San Berillo, camionette e agenti per blitz antidroga Tredici indagati. In strada restano tende e borsoni

Cinque o sei camionette delle forze dell’ordine e diversi poliziotti, questa mattina, sono arrivati nel quartiere San Berillo Vecchio, nel cuore del centro storico etneo. L’attività delle forze dell’ordine è stata mirata alla repressione dei reati di spaccio di sostanze stupefacenti. Alla fine dell’intervento degli agenti della squadra mobile, su delega della procura distrettuale della Repubblica di Catania, sono tredici gli indagati. Nel comunicato della polizia vengono descritti come «cittadini extracomunitari senza fissa dimora di etnia africana».

A conclusione dell’azione delle forze dell’ordine, un gruppetto di ragazzi è stato portato via a bordo di un furgocino grigio. Quel che resta in via Buda, una traversa di via Pistone, sono le tende in cui i ragazzi originari del Gambia avrebbero dormito, i borsoni con dentro i loro effetti personali e vestiti e altri oggetti lasciati sparsi alla rinfusa tra materassini e pedane di legno. Gli agenti hanno eseguito una serie di perquisizioni e «i particolare dell’operazione verranno illustrati successivamente», comunicano. 


Dalla stessa categoria

I più letti

Giustizia per Emanuele Scieri

Sono stati condannati i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara. Finisce così il processo di primo grado con rito ordinario per l’omicidio volontario aggravato del parà siracusano Emanuele Scieri, avvenuto all’interno della caserma Gamerra di Pisa nell’agosto del 1999. Per loro il procuratore Alessandro Crini aveva chiesto rispettivamente una condanna a 24 anni e 21 anni, […]

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo