«Perché gioco a Pro Evolution Soccer? Perché a me il calcio piace moltissimo, lo seguo e sono tifosa». Così Irene, studentessa di Lingue a Catania, parla di uno dei suoi passatempi preferiti: giocare col simulatore calcistico, un divertimento più diffuso di quanto si creda tra gli studenti e, a quanto pare, anche tra le studentesse universitarie. «È rilassante e mi viene voglia di giocare proprio dopo le partite vere. Per riscattare una sconfitta o rivivere una vittoria. Per il resto, io sono una videogiocatrice occasionale. Anzi considero molti videogiochi diseducativi».
Anche Gabriele, che studia Scienze Politiche, si mette davanti al video ogni volta che ne ha la possibilità. «Io preferisco i videogiochi di strategia, i gestionali e i manageriali sportivi». Come Football Manager, un gioco incentrato sulla gestione di una squadra di calcio, compresi gli acquisti e le cessioni dei giocatori e l’allenamento tecnico-tattico. Invece Aldo, studente di Giurisprudenza, predilige «i giochi di azione e strategia, specialmente quelli che abbiano collegamenti con la storia e siano verosimili storicamente. Come ad esempio Call of Duty, gioco di azione ambientato durante la seconda guerra mondiale sui principali campi di battaglia europei; o Rome e Medieval Total War, giochi strategici militari ambientati rispettivamente durante la repubblica romana e nel medioevo. Mi piacciono molto, ma purtroppo il tempo non basta mai».
Che il successo dei videogiochi vada molto al di là del pubblico degli adolescenti è una realtà ormai confermata dalle statistiche. Secondo i dati dell’AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana), pubblicati nel settembre 2006, l’età media del videogiocatore è di 28 anni. Il 57% dei videogiocatori ha tra i 18 e i 44 anni. Per quanto riguarda i generi preferiti, al primo posto ci sono gli Action-Adventure, giocati dal 38% degli utenti: sono i giochi prediletti dai giovanissimi dai 6 ai 17 anni. Seguono i giochi di strategia (34%), preferiti dagli adulti tra i 25 e i 34 anni. Poi ci sono Sport e Calcio (rispettivamente 27% e 26%), con pubblico piuttosto allargato, dai 6 ai 24 anni; Guida e Shooting (24% e 13%), anch’essi preferiti da giovani e adulti dai 20 ai 44 anni. Seguono i giochi di ruolo (13%), scelti dai ragazzi tra i 6 e i 17 anni; le simulazioni di volo (10%), con pubblico allargato dai 15 ai 44 anni; e i “picchiaduro” con il 9%, prediletti dai 25-34enni.
Anche lo stereotipo del videogiocatore un po’ asociale, solitario davanti al suo computer o alla sua playstation, è probabilmente da rivedere. «Certo – ammette Aldo – non si può ancora dire che il videogioco sia un vero e proprio strumento di comunicazione». Ma Gianluca, studente di di Scienze Biologiche, la pensa diversamente: «Il videogioco può risultare utile per socializzare anche a grandi distanze, grazie alle modalità online su internet, oppure su Pc collegati in rete locale, o ancora su console». E poi, chi ha detto che il videogioco non possa essere perfino un linguaggio per parlare di cultura? «Il gioco – dice ancora Gianluca – può utilizzare gli stessi elementi del cinema, può essere usato con scopi didattici, può contribuire all’allenamento della logica e dell’intuito con enigmi di vario tipo. Io preferisco i giochi d’azione, gli strategici, e i giochi di ruolo, in cui posso mettermi nei panni di un personaggio inserito in una trama più o meno complessa. Come in Neverwinter Nights, ambientato in un mondo ispirato dalla letteratura fantasy. E sono anche appassionato di O-Game, incentrato sulla gestione di un impero spaziale: un nuovo fenomeno videoludico totalmente gratuito a cui si accede soltanto tramite una connessione Internet e che coinvolge migliaia di giocatori in tutto il mondo».
La ricerca del gioco più complesso sembra essere la caratteristica del videogiocatore universitario, sempre più in grado di controllare e padroneggiare le complicate attività di gestione,strategia o logica di cui è interessato. E non è un caso che la facoltà di Lingue di Catania abbia dedicato ai videogiochi uno dei suoi Medialab, «Videogame e software house», coordinato da Salvo Mica e Giuseppe Murabito. «Videogiocatori non solo soltanto i giovanissimi – conferma Mica -. Il videogioco permette di apprendere e fare esperienza, non è un semplice passatempo». «Esistono simulatori militari, di volo, del test per il patentino dei motorini, di addestramento per immersioni – aggiunge Murabito -; il videogioco ormai è sempre più spesso un’attività complessa che ha il suo target non nei ragazzini, ma nei giovani e negli adulti».
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