William d’Inghilterra e Kate Middleton sono marito e moglie. Finalmente. Il matrimonio del secolo, l’evento mediatico dell’anno, il coronamento del sogno della Cenerentola (miliardaria) borghese che sposa il principe biondo e con gli occhi azzurri, si è consumato davanti a milioni di occhi curiosi che, con mouse o telecomando in mano, hanno passato la giornata del 29 aprile incollate ad uno schermo. Ci hanno bombardati con i loro sorrisi, la loro storia d’amore, le crisi e le riconciliazioni e noi, da bravi esseri umani quali siamo, non abbiamo perso occasione di intrufolarci nelle loro vite e abbiamo aspettato con trepidante attesa le loro nozze da sogno come se fossero le nostre. E adesso che è finito, viene su dal profondo del cuore un “Era ora!”
Ma la sbornia da Royal Wedding non è ancora passata. Le copertine patinate e le riviste scandalistiche puntano ora su altri scoop e pronostici sulla durata del matrimonio. I paragoni con il precedente illustre dei genitori del principe William, Carlo e Diana, si sprecano e non risparmiano i minimi particolari. “Kate reggerà il confronto con Lady D.?” (Hanno fatto vedere talmente tanti spezzoni delle nozze dell’81 che a furia di sovrapporre i due eventi qualche vecchietta ieri ha pure confuso le due spose). Una sola cosa è certa: il povero William, forse per lo stress prematrimoniale, somiglia sempre più al padre, con l’aggravante della calvizie. Ed è questo l’unico paragone che regge.
E tra parodie e gadget dal sapore kitch, si specula sul nuovo fulcro mediatico-commerciale di Will&Kate. Ed proprio quest’ultima che, nel giorno del suo matrimonio, finisce per subire più critiche. Per il vestito, troppo scollato, per l’emozione nei suoi occhi, inesistente, per il portamento, troppo sicuro, per i voti nuziali, in cui non promette di “obbedire” al marito. Viene etichettata come commoner, laureata, ma pur sempre borghese, che studia per acquisire quel sangue blu che, forse, per la bigotta Inghilterra, non si meriterà mai. Che anche se adesso è l’eroina di tutti, al primo errore di galateo sarà data in pasto alle male lingue dei tabloid.
Il Royal Wedding, nonostante il clamore, le teste coronate e gli ospiti illustri che hanno sfilato per le navate dell’Abbazia di Westminster – tra cui David Beckham travestito da lord e signora Victoria in dolce attesa con cappellino sulla fronte con annesse antenne wi-fi, o Elthon John con cravatta rosa confetto e pancio(ne)tto giallo paglierino – gli abiti trash, i copricapi che sfidano la gravità e con più piume che in un’uccelleria, è stato pur sempre un matrimonio, e se non per il numero degli zeri del conto finale, non così tanto diverso da molti altri. Con i genitori dello sposo, Carlo e Camilla, anzianotti e barcollanti, che non si danno più nemmeno il braccio per fare le scale. Con la nonna, la regina Elisabetta, con la faccia scocciata e i vestiti dai colori imbarazzanti sulla longevità della quale si congettura tra il commento su un vestito e l’altro, dato che “la Regina Madre è vissuta fino a 100 anni e lei ne ha appena ottantacinque…”, o il nonno novantenne, che sonnecchia nascosto dietro al libretto della messa, attitudine a cui nemmeno se sei il principe Filippo Duca di Edimburgo puoi sfuggire. O il fratello dello sposo, a cui frega di più della festa alcolica in programma nottetempo a Buckingham Palace che della cerimonia ecclesiastica in pompa magna. Insomma, a parte i media, le tazze e la folla, scene così si vedono anche alla Collegiata di Catania. Compresi i commentini acidi sul bacio tra i due novelli sposi, giudicato dai più troppo freddo e pudico. Provateci voi a baciarvi davanti a due miliardi di persone!
Lo abbiamo visto e ce lo hanno propinato come un matrimonio da sogno, che emoziona in modo visione, che strappa la lacrima anche al più incallito dei cinici quando William sussurra alla futura moglie “Ti amo. Sei bellissima”, come se fosse stato l’unico uomo al mondo ad aver fatto un complimento all’amata sull’altare. Il matrimonio che le nonne sognano per le nipoti, e che, a guardarlo in tv, mia madre mi confessa di essere un po’ più triste se le dico di volermi sposare in Comune, senza strascico e velo sul viso, ché se convivi da tre anni puoi anche farne a meno.
E poi. Vanno bene i clichés, il romanticismo e i cuoricini rosa, gli sposi belli ed impeccabili (anche se a giudicare dalla pettinatura di William proprio così non era), ma non puoi fare a meno di pensare che è fin troppo facile esserlo se hai nel conto in banca l’equivalente del PIL del Burundi. “Cchè soddi su tutti beddi”, chiosava un catanese davanti al maxischermo.
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