Sempre meno banche in Sicilia: chiuse altre 52 nel 2021 Il parere legale: «Servizi essenziali, intervenga la politica»

Il vecchio sistema bancario è destinato a scomparire per essere del tutto inghiottito dall’online. Non si tratta di una previsione catastrofica, ma del percorso intrapreso ormai da qualche anno dalle filiali sparse in ogni angolo d’Italia. Secondo i dati della Banca d’Italia per il 2021 in Sicilia gli sportelli rimasti operativi sono appena 1122: rispetto al 2020, ben 52 hanno chiuso i battenti, con una riduzione del personale pari a 526 persone

Nell’Isola prelevare soldi in contanti o fare operazioni allo sportello non è possibile ovunque, basti pensare che 109 Comuni su 391 non hanno nemmeno più un’agenzia. Negli ultimi cinque anni la presenza delle banche si è ridotta del 26 per cento, fenomeno superiore rispetto alla media italiana che si attesta al 22,4 per cento. Stando agli ultimi dati, come emerge dall’infografica di MeridioNews, la provincia che ha perso il maggiore numero di sportelli – 14 filiali in meno – è quella di Palermo. Meno nove e otto invece per Catania e Messina. Unica provincia che non ha subito chiusure nel periodo di riferimento è quella di Ragusa, dove però gli sportelli attivi sul territorio sono 86. La provincia con il numero minore è quella di Enna con appena 47 filiali

Un’emorragia su cui proprio oggi la Fabi, federazione autonoma bancari italiani, ha lanciato un appello al presidente della Regione Nello Musumeci, con alle spalle un lavoro proprio da banchiere. Anche perché all’orizzonte ci sono altri tagli nel settore. Dalla fusione della Cassa Risparmio Genova con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna fino all’annunciata riduzione delle filiali di Intesa San Paolo e Unicredit. «Prima del lockdown c’erano stati dei segnali chiari con la dismissione degli sportelli. Successivamente si è proseguito su questa strada con tutti i disagi del caso, specie per la popolazione anziana. Ancora molte persone non si fidano di app e home banking», spiega Carmelo Raffa, coordinatore per la Sicilia di Fabi, durante la trasmissione radiofonica Direttora d’aria, in onda su Radio Fantastica e Sestarete tv. «Dietro questa smobilitazione c’è la volontà di risparmiare anche a fronte di un calo di utili per le banche – continua Raffa – A nostro avviso è una direzione sbagliata. La nostra federazione porta avanti questa battaglia da anni, anche con delle mozioni presentate e approvate trasversalmente dall’Assemblea regionale siciliana». 

Un impegno formale a cui però non è seguita un’azione concreta. «La politica dovrebbe fare una battaglia netta – continua Raffa – Speriamo che il presidente della Regione si faccia vivo, anche perché secondo noi questa smobilitazione nasconde delle violazioni di legge. Le banche sono considerate un servizio pubblico essenziale ma in molti Comuni non sono più nemmeno presenti». Una lacuna impossibile da colmare solo con il web. In dieci anni, dal 2010 al 2020, in Italia i clienti che utilizzano Internet per operare sul proprio conto sono raddoppiati – passando dal 18 per cento al 35 per cento -, ma la Penisola resta ancora molto lontana dalla media europea che si attesa al 58 per cento.

«Quando si tratta di restrizioni agli scioperi, la legge prevede le banche tra i servizi essenziali. Nozione che si è rafforzata ancora di più con la pandemia e la legislazione emergenziale – spiega l’avvocato Calogero Leanza che per Fabi ha redatto un parere legale – E d’altronde, con la chiusura delle filiali, specie nei piccoli Comuni, viene di fatto precluso ai cittadini l’accesso al credito e al risparmio». Eppure la legge non prevede degli obblighi specifici per quanto riguarda la necessaria presenza di filiali sul territorio, che rimane a discrezione del mercato. «La questione non è di facile soluzione – continua il legale – I Comuni potrebbero rivolgersi al giudice per vedere riconosciuto l’interesse legittimo dei cittadini, ma sarebbe un percorso lungo e complesso. Quello che invece si potrebbe fare più facilmente, dai Comuni allo Stato, passando per le Regioni, sarebbe compartecipare ai costi sostenuti dalle banche, così da garantire la presenza di un minimo di sportelli sul territorio con i relativi servizi, a prescindere dal vantaggio economico».


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