I minori nell'ultimo sbarco sono oltre un terzo dei passeggeri totali trasportati dall'imbarcazione della Ong Sos Mediterranee. Tra loro molti sono non accompagnati. C'è anche una neonata di appena sei giorni e tra i salvati ci sono 11 donne incinte, alcune al nono mese. Denunciate violenze sessuali e reclusioni forzate nei lager libici
Sbarca la nave dei bambini con 241 piccoli migranti Intanto restano ancora troppo pochi i tutori volontari
Nel giorno in cui a Palermo sbarca la nave dei bambini con a bordo 241 minori su 606 migranti, 178 dei quali hanno affrontato il viaggio da soli, ci si interroga su come gestire un esercito silenzioso di vite e sofferenze, che rischia di diventare manovalanza invisibile di traffici illegali. A bordo della Acquarius della Ong Sos Mediterranee sono arrivati c’è anche una neonata di appena sei giorni e tra i salvati ci sono 11 donne incinte, alcune al nono mese, altre, di origine subsahariana, che hanno dichiarato di essere state ripetutamente vittime di violenze sessuali e di essere state imprigionate per diversi mesi nei lager libici. «Vedere tanti ragazzini attraversare il mare è un segnale forte, triste, indica quanta disperazione c’è nei genitori che decidono di lasciarli andare al loro destino» ha detto Valeria Calandra, presidente dell’associazione. «Tutto ormai ruota intorno al racket e al traffico di esseri umani», ha spiegato un naufrago siriano ai volontari della Ong.
In Sicilia i minori stranieri non accompagnati sono 7937 su 18436, quasi il 60 per cento di loro ha 17 anni ma oltre un terzo sparisce nel nulla. Un esercito di invisibili esposto ad abusi. «Cerchiamo di sviluppare modelli di accoglienza per far sì che il loro approdo non sia solo un posteggio, ma un percorso di integrazione», ha detto l’assessore comunale Giuseppe Mattina. Per questo, di recente si è ricorsi alla figura del tutore volontario per minori stranieri non accompagnati: nella nostra regione sono circa 300 al momento, a fronte di oltre 7000 ragazzi che arrivano prevalentemente da Gambia, Guinea, Nigeria, Eritrea, Costa D’Avorio e hanno in media dai 15 ai 17 anni. Il 38,5 per cento di loro si concentra nell’Isola, regione spesso in prima linea sul fronte dell’accoglienza. Questi dati, emersi a Palermo nel corso di un incontro organizzato a Villa Zito da Zonta Palermo insieme a Fondazione Sicilia e Defense for children, hanno messo a confronto esperti e primi tutori volontari.
«La legge che ha istituito la figura del tutore volontario prevede in realtà un tutore per ogni minore straniero, o al massimo lo stesso tutore per 2-3 minori nel caso si tratti di fratelli – spiega Luigi Bordonaro, garante regionale per l’infanzia – si tratta di una forma di genitorialità sociale». Gli aspiranti tutori devono seguire un corso di formazione previsto da un bando prima di essere inseriti negli appositi elenchi dei tribunali per i minorenni. «A fine ottobre a Palermo inizierà il primo corso di formazione – spiega Bordonaro – saranno sei i corsi in tutto per i 4 distretti giuridici, due in quelli più ampi di Palermo e Catania, seguiti dai corsi di Messina e Caltanissetta, che in tutto formeranno altri 120 tutori, arrivando cosi a un totale di 420. Man mano che il numero di richieste per diventare tutori aumenterà rispetto all’ambito territoriale siciliano, i corsi aumenteranno».
«Di fronte alle necessità imposte da migliaia di sbarchi quasi sempre si è nominato un sindaco o un assessore delegato come responsabile – spiega Marinella Laudani, giudice della corte di appello di Palermo che all’incontro ha illustrato la figura giuridica del minore straniero non accompagnato e del tutore – ma questo sarebbe meglio non avvenisse perché la sovrapposizione dei ruoli rischia di pregiudicare l’efficienza del servizio. In questo la legge aiuta con la nomina del tutore volontario, sollecitando uno sforzo culturale». Una forma di accoglienza mirata che dovrebbe evitare le cifre già registrate a Palermo, quando l’ex assessore alle attività sociali del Comune, Agnese Ciulla, era arrivata ad essere responsabile di oltre 500 ragazzi. Per diventare tutori è sufficiente avere 25 anni, non avere carichi penali ed essere residenti in Italia, «ma soprattutto coltivare le inclinazioni del giovane nonostante le inevitabili difficoltà linguistiche»,spiegano le prime volontarie che nel capoluogo siciliano si sono messe alla prova, come Patrizia Opipari.
«Ero stanca di guardare alla finestra e a luglio ho deciso di rispondere all’avviso del Comune di Palermo partecipando a quella che per me è stata una chiamata di aiuto, 500 tutele sulle spalle sono impossibili. Il 17 luglio ho conosciuto questo giovane del Gambia, è stata un’esperienza straordinaria portata avanti senza conoscere alcuna parola straniera, ma alla fine ha fatto scattare in me la voglia di imparare e mettermi alla prova, cosi di nostra iniziativa abbiamo avviato un laboratorio di inglese con altri tutori, in parallelo a quello fatto dai ragazzi per imparare l’italiano». Un codice di mutua comprensione fatto di gesti, abbozzi in una lingua che a volte è comune come l’inglese, ma dove la sete di inclusione è tanta da supplire al resto, partendo dalle piccole necessità del quotidiano, come spiega un’altra tutrice volontaria, Lucia Marchese: «I minori sono ospiti di una struttura di accoglienza e spesso serve anche un aiuto nel far conoscere le strade principali della città in cui si trovano. Nel mio caso si tratta di una visita una volta a settimana e quotidiani scambi telefonici, ma si è instaurato un rapporto bellissimo con i miei figli e la mia famiglia».
C’è poi chi, come Marina Leggio, insegna lingue straniere ma ha conosciuto «Amin, che parla solo arabo – eppure abbiamo instaurato entrambi uno scambio, è un percorso impegnativo, si rinuncia alle ferie ma è un’esperienza formativa per entrambi. Per tre mesi è stato in Libia, adesso aspettiamo il ricongiungimento familiare con una zia che sta al Nord e ha fatto richiesta di affido». Attenzione alle inclinazioni personali, tatto e psicologia le doti indispensabili, più della lingua: «Quando vorranno raccontare di propria iniziativa le difficoltà incontrate per arrivare in Italia lo faranno loro stessi, senza chiedere la mediazione di un traduttore», spiegano le neo-tutrici. Un percorso che prevede la tutela degli interessi del minore senza la presa in carico domiciliare, e senza alcun onere finanziario sebbene dall’incontro sia emersa la necessità di immaginare per il futuro un «rimborso per le spese vive». «Il punto è educarli e aiutarli a integrasi oltre ogni ottica assistenzialistica perché saranno i cittadini di domani – spiega Lino D’Andrea, garante comunale per l’infanzia – quella del tutore volontario è una figura nuova e stiamo ancora in fase sperimentale, ma il monitoraggio fatto su Palermo è stato ritenuto così accurato da essere stato acquisito dal garante nazionale. In questo Palermo è stata una città pilota».