Sabato sera in un locale a luci rosse (II parte)

Nell’articolo precedente abbiamo parlato del punto secondo, cioè di Eva Henger. Ritorniamo al punto primo, cioè vedere cosa accade all’interno di questo genere di locali. Noi ci siamo recati in questo locale il sabato sera, particolarmente proficuo per i gestori, perché i fanno più clienti. All’ingresso troviamo uno dei due gestori insieme a un ragazzo che fa da segretario.

 

Sempre gentili, tra un cliente che tesserano e uno che tira fuori i soldi, parliamo del più e del meno. Il gestore ci racconta un po’ di cose, cercando di fare il quadro della situazione del locali a luci rosse. Comincia facendo un’ osservazione sulla concorrenza, rispetto alla quale, il suo locale è quello più in regola, nel senso che lui paga le ragazze inquadrandole con la legge Biagi, e che al massimo si esibiscono nel suo locale per 30 giorni in un anno, rilasciandogli tanto di ricevuta.

 

Ad esibirsi non sono mai le stesse ragazze, nel senso che di solito le chiamano solo per una settimana e poi ne fanno arrivare altre ancora, che si esibiscono la settimana successiva e così via. C’è un turn over continuo. E c’è da dire che di solito le ragazze evitano i locali della città in cui abitano, per timore di essere riconosciute da persone che li frequentano. Darebbe loro fastidio, come è comprensibile, specialmente perché la maggior parte di loro lavora nei night all’insaputa della famiglia, del fidanzato, marito e amici. E a volte usano un nome d’arte. 

 

Così, riflettendoci un po’ su, si crea un giro in cui migliaia di ragazze (dobbiamo considerare tutti i night club sparsi in giro per l’Italia e moltiplicarlo per 10, cioè il numero delle ragazze che in media si esibiscono ogni sera in ogni locale) si spostano di settimana in settimana per recarsi nella città dove devono lavorare. In più, oltre a loro, in questo giro sono impegnati coloro che si occupano di ingaggiarle, che alo stesso tempo tengono i contatti con i titolari dei locali e che le accompagnano di volta in volta fino al locale, spostandosi da una città ad un’altra, in base all’ubicazione del locale. 

 

Dove vanno a stare, dunque, queste fanciulle? Di solito i gestori dei locali ( ma non crediamo che sia il caso del titolare del locale che abbiamo visitato ) o chi gravita attorno ad essi, cioè chi le ingaggia, o chi le fa entrare in Italia, si preoccupa di fornire loro appartamenti, nei quali le ragazze possano dormire, generalmente gratis.

 

Per le straniere, che costituiscono una buona percentuale di tutte quelle che si esibiscono,

il punto cruciale è la messa in regola: da clandestine non potrebbero stare, chiaramente. E allora?

Viene concesso loro, l’ingresso in Italia e lo svolgimento di attività lavorativa per un periodo di due anni senza passare dalle quote annualmente programmate più facilmente di quanto concesso alle badanti.

 

Che vuol dire ? Che per loro c’è più facilità a entrare nel nostro paese rispetto a chi deve svolgere effettivamente lavoro come badante presso una famiglia. Chiaramente, poi, non tutte queste ragazze ballano nei locali. In base alle offerte che ricevono, alle loro attitudini, alla loro bravura, molte scelgono altre vie, visto che in questo ambiente fare soldi è facilissimo.

 

Una di queste vie può essere la prostituzione, e chiaramente a molta gente importante, uomini d’affari, politici, capi di aziende, uomini dello spettacolo, e chi più ne ha più ne metta, non va in questi locali a vedersi lo spettacolo, ma lo “ordina” in un luogo privato.

Generalmente una seconda abitazione, per mantenere la massima riservatezza. Gli spettacoli in questo caso possono consistere solo nell’esibizione di un pezzo da lap dance o essere degli incontri a scopo di sesso, in base agli accordi presi e al genere di ragazze che ci vanno. E volete allora che queste educande abbiamo problemi ad entrare in Italia?

 

Straniere o italiane che siano,  comunque,  sono poche quelle che dichiarano apertamente di lavorare nei night club. La maggior parte preferisce non uscire allo scoperto, per i motivi sopra accennati. Tra l’altro, la prima associazione di pensiero che si fa quando si parla di un locale del genere è : “night club – prostituzione”.

 

Ritorniamo al locale che abbiamo visitato. Mentre parliamo con uno dei due gestori, si avvicina il suo socio e gli comunica che a Salerno due sere prima hanno fatto chiudere un paio di locali perché all’interno le “consumazioni” non erano solo alcoliche. Intendiamoci. “Quando i clienti entrano qui – ci dice uno dei due – pensano che si possa fare sesso, ma stando all’interno del locale alcune ore, si rendono conto che non è così. Quindi stanno tranquillamente a vedersi lo spettacolo”.

 

In effetti, a giudicare da quello che succede in tanti locali, il connubio “locale a luci rosse – prostituzione” sorge spontaneo, è quasi superfluo dirlo. Questi locali, se ci tengono a rimanere aperti, evitano che all’interno si verifichino atti di prostituzione. A Catania ci sono stati diversi arresti e chiusure di night club per questo motivo. Anche se poi dopo poco sono stati aperti!

 

All’intero del Pakidù abbiamo conosciuto due ragazze molto simpatiche, una italiana e l’altra straniera, che erano lì per esibirsi e per fare compagnia ai clienti ai tavoli.

Abbiamo chiesto loro se volevano farsi intervistare e ci hanno risposto di sì.

Nei prossimi giorni vi proporremo le due interviste. 

 

 

To be continued
 
Leggi la prima parte 

Melania Mertoli

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