Sessant’anni fa la scoperta dell’orrore

“Non dimenticare vuol dire prima di tutto che non si è stanchi di indignarsi, di scandalizzarsi, di insorgere. Poi significa capire, e capire vuol dire smascherare, denunciare, spiegare a tutti…” (Camilla Cederna)

 

Il 27 Gennaio sarà la Giornata della Memoria, una giornata celebrata in tutto il mondo, che quest’anno si accompagna anche ad una cifra significativa: 60 anni dall’apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, simbolo concreto dell’apice della furia nazista, simbolo in senso più ampio di un periodo buio e tragico per la storia d’Europa e dell’ uomo.

 

Non accorgersi di questa ricorrenza non sarà facile: cerimonie commemorative, conferenze, mostre, spettacoli, programmi televisivi (a proposito, in prima serata giovedì su Rai Uno “Il pianista“…Riuscirà a battere la partita di Coppa Italia su Raitre? Me lo auguro) sono pronti a far sì che il ricordo, per quanto doloroso, difficile, e a volte persino scomodo, non venga a mancare.

 

Ricordare non per semplice retorica, non perchè il peso degli eventi di quei tempi, (non poi così lontani in realtà, sessant’anni appena!), incombano su di noi con un senso di colpa, bensì di estrema consapevolezza.

 

Ricordare Auschwitz significa anche ricordare l’adesione alle leggi razziali fatte dal governo Mussolini, significa ricordare il collaborazionismo di molti italiani nelle retate degli ebrei da spedire in Germania, le testimonianze dolorose di grandi autori della nostra letteratura, le comunità ebraiche di Roma, Ferrara, Trieste devastate, gli italianissimi campi di concentramento per slavi di Gonars ed Arbe, la Risiera di San Sabba.

 

Perchè ricordare ancora? “Perchè – ripeteva Primo Levi – se moriremo in silenzio come vogliono i nostri nemici, il mondo non saprà di che cosa l’uomo è stato capace, di che cosa è tutt’ora capace”.

 

Appunto. Il Giorno della Memoria è rivolto anche, e forse soprattutto al presente: ad un presente dove i più estremisti osano dire che simili stragi non sono mai avvenute; ad un presente dove crescono focolai di raduni neonazisti, non solo in Germania, cosa che desta più scalpore nell’opinione pubblica mondiale, ma anche in Italia; ad un presente dove l’antisemitismo cresce tra la non curanza della gente (Francia), dove si lascia ricoprire una cattedra universitaria ad un docente in preda a deliri razzisti (Italia); ad un presente dove ci si rende sempre più conto del fatto che il ricordo diventa fondamentale in un periodo storico in cui la memoria non appare più come una virtù, ma addirittura come un fastidioso impedimento nella manipolazione della realtà, dove – giustamente – tutti i morti vanno ricordati a gran voce, ma a gran voce deveno essere ribadite anche le motivazione per le quali sono morti.

Monica Menegazzo

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