Voleva fare il barbiere Natalino Nizza. Prima di finire nei guai con la giustizia, si era iscritto pure a una scuola di formazione professionale. Presto, però, ha abbandonato pettini, gel e forbici per cominciare a maneggiare tanta droga e una montagna di soldi nel pieno solco di una consolidata eredità familiare. Per i magistrati, il 25enne sarebbe il mandante dell’omicidio del coetaneo Enzo Timonieri, il cui corpo è stato ritrovato grazie al fondamentale contributo di due fratelli: Michael e Antonio Sanfilippo. Entrambi, da collaboratori di giustizia, si sono autoaccusati del delitto e hanno anche indicato agli inquirenti il presunto organizzatore – Sam Privitera – e il mandante, Natalino Nizza. Dietro il delitto, portato a termine a metà febbraio e con il corpo ritrovato sottoterra soltanto quattro mesi dopo, ci sarebbe stato il piano di sottrarre alla vittima un canale autonomo di approvvigionamento della droga.
Sia Timonieri che i fratelli Sanfillipo orbitavano nel clan Nizza. Ed è proprio questa fratellanza criminale a non avere insospettito la vittima quando, il 12 febbraio scorso, gli viene chiesto di andare insieme a prendere delle armi. Il viaggio con una macchina rubata coincide con l’esecuzione di Timonieri, colpito da tre proiettili alla nuca mentre il gruppo si spostava verso la periferia sud di Catania. Subito dopo, il cadavere viene seppellito in una buca ricoperta con la sabbia. La stessa che i killer hanno indicato ai carabinieri rendendo possibile il ritrovamento dei resti del corpo ormai in decomposizione.
Il primo arresto di Natalino Nizza risale al 2017. L’allora 19enne venne beccato mentre spacciava droga in via Stella Polare. Dopo una perquisizione, i carabinieri gli trovarono in tasca 690 euro. Spiccioli rispetto ai 29mila euro in contati recuperati quando è scattato l’ultimo fermo. Nizza appartiene a una dinastia familiare che, nell’ultimo decennio, è stata capace di scalare i vertici di Cosa nostra a Catania. Da perfetti sconosciuti al ruolo di primo piano all’interno dei Santapaola e nei quartieri Librino, San Cristoforo e San Giovanni Galermo. Un percorso cominciato dagli zii di Natalino: Daniele e Fabrizio, nel 2008 entrambi formalmente affiliati come uomini d’onore con l’arcaico rito della pungiuta. Per Fabrizio Nizza, però, la carriera mafiosa si è interrotta qualche anno dopo con la scelta di diventare collaboratore di giustizia.
Sono invece rimasti al loro posto gli altri fratelli, Salvatore, Giovanni – detto Banana – e Andrea. Questi ultimi, papà e zio di Natalino Nizza. Il rapporto tra il rampollo e Andrea Nizza è emerso nei documenti dell’operazione Carthago 2 del 2017. Insieme a Privitera si sarebbero occupati di gestire i pizzini per lo zio che, all’epoca dei fatti, era latitante. Due anni e un mese da introvabile prima dell’arresto in una villetta nel territorio di Viagrande. Nonostante le manette e il carcere duro, Natalino Nizza non ha mai dimenticato lo zio detenuto. Rimarcandone il rapporto sia con alcune foto, che oggi MeridioNews pubblica in esclusiva, ma anche tramite dei post sui social. In uno di questi scriveva: «Non parlate assai che mio zio è al 41bis zitto, zitto. È un leone».
La storia recente di Natalino Nizza rimanda, invece, a un suo presunto coinvolgimento nel traffico di droga. Nelle carte dell’inchiesta Cocorito gli inquirenti hanno ricostruito, attraverso alcune intercettazioni, l’amicizia tra il giovane e il narcotrafficante albanese Moisi Habilaj. Un legame nato all’interno del carcere di Bicocca durante un periodo di comune detenzione. Messo ai domiciliari, Nizza avrebbe anche incontrato due emissari balcanici della droga.
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