Foto di Riccardo Condorelli

Liste d’attesa infinite ed esami urgenti rinviati anche di un anno. L’analisi dei dati dell’Asp di Messina

Due esami salvavita prenotati con quasi un anno di ritardo: entrambi richiesti a marzo 2025 sono stati fissati uno a gennaio e l’altro a febbraio 2026. Non si tratta di casi isolati. È l’emblema di un sistema sanitario che, nel Messinese, fatica a garantire tempi dignitosi di accesso alle cure, soprattutto per le prestazioni urgenti. A sollevare il caso è Francesco Previte, presidente dell’associazione TDICE ETS, che ha analizzato i dati ufficiali pubblicati dall’Azienda sanitaria provinciale di Messina. Il quadro che emerge è critico. Nel 2024, su 1.107 ricoveri effettuati, il 39,2 per cento non ha rispettato i tempi massimi previsti. Ancora più allarmante la situazione per i ricoveri classificati con priorità A – quelli da effettuare entro 30 giorni – dove su 936 casi, ben 373 (39,8 per cento) sono stati ritardati. Tra gli interventi più colpiti dalle lungaggini: la colecistectomia laparoscopica (fuori tempo 26 su 46), l’endoarteriectomia carotidea (3 su 5) e gli interventi per tumore alla mammella, con un ritardo per l’84,7 per cento dei casi (244 su 288).

Prestazioni urgenti: oltre un terzo in ritardo

Le prestazioni sanitarie con codice U (urgente) – da effettuarsi entro 72 ore – registrano numeri spaventosi: 4.751 su 13.066 sono state eseguite in ritardo (36 per cento). I tempi effettivi di attesa, in questi casi, variano dai 101 ai 276 giorni, ovvero da 33 a 92 volte il tempo previsto per legge. Situazioni che riguardano spesso esami cruciali come ecografie, tomografie, visite cardiologiche ed endocrinologiche. Anche le prestazioni con codice B (brevi, da eseguire entro 10 giorni) soffrono di gravi ritardi. Su 29.389 casi nel 2024, quasi il 47 per cento (13.808) è stato effettuato fuori tempo. In 184 casi, l’attesa ha superato i 300 giorni. Per oltre 10.000 interventi, i pazienti hanno aspettato più di 100 giorni. Nel 2025 i dati confermano la tendenza: nel primo trimestre, il 68 per cento delle urgenze ha superato i 30 giorni di attesa.

Sovracup e ALPI: il divario pubblico-privato

Nel 2024, il portale Sovracup ha gestito 59.134 prenotazioni. Tra le urgenze (3,5 per cento del totale), il 63 per cento ha sforato i tempi previsti, così come il 69 per cento delle prestazioni brevi. I ritardi più significativi riguardano mammografie (fino a 355 giorni di attesa), spirometrie, elettromiografie ed ecografie. Dall’altra parte, le prestazioni intramoenia (ALPI) mostrano tempi d’attesa decisamente inferiori: circa 6 giorni in media, con un massimo di 92 giorni. Questo solleva interrogativi su come venga gestita la disponibilità di risorse e professionalità tra pubblico e privato.

«Esiste una norma – ricorda Previte – che prevede la possibilità di ricevere prestazioni intramoenia senza costi aggiuntivi in caso di ritardo del sistema pubblico, ma questo diritto viene esercitato raramente». Ma questo diritto viene esercitato raramente. ll risultato? Chi può, paga. Gli altri, aspettano. E spesso, troppo. A peggiorare il quadro è la recente deliberazione della Corte dei Conti ( la numero 90/2024), che denuncia l’impossibilità di monitorare correttamente le liste d’attesa e l’uso distorto dei fondi destinati alla loro riduzione. La fotografia offerta dai dati dell’Asp Messina evidenzia un’emergenza che va oltre i singoli casi, e che sembra ormai strutturale. Il rischio è che i ritardi non solo compromettano la salute, ma minino anche la fiducia dei cittadini nel sistema sanitario pubblico. Per molte famiglie, l’unica alternativa resta pagare o rinunciare.


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