Satrapi-Abirached: due donne allo specchio

Due donne, l’iraniana Marjane Satrapi e la libanese Zeina Abirached. Due esperienze di vita sorprendentemente speculari. Entrambe hanno vissuto l’esperienza della guerra, che ha segnato la loro infanzia e i loro primi ricordi e inciso sul loro modo di vivere. Hanno entrambe rielaborato gli avvenimenti significativi della loro vita in una forma apparentemente insolita, in un fumetto autobiografico per molti aspetti simile. Hanno entrambe lasciato il proprio paese, trasferendosi in Francia, per distaccarsi da una realtà difficile e opprimente.

 

Marjane Satrapi è l’autrice del fortunato fumetto Persepolis, divenuto poi film d’animazione. La sua vita è facilmente ripercorribile attraverso la sua stessa opera; è Marjane infatti a raccontare in prima persona la sua infanzia trascorsa a Teheran, all’epoca della Rivoluzione Khomeinista (nel 1979, quando aveva 10 anni), la sua adolescenza in Europa e il suo momentaneo ritorno in un Iran estremamente mutato, eppure sempre uguale, prima di trasferirsi definitivamente in Francia. È qui che viene a contatto col “mondo delle bande dessineé” e conosce alcuni importanti disegnatori francesi, tra cui David B. E così da questa suggestione e dalla sua propensione verso il disegno (inoltre l’immagine ha molta importanza nella cultura persiana) nasce Persepolis, che ottiene subito un grande successo e vince il celebre premio Alph’ Art du coup-de-cour al Festival di Angoulême del 2001, grazie al quale l’opera diventa un caso letterario a livello internazionale.

La prospettiva della narrazione in Persepolis è particolare, poiché è quella di una ragazza cresciuta in una famiglia di origini nobili ma soprattutto di larghe vedute, disposta a mandare la propria figlia adolescente all’estero nel momento in cui vede minacciata la sua libertà. La sua attenzione è quindi focalizzata sull’alta borghesia iraniana, ma si tratta pur sempre di una rappresentazione fedele e sincera delle problematiche del suo paese, per permettere a noi occidentali di comprendere alcune dinamiche politiche spesso distorte. Il punto di forza della narrazione è l’umorismo e l’autoironia dell’autrice, la storia infatti alterna alla drammaticità di alcuni avvenimenti (come l’imprigionamento e la fucilazione dello zio), l’umorismo con il quale sono rivisitate alcune esperienze (come le sue delusioni amorose). La risata, per Marjane, è un importante “arma sovversiva”, mentre l’umorismo “se associato all’illustrazione non conosce confini. Può essere compreso da tutti”.

 

Zeina Abirached, l’autrice del fumetto Il gioco delle rondini uscito recentemente, è nata invece a Beirut nel 1981, sei anni dopo l’inizio della guerra. Viveva con i genitori in un appartamento vicino alla linea di demarcazione, che tagliava in due la città di Beirut. Per lei quindi “la guerra è stata la normalità” e ancora ha dichiarato: “Io ci sono nata, dentro la guerra. La fine della guerra, se vogliamo, ha significato per me la fine dell’innocenza”. Dopo il diploma ha studiato grafica all’Accademia di Belle Arti di Beirut. Si è trasferita a Parigi quattro anni fa “ufficialmente per continuare gli studi” ma più per il “bisogno di vivere altrove dal Libano, per prendere distanza” da quella realtà. Con il fumetto [Beyrouth] Catharsis ha vinto il primo premio del festival del fumetto di Beirut nel 2002. Sono stati tutti i suoi ricordi d’infanzia rimasti inespressi e l’urgenza di raccontarli a spingerla a realizzare Il gioco delle rondini, che racconta di una sera in cui, a causa dei violenti bombardamenti, gli inquilini di un palazzo si riuniscono nell’ingresso di un appartamento al primo piano per ripararsi. Il titolo deriva da una frase, letta un giorno casualmente su un muro in una via di Beirut, e affiorata alla memoria nel momento della stesura della sceneggiatura: “Morire, partire, raccontare, è il gioco delle rondini”. E questo era ciò che voleva raccontare, gli spostamenti necessari che hanno reso il suo popolo, un popolo migratore come le rondini.

 

Per quanto riguarda i rispettivi fumetti il paragone viene naturale e Zeina Abirached, non a torto, è considerata la nuova Marjane Satrapi. Il suo fumetto può essere infatti accostato a Persepolis per l’uso del bianco e nero e per l’intento di rendere universale la propria storia. Come Satrapi usa l’umorismo per stemperare i toni drammatici, Zeina non vuole indugiare sui toni catastrofici, bensì preferisce ricordare gli aspetti piacevoli della sua infanzia, come la voce dei suoi nonni, il volto dei vicini più simpatici e i giochi di fortuna fatti con il fratello più piccolo. Zeina ricorda piacevolmente che sua madre, quando erano costretti a fare le valigie per trasferirsi in qualche altra parte del paese, riusciva a trovare il modo di rincuorarli trasformando la loro fuga imminente in una partenza per le vacanze.

La differenza tra i due fumetti consiste nel “tono dei racconti”, Zeina infatti ha preferito “partire da un caso particolare, stringere al massimo il quadro della storia” e pertanto “tutto si svolge in una notte, in una stanza d’appartamento”. E per rimanere “fedele” alla visione della realtà che aveva da bambina non vengono forniti dettagli politici o storici. Si tratta quindi di due fumetti, o graphic novel, che vogliono essere principalmente due autobiografie con al primo piano i rapporti con la propria famiglia d’origine. Ma per il lettore occidentale è un modo diverso per avvicinarsi alla realtà quotidiana di quei paesi del Medio Oriente spesso erroneamente classificati come arretrati, del “terzo mondo”, ricordati più per la minaccia che rappresentano per gli occidentali a causa del fondamentalismo e del terrorismo. Alla fine della lettura si dovrebbe invece provare una naturale curiosità per questi paesi dall’antichissima cultura.


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