San Cristoforo, progetto dei comitati per il Midulla «Museo diffuso e attività con i ragazzi e i migranti»

Ricucire la città, un’espressione che gli urbanisti utilizzano sempre più spesso per indicare politiche che, rinunciando all’edificazione di nuove, impattanti cubature, si ripropongano invece di rimettere insieme l’esistente, eliminare i vuoti tra un quartiere e l’altro, riconquistare gli spazi lasciati al degrado e alla criminalità organizzata. La ricucitura è tra le ratio di un bando pubblicato il 19 maggio dal dipartimento Politiche sociali della Regione Siciliana, imperniato sul recupero di vecchi immobili di proprietà pubblica, collegato però ad attività di animazione sociale e partecipazione collettiva, aperto anche ai beni confiscati alle mafie. Una possibilità prevista dal Po Fesr 2014/2020, che il Comune di Catania – a quanto pare – non vuole sciupare. Il 6 luglio Palazzo degli elefanti ha diramato un avviso pubblico per incamerare manifestazioni di interesse da parte di associazioni e altri soggetti interessati a riscattare edifici pubblici nel quartiere San Cristoforo, 57mila abitanti e un profilo sociale difficile. 

Una zona della città dove esistono tre strutture che possiedono i requisiti: l’ex cinema Midulla, l’ex cinema Concordia e l’area tra le vie Toledo e Stella Polare. Il 2 agosto, alla direzione comunale Urbanistica, si è riunita la commissione per la valutazione delle proposte di azione sociale. Che in realtà è una sola: riguarda il Midulla ed è stata abbozzata da un gruppo informale composto dall’associazione culturale Gammazita (capofila), dal comitato attivisti Midulla, dal comitato abitanti di San Cristoforo e dal collettivo di artisti Ursino Buskers. «Noi siamo occupanti del Midulla da gennaio – dice Daniele Cavallaro di Gammazita – e quando abbiamo visto questo bando ci siamo chiesti cosa fare, con una discussione complessa. La perplessità riguarda soprattutto il fatto che il finanziamento serva solo a riqualificare l’edificio sul piano strutturale, ma non prevede fondi per le attività sociali. Questo è uno dei motivi per cui il Midulla è morto». 

Alla fine, però, le associazioni decidono di provarci. «Il progetto – prosegue l’attivista – riassume quel che facciamo già e consiste, in primis, in una casa delle arti performative, che faccia formazione gratuita con i ragazzini del quartiere per la musica, il teatro, la giocoleria e molto altro». Un meccanismo di autofinanziamento prevede poi che i responsabili dei corsi possano organizzare, negli stessi locali, dei workshop a pagamento aperti a tutta la città. La vera scommessa è rappresentata dall’idea di un museo diffuso di quartiere. «San Cristoforo ha un grande patrimonio storico e post-industriale, e ci sono ancora tracce delle antiche botteghe artigiane – spiega Cavallaro – Si tratta di fare un lavoro di mappatura e mettere insieme queste realtà creando una rete, per dare ai cittadini la possibilità di fare un percorso di conoscenza del quartiere, all’aperto, che vada dalle persone ai beni fisici fino alla bellezza immateriale». 

La terza e ultima parte del progetto punta sul coinvolgimento della comunità migrante. «Anziché creare dei servizi per i migranti – aggiunge – abbiamo pensato a due stanze dove saranno loro a fare attività, liberamente. Volevamo rovesciare l’approccio e dimostrare che sono davvero una risorsa per la comunità». Una prospettiva interessante, ma il percorso è ancora lungo. La scadenza del bando era prevista il 18 agosto. Il Comune sottoporrà i contenuti forniti dalle associazioni alla Regione, che potrà ammetterli al finanziamento oppure no. «Infatti – sorride Cavallaro – al momento nessuno ci ha assegnato niente, al contrario di quel che pensa qualcuno. Nel bando ci sono cose discutibili, e la nostra partecipazione nasce dal fatto che ci troviamo già dentro il Midulla. Sarebbe stato sciocco non provarci». 


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Un gruppo informale composto da Gammazita, dai comitati di quartiere e da Ursino Buskers partecipa a un avviso comunale per la riqualificazione di edifici pubblici degradati. Ma non mancano le perplessità. «Fondi solo per il recupero strutturale, non per le attività sociali», spiega un attivista. L'ex cinema è occupato da gennaio

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