio sogna di diventare come Woody Allen, per poi, però, declassare l’attore e regista ebreo a “traditore che vende sogni irrealizzabili“.

Ironia alla Groucho Marx, “Il lamento del prepuzio” è cinicamente divertente, sfiora la blasfemia e rientra in quella vasta sfera della letteratura realista, disarmante, con un pizzico di cattiveria, nella quale gli scrittori di origine ebraica eccellono. Già nel titolo di quest’opera, del resto, c’è un richiamo scoperto e ironico al capolavoro di Philip Roth, Lamento di Portnoy.

oliviacala

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