«All'amministrazione chiediamo un incontro per potere ridiscutere questa situazione e, magari, provare a trovare un accordo». È questo l'appello della presidente di Aps Vivi in Energia Francesca Grasso e di diversi cittadini del quartiere. Guarda le foto
San Cristoforo, centro di aggregazione diventa un deposito «Ingiusto che il Comune ci butti fuori senza un’alternativa»
Un magazzino al posto di un centro di aggregazione a San Cristoforo. «Dopo cinque anni di attività in cui abbiamo riqualificato la struttura e offerto un’alternativa a bambini, giovani, adulti e anziani del quartiere, adesso dal Comune hanno ordinato lo sgombero perché ci hanno accusati di occupazione senza titolo». La presidente di Aps Vivi in Energia Francesca Grasso non si arrende all’idea che la struttura di via Cordai, diventata un punto di riferimento per il rione, venga trasformata in un deposito dove la Multiservizi – società partecipata al cento per cento del Comune di Catania che si occupa di manutenzioni in città – potrà accatastare plichi elettorali e altro materiale. «È uno stabile a cui, negli anni, abbiamo ridato vita – racconta Grasso ai microfoni del gruppo Rmb – creando dei momenti di aggregazione. Perché con tanti locali che ci sono lasciati in stato di abbandono – si chiede – adesso dal Comune hanno deciso di togliere al quartiere uno dei pochi punti di ritrovo?».
La struttura di via Cordai, nel 2013, era stata affidato dall’ente comunale, che ne è il proprietario, al Banco delle opere di carità della Sicilia come locale da «adibire a magazzino per lo stoccaggio delle derrate alimentari da distribuire alle famiglie indigenti». Nel 2017, tramite un protocollo d’intesa, dal Boc hanno coinvolto l’Aps Vivi in Energia che per cinque anni ha continuato a gestirlo e a prendersene cura. «Abbiamo ridato dignità a questi locali – ci tiene a sottolineare la presidente – senza mai chiedere nemmeno un euro al Comune che ora, invece, per tutta risposta ce lo toglie e ci butta fuori. Senza che noi abbiamo ancora capito bene il motivo di questa decisione». Oltre a organizzare nell’immobile l’appuntamento mensile per la consegna dei pacchi del Banco alimentare per le famiglie bisognose, la realtà locale ha organizzato attività ludiche ed educative di vario tipo. In particolare ha attrezzato all’interno una palestra in cui sono stati organizzati corsi di balli di gruppo, lezioni di danza, spettacoli teatrali e anche laboratori.
Per l’intero quartiere il luogo è diventato un punto di riferimento. E, oltre alla presidente di Aps Vivi in Energia, sono anche i cittadini a chiedere al Comune «di tornare sui propri passi e di decidere in modo diverso la destinazione di questo locale», afferma Salvatore Cunsolo, un cittadino che il centro di via Cordai lo ha frequentato per anni. «È diventato un punto di incontro, un posto in cui stare insieme e, per i più bisognosi, anche dove trovare un sostegno e un aiuto». In una zona della città che non pullula di alternative. «Grazie a questo posto – aggiunge un altro residente della zona, Franco Leontini – abbiamo portato anche il teatro in un quartiere che, per certi versi, è sicuramente difficile come spesso viene definito ma che è abitato anche da persone per bene». Sono diversi, infatti, i cittadini che chiedono all’amministrazione di «ragionare sulla possibilità di trovare un’altra soluzione – dichiara Fabio Currò – Considerato il bene che questo luogo ha portato all’intero quartiere, dovrebbe essere anche interesse di chi amministra la città fare in modo che una realtà del genere possa proseguire le proprie attività».
Tra i documenti pubblicati sul sito del Comune di Catania, c’è un provvedimento dirigenziale della direzione Sviluppo e Attività produttive di marzo in cui si ordina la «cessazione dell’attività fisico-motoria e sportiva». Un foglio in cui viene messo nero su bianco che quella nei locali di via Cordai sarebbe un’«attività esercitata senza alcuna autorizzazione». Il riferimento della responsabile del settore Maria Rita Calì va a un sopralluogo effettuato dalla polizia municipale nell’ottobre del 2019, durante il quale sarebbe stata accertata la mancata presentazione la Scia. Ovvero la segnalazione certificata di inizio attività, autorizzazione amministrativa da presentare preventivamente all’ente. «All’amministrazione – conclude Grasso – chiedo di rivedere questa decisione magari in un incontro in cui discutere insieme per tentare di trovare un accordo. Mi sembra una cosa indecente togliere un centro di aggregazione a un quartiere per farne un deposito».