L'inchiesta sul monopolio di Francesco Russo Morosoli lo aveva portato ai domiciliari. Il dipendente del Comune di Linguaglossa era il responsabile delle gare che, secondo i magistrati, sarebbero state taroccate. Rimane ancora agli arresti solo il sindaco di Bronte
Scandalo Etna, torna a piede libero anche Barone Il dirigente e le accuse sui bandi per le escursioni
Finiscono i domiciliari anche per Franco Barone, l’ex capo del settore Affari generali del Comune di Linguaglossa, da oggi sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di firma. Il dirigente rientra fra le ventisei persone coinvolte nell’inchiesta condotta dalla procura di Catania sugli appalti per le escursioni in fuoristrada ai crateri dell’Etna. La detenzione in casa era scattata lo scorso 30 novembre. Barone è l’ultimo nome a tornare a piede libero fra gli indagati che erano stati oggetto delle restrizioni stabilite dal giudice per le indagini preliminari Giuliana Sammartino. Rimane ai domiciliari solo il sindaco di Bronte, Graziano Calanna, accusato di istigazione alla corruzione in un altro filone dell’indagine.
La scorsa settimana, infatti, erano stati revocati i domiciliari per l’imprenditore Francesco Russo Morosoli e il suo braccio destro Salvo Di Franco, dimissionari dai ruoli societari. Ancora prima era stato rimesso in libertà il dirigente della Funivia dell’Etna Simone Lo Grasso. A dicembre le richieste dei difensori erano state invece rigettate sia per Barone e Di Franco che per Russo Morosoli e Calanna. Il proprietario dell’impianto a fune sul versante sud dell’Etna è sotto accusa per varie ipotesi fra cui turbativa d’asta e corruzione, fino alla presunta estorsione ai danni dei giornalisti di Ultima Tv. Reati che sarebbero stati perpetrati per garantire il monopolio del gruppo imprenditoriale Russo Morosoli su vie d’accesso e trasporti turistici sul vulcano.
L’ex dirigente Barone era il responsabile dei bandi del Comune di Linguaglossa – proprietario, assieme a quello di Castiglione di Sicilia, della pista per i crateri dell’Etna sul versante nord – finalizzati ad assegnare il redditizio servizio di trasporto dei turisti in alta quota. Nelle intercettazioni agli atti dell’inchiesta, viene definito «l’asso di mazze» del gruppo Russo Morosoli. In quegli appalti, secondo la Procura, si sarebbe registrata una «sistematica e indebita interferenza nel regolare svolgimento delle procedure» grazie al presunto legame corruttivo fra il re della funivia e il funzionario. Dell’inchiesta si attende la chiusura delle indagini.