Alla base del progetto c’è la stessa idea che ha ridato vita a Lisca Bianca e all’omonima associazione: la formazione delle persone più fragili. Attraverso i macchinari della banca del tempo. «Tradizione e tecnologia per realizzare qualcosa per il bene della città stessa»
Scalo 5B, la prima officina sociale condivisa «Il concetto è quello dell’imparare facendo»
Da padiglione abbandonato, tra i tanti dentro l’ex Fiera del Mediterraneo, a prima officina sociale condivisa della Sicilia. È questa la definizione esatta di cosa sia, oggi, il cosiddetto Scalo 5B, inaugurato a dicembre. Un posto rinato quasi per caso, grazie ai volontari che oggi costituiscono l’associazione palermitana Lisca Bianca, che hanno avuto in concessione dal Comune lo spazio. «Ci serviva un cantiere», racconta subito Elio Lo Cascio, presidente dell’associazione, alludendo alla fase di restauro dell’omonima imbarcazione, con cui i coniugi Albeggiani fecero il giro del mondo negli anni ’80. «C’era questo padiglione davvero molto bello ma messo molto male all’ex Fiera, uno spazio abbandonato, lo spazio 5B, da cui abbiamo poi ricavato il nome attuale, giocandoci un po’». Una volta individuata quest’area, «il passo successivo è stato presentare il progetto Officina sociale del volontariato artigiano a Fondazione con il Sud partecipando a un bando sul volontariato, dal momento che ci occupiamo di inclusione socio-lavorativa e di ragazzi in difficoltà». Gli stessi che si sono occupati della riqualificazione dello spazio, che oggi ospita numerosi attrezzi e apparecchiature all’avanguardia di meccanica e falegnameria.
Il restauro dello spazio, di per sé, è durato circa un anno e mezzo. Ma di quel vecchio padiglione in disuso, adesso, restano pochi ricordi sbiaditi. Al suo posto, oltre ai macchinari pronti per l’uso, ci sono anche un palco, una sala espositiva, una platea e un coworking in senso stretto. Insomma, uno spazio perfetto per ogni tipo di attività culturale, oltre che legata al mondo dell’artigianato. «Il progetto è molto ambizioso – confessa lo stesso Lo Cascio -, perché consiste nel fare formazione con dei ragazzi, che realizzano dei prodotti e degli oggetti che possono avere un valore di pubblica utilità, dagli arredi urbani ad altro per comunità di minori, scuole e simili». Imparare un mestiere, quindi, che possa, perché no, tornare utile anche in futuro e nello stesso tempo offrire un proprio contributo alla città stessa. Nei giorni scorsi, i locali tornati in vita dell’ex padiglione fieristico hanno ospitato l’Arduino Day, iniziativa che lascia intravedere già il carattere altamente polifunzionale dello spazio.
«La logica alla base di questo progetto è quella di banca del tempo – spiega ancora Lo Cascio –, dove un artigiano magari può dedicare del tempo per formare dei ragazzi, a dispetto di quel concetto di intergenerazionalità che oggi si è perso molto, per cui chi è più grande trasmette il proprio sapere ai più giovani. Ma anche la possibilità di utilizzare questi macchinari, mentre mi dedico agli altri». Intanto, mentre alcuni accordi sono ancora in corso, i volontari che lo gestiscono stanno lavorando alla realizzazione di un decalogo relativo al funzionamento dello spazio stesso da parte di chi vorrà usufruirne, con riferimenti agli orari e alle modalità di utilizzo dei macchinari, ad esempio. Prevista anche la possibilità di noleggiarli, nell’ottica poi di destinare parte dei soldi alla formazione dei ragazzi. «È tutto appena nato, stiamo ancora mappando gli artigiani che vorranno aderire e i ragazzi stessi interessati al percorso formativo». Al momento, c’è già un coordinatore del progetto, Marco Vella, tra i protagonisti delle attività organizzate da dicembre ad oggi per catalizzare attenzioni e risorse sullo Scalo 5B, e far conoscere questo pioneristico luogo.
«Il cuore di questo posto è lo spazio falegnameria – dice subito a MeridioNews -, dove ci sono anche macchinari innovativi come la fresa a controllo numerico, che permette di progettare un oggetto e poi di poter realizzare gli arredi». Buona parte di quelli presenti all’interno di Scalo 5B, per esempio, sono stati realizzati proprio in questo modo. Ma presto sarà aperta anche un’officina metalli. Alla base del progetto c’è, ovviamente, l’operazione di partenza della stessa Lisca Bianca, creare un’officina che sia quindi sociale e condivisa. «Puntiamo alla formazione delle persone più fragili secondo il concetto dell’imparare facendo, unendo anche tradizione e tecnologia – spiega Vella -. Sociale anche perché attraverso l’attivazione di realtà del terzo settore, aziende, scuole e istituzioni, per immaginare una progettazione partecipata di arredi urbani per piazze e giardini, ma anche spazi con una valenza pubblica, dalle associazioni alle case famiglia e alle scuola. Dando la possibilità ad appassionati e designer, a chiunque insomma, di aiutarci».
Il progetto poggerebbe anche su alcuni contatti e possibili collaborazioni con alcuni istituti tecnici palermitani e l’Accademia di Belle Arti: «Vogliamo entrare in contatto coi ragazzi e dar loro la possibilità di mettere in pratica quanto hanno studiato. Il concetto di banca del tempo punta proprio a permettere di usare i materiali in modo da riscattare il tempo impiegato realizzando oggetti destinati a spazi di utilità sociale, come può essere una panchina o una rampa per disabili – dice -, progettando insieme a chi vive il territorio. Vuole essere uno spazio dove anche chi ha risorse limitate come gli studenti può realizzare oggetti contribuendo al bene della città». Intanto, entro la prossima settimana dovrebbe essere ultimato il tariffario dello Scalo, dove verrà stabilito e indicato un prezzo utile per sostenere i costi di gestione, riscattando parte della tariffa simbolica per la banca del tempo, appunto. «Stiamo elaborando una scaletta di esigenze interne, dalla pulizia al miglioramento di alcuni spazi ancora non ultimati. Nell’ottica anche di poter beneficiare di progetti esterni, di appoggiarci ai comitati di quartiere e alle scuole, siamo in contatto col consiglio di circoscrizione e il Comune che ci ha dato in comodato d’uso lo spazio è interessato a sposare le nostre iniziative».
Tutto questo spingendo al massimo sulla cultura di prodotto e la capacità di progettarne e realizzarne uno, massimizzando le risorse a disposizione. Aprendosi anche alle istanze di altre associazioni che potranno usare lo Scalo 5B a titolo gratuito, dando in cambio una mano ai volontari che lo gestiscono. Perché dietro, infatti, a questa pionieristica officina sociale condivisa c’è un team ben coeso fatto di persone con profili e competenze diverse: «C’è un esperto sociologo che si occupa di coinvolgere altre realtà del territorio, un’esperta di gestione delle risorse umane, poi un designer e falegname, responsabile dell’officina dove sta mettendo a punto i macchinari, e altre due persone che gestiscono la parte grafica e comunicativa. Insomma, siamo proprio un bel gruppo».