Senza perdere di vista la palla

Inaugurata ieri a Librino la rotatoria all’incrocio tra via Nitta e viale Grimaldi, quello che è stato ribattezzato “incrocio della morte”, a causa di una serie di gravi incidenti stradali. Presenti il sindaco Scapagnini, gli assessori Vasta e Ligresti, e il presidente della Municipalità Patanè. E’ indubbia l’utilità di questa rotatoria in una zona dove troppe vite sono messe in pericolo e alcune si sono interrotte improvvisamente. I vigili urbani dal canto loro si sono detti pronti a rinforzare controlli e sanzioni per quei “furbi” che continueranno a fare delle strade di Librino una pista per auto e scooter da competizione.

 

Quindi tanto di cappello all’amministrazione che, anche se in ritardo e con alcuni errori strutturali (vedi spigoli nei marciapiedi e assenza di corsie per disabili) ha realizzato un’opera utile alla municipalità IX.

C’è però un altro aspetto della vicenda che, nell dovute proporzioni e senza “perdere di vista la palla”, lascia perplessi: la decisione dell’amministrazione, con a capo l’assessore Vasta, di porre in mezzo alla rotatoria una croce cristiana.

 

Si è registrato il disagio di alcuni abitanti, che ritengono la croce fuori luogo, in una posizione non consona ad un simbolo del genere.

Il parroco della zona, padre Salvatore Lo Cascio ha officiato un breve rito religioso di ringraziamento e benedizione in ricordo delle persone che in quell’area hanno perduto la vita. Ed è proprio in questo senso va ricondotta la scelta della croce: servirà da monito agli automobilisti e ai centauri di passaggio di osservare prudenza, almeno nelle intenzioni del parroco, e dell’assessore Vasta che ai giornalisti ha risposto sul malcontento di alcuni cittadini: “Mi dispiace per loro, noi siamo cristiani e moriremo così”.

 

Tralasciando la dubbia felicità della dichiarazione resa dall’assessore (infatti sembra quasi ridicolo parlare di morte e cristiani di fronte ad un incrocio chimato “della morte” e dove è stata posta una croce), quello che lascia forse più preplessi è questa forza invasiva della Chiesa, e in questo caso della parrocchia locale. La forte volontà di imporre un simbolo religioso in un contesto assolutamente neutrale risulta lesivo della libertà individuale e sottolinea la perdita di una visione laica da parte delle autorità coinvolte.

 

Senza falsa retorica è il caso di dire che il monito dovrebbe essere rappresentato dalla continua e severa vigilanza delle forze dell’ordine, che ci auspichiamo duratura e non (potremmo dire così) “inaugurale”. E per di più l’opera dell’amministrazione non dovrebbe limitarsi a porre croci di monito, ma dovrebbe concentrarsi nell’educazione civile e nell’assistenza sociale, in una zona, come tante a Catania, in cui guidare senza casco è un’obbligo dettato dalle regole dello “spacchio”.

Adesso quella croce sta lì, come alcuni altarini, in ricordo dei morti per incidente, in un’atmosfera da messa costante. In realtà però quelli sono simbolo della permissività e del ritardo di una amministrazione che ha capito solo adesso che Librino e San Giorgio fanno parte di Catania. 


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