Schiuma Urbana

Le nostre città e l’arte, Catania e l’arte. Un tessuto cittadino inondato da quella che U.Volli chiama “schiuma urbana”. La periferia che contorna la città, esclusa, relegata a dormitorio e centri storici che sembrano dei luna park dove spendere è il massimo del divertimento.

 

 

Questa l’introduzione del convegno “Arte-Città: popolare il tessuto urbano con segnai artistici” inserita nel cartellone degli appuntamenti di Catania Arte Fiera. Il critico e docente d’arte Martina Corgnati ha così aperto il dibattito, cercando di fare un po’ il punto della situazione su quello che sta accadendo oggi nel panorama artistico internazionale e come questo possa essere legato allo sviluppo dei centri urbani e non. Forti degli esempi esteri, Bilbao per citare un caso celebre, si potrebbe auspicare la stessa sorte per la città di Catania?

 

Il primo a prendere la parola è Antonio Presti, presidente dell’Associazione Fiumara D’arte, che ormai da tempo lotta per cercare di inserire nelle vene della città la presenza d’arte. La sua opera di sensibilizzazione verso il bello però, da qualche anno a questa parte, si rivolge verso quella parte di città da tutti conosciuta e volutamente poco menzionata: il quartiere popolare di Librino. Da qui sono partite molte manifestazioni culturali allo scopo di rieducare la gente al bello. Cercare di muovere le coscienze attraverso l’osservazione del bello, attraverso lo spirito, come afferma lo stesso Antonio Presti. Sicuramente questo è un esempio di lavoro concreto, tangibile, che ha dato il via ad un possibile risveglio delle coscienze. Ma molto, anzi tutto è ancora da fare. Catania, in questo momento si trova in una fase in cui può diventare metropoli o decidere di rimanere provincia. Ma come può avvenire questa scelta? Quali sono gli strumenti possibili da usare?

 

Una volta gli artisti anticipavano la realtà, erano portatori di avanguardie, ma oggi la città è fin troppo contemporanea. La sua contemporaneità corre veloce ed è difficile da catturare, da fermare. Un mezzo potrebbe essere la fotografia. Come afferma Sandro Scalia «la fotografia riveste un ruolo essenziale nella rivalutazione del tessuto urbano». Le fotografie possono essere le radiografie delle città, uno specchio che riflette tutti gli angoli più bui, quelli su cui è necessario intervenire. Naturalmente qui non si parla di fotografia patinata o artistica autoreferenziale, ma una fotografia concreta che solo in un secondo momento, dopo aver documentato, può diventare oggetto artistico. Il fine non è fare scalpore.

 

L’architetto Fabio Albanese afferma che non è l’arte che deve ridare vita alle città, quanto piuttosto l’architettura. L’architettura deve tornare a fare la città. Alla base deve esserci un buon progetto non decorazione. Si scaglia contro l’esempio di Bilbao dove ad essere rivalutata non è la città vissuta dai cittadini quanto la facciata che tutto il mondo è in grado di vedere. Si scaglia contro quei progetti pseudoartistici che rubano gli spazi urbani al mero scopo di abbellimento. La città non deve essere decorata per apparire quanto piuttosto progettata per essere vissuta.

 

Di ordine parla invece l’architetto Gianfranco Anastasio. Un ritorno all’ordine che separi il centro storico delle città da tutto il resto. Le parole chiave continuano ad essere ordine e disciplina, partecipazione e condivisione di spazi e regole. L’architetto, secondo Anastasio, deve essere un cittadino in maniera totale così come devono esserlo i falegnami, i banchieri e gli operai. Per poter ridare vita ad una città è essenziale avere un progetto a tutto tondo da parte di ogni cittadino nel rispetto delle regole del vivere civile.

 

Un’incontro che ha toccato diversi aspetti e diverse soluzioni, che vede la concretezza del lavoro di Antonio Presti e le parole cariche di buone intenzioni di chi è intervenuto. Cosa sarà della città di Catania e di molte altre città d’Italia, non è ancora ben chiaro. C’è da lavorare e ci sono le idee per poterlo fare. Ancora una volta si vede in lontananza il fantasma delle istruzioni pubbliche che riesce a trovare fondi per rotonde, ponti e parcheggi ma che raramente presta attenzione alle iniziative culturali, piuttosto richiede il permesso di edificare per un’istallazione di arte contemporanea.


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