Sciascia, chi era costui?

«Certo che ho letto Sciascia. E’ un  libro dalla copertina rossa. Vero prof?»
Prof passa in rassegna tutte le copertine di sua conoscenza dedicate al maestro. Forse qualcosa di rosso c’è. Forse qualcosa di Adelphi della Piccola biblioteca.
Ma Prof. vuole andare sul sicuro e all’esaminanda chiede se ricorda il titolo della lettura. Niente da fare.
 
Di questi tempi non è vergogna ignorare gli scritti di Leonardo Sciascia, meno che mai ad un esame di giornalismo. Gli studenti universitari vivono quest’assenza nella loro vita come la mancanza di un Suv in garage o di un solitario nel cassetto. Conoscere Sciascia è un “di più”, un impudico eccesso del sapere.
Certo, ci sarebbe da eccepire che Sciascia giornalista lo era,  ma Prof. si limita ad insegnare ciò che di nuovo nasce sotto il sole dei nuovi media. Il maestro, per fortuna, non è vissuto abbastanza da dover fare i conti con i giornalismi plurali, la crisi del New York Times e le trappole del web. 
Prof. però è una che non si arrende.
E alla fine di ogni interrogazione, in questi esami a pochi giorni di distanza dalla sortita pubblica dell’assessore Centorrino, la sua tiritera è sempre la stessa: «Le regalo cinque pagine di Sciascia», dice, manco si trovasse dietro un banchetto delle offerte all’Auchan.
«Ah, grazie», le rispondono.
«E’ l’introduzione alle Parrocchie di Regalpetra- insiste lei, sperando in una qualunque reazione-. C’è un bellissimo accenno al popolo che crede nel potere della penna. Incredibile, eh?».
Silenzio, sopracciglio alzato, bocca socchiusa.
La cosa non quadra. Non è che non abbiano capito le sue intenzioni?
«Lei conosce la polemica di questi giorni, sì? – continua Prof.- L’assessore Centorrino ha detto che Sciascia porta sfiga. Che se in Sicilia ci troviamo in panne  la colpa è anche del suo pessimismo. Lei cosa ne pensa?».
«Non saprei. Chi è sto’ Centorrino?».
Già, e chi è? Nel programma non c’era.
Ci sono pure le false speranze. «Sciascia? Si certo, io sono di Naro, poco distante da Racalmuto. Hanno detto che porta sfiga? Ma tu guarda! Ho letto molte cose».
Meglio verificare.
«I titoli? No, non li ricordo. Erano brani di un’antologia, al liceo».
E ancora: «Sciascia? Di suo conosco “Uno, nessuno e centomila”»
E c’è pure di peggio: «Certo che se ne sentono, eh, Prof.? Questi politici… Io amo molto leggere. Ma me piace di più Erri De Luca. Sciascia è troppo facile».
«In che senso, scusi?»
«Nel senso che ha scritto solo L’esclusa, mi pare. Non c’è partita. Poca roba».
Gli studenti però sono cortesi. Acchiappano le cinque pagine, ascoltano tutta la sbobba della Prof. e infine ringraziano per il cadeau.

Ci sono due possibilità, adesso: o Centorrino ha incredibilmente torto, perché Sciascia non lo legge più nessuno e la sfiga è meglio addebitarla a qualcun altro. Oppure ha maledettamente ragione, ma ha solo sbagliato i tempi. Sciascia lo hanno letto i vecchi e ai giovani non interessa più. Forse saranno loro i meno sfigati. Il perché è chiaro: non sapranno mai cosa si perdono. Ed è quella che si chiama la perfetta, strafottuta, beata ignoranza.
 
*giornalista e docente a contratto di Giornalismo e nuovi media.


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