L'artista palermitana è stata iscritta al REIS, il registro delle eredità immateriali della Regione. A MeridioNews il racconto del proprio lavoro e delle tante difficoltà. «Pesante le conseguenze della crisi economica», spiega
Sara Cappello, la cantastorie patrimonio della Sicilia «Un lavoro fatto di sacrifici ma eredità da trasmettere»
Più di trent’anni di carriera alle spalle e una grande passione per la storia e la cultura siciliana. Così, nei primi giorni del mese di febbraio, Sara Cappello, cantautrice e cantastorie palermitana, è stata iscritta al REIS, il registro delle eredità immateriali della Regione siciliana. Istituito nel 2005 dall’assessorato Regionale dei Beni culturali per dare un risvolto pratico all’approvazione, da parte dell’Unesco della convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale; il REIS si propone di identificare, registrare e salvaguardare l’insieme delle eredità immateriali che costituiscono il patrimonio culturale dell’Isola. Pratiche, espressioni, conoscenze, tecniche, oggetti, luoghi e in alcuni casi anche individui.
«Ho l’anzianità giusta per ricevere questi riconoscimenti – commenta Sara Cappello ai microfoni di MeridioNews – quando ho saputo dell’iscrizione un po’ mi sono commossa. Sono molto grata per questo riconoscimento al mio lavoro, ma soprattutto per l’attenzione che la Regione sta manifestando nei confronti del nostro patrimonio culturale che bisognerà conservare e trasmettere di generazione in generazione, assicurando il senso di continuità storica della Sicilia, della sua memoria collettiva e dell’insieme dei saperi». La sua candidatura è stata proposta dall’associazione culturale Gli ultimi cantastorie. Sostenuta dalla soprintendenza di Palermo ed esaminata da una attenta e scrupolosa commissione, è stata poi accolta, «per il sostegno e per la salvaguardia del patrimonio linguistico dell’identità siciliana».
Nei giorni scorsi, nelle diverse sezioni, insieme alla cantastorie palermitana Sara Cappello, sono stati iscritti anche: il Genio di Palermo, l’altopiano dell’Argimusco, le barche storiche di Pantelleria e il collega catanese Alfio Patti. «Io sono questo, se me lo levi muoio– afferma la cantastorie – La cultura mi ha sempre affascinato. Lavoro così: studio, approfondisco, ricerco. Poi, tiro fuori e invento». Figlia d’arte, Sara inizia a cantare da giovanissima. Del 1989 la sua prima raccolta e nel 1996 il cd dal titolo Vurria sapiri unn’abiti a lu nvernu. «Per me fu naturale iniziare – racconta – mi dicevano che avevo una bella voce e mi esibivo». L’amore per la lingua siciliana, la ricerca dei brani, lo studio dei lavori di Pitré, Favara, Vigo. Quindi la carriera da cantastorie e i primi lavori.
Ma la vita da artista popolare non è mai stata semplice. «Noi lavoriamo di iniziativa nostra – spiega la cantautrice palermitana – con grande passione, sacrificio e volontà». La crisi del 2008, il Covid. I festini di Santa Rosalia e Cantunera. Anche per Sara non sono mancati i momenti bui e di instabilità economica, ma la passione ha sempre avuto la meglio. «Prima del 2008 si lavorava di più, le amministrazioni ci chiamavano spesso – racconta – ma con la crisi economica questa collaborazione è venuta meno. Io però ho continuato a crederci perché sin da subito hanno creduto in me, nelle mie possibilità. Così ho messo su Cantunera, il mio spazio teatrale». Sempre pronta a reinventarsi e a mettersi in gioco, la cantastorie palermitana ha quindi tirato fuori fiabe e marionette, intrattenendo scolaresche, organizzando workshop e convegni. Adesso il prestigioso riconoscimento. «Guai a vivere senza la fiaba – conclude – la morte deve trovarci vivi e sognanti, come i bambini».