Da luglio l'orchestra Falcone e Borsellino, che coinvolge una cinquantina di minori in una delle zone più difficili della città, non ha un luogo in cui svolgere la sua attività. Eppure nel quartiere ci sono due strutture chiuse: l'ex cinema Midulla, del Comune, e l'ex manifattura Tabacchi, della Regione. «Ci hanno chiesto di pagare l'affitto, ma per noi è impossibile», spiega Alfia Milazzo
S.Cristoforo, musica dei bambini cerca sede L’orchestra presidio di legalità nel quartiere
Il vento ha buttato giù gli ennesimi calcinacci dai locali parrocchiali attigui alla chiesa di San Cristoforo, non la voglia di lottare dei bambini e dei volontari dell’orchestra Falcone e Borsellino che proprio lì, fino allo scorso luglio, aveva sede. Adesso non più. Don Ezio Coco, nonostante l’impegno e il lavoro costante per tenere aperta la struttura, è stato costretto a chiudere. E l’orchestra, nata in seno alla fondazione no profit La città invisibile, che rappresenta una delle poche alternative alla strada per una cinquantina di minori, è in cerca di una nuova sistemazione. In realtà i volontari ne hanno già individuate due, a poche decine di metri dall’attuale sede: si tratta del centro culturale Midulla, di proprietà del Comune, e dell’ex Manifattura Tabacchi, gestita dalla Regione. Entrambe sono state formalmente chieste agli enti competenti, ma rimangono o totalmente chiuse, nel caso del Midulla, o solo parzialmente, nel caso della struttura regionale ex caserma borbonica. Tante le promesse finora ricevute, pochi i fatti.
«Chiediamo al sindaco di venire a San Cristoforo, ascoltare le nostre esigenze e quelle dei ragazzi – spiega Alfia Milazzo, anima dell’orchestra insieme ad altri sette volontari, tra cui tre insegnanti di musica -. Non si tratta di accontentare un gruppo di persone, ma di non far morire una realtà che porta nuova linfa al quartiere». L’orchestra Falcone e Borsellino, dal 2012, ha suonato ogni anno a Palermo per le commemorazioni dei due magistrati uccisi dalla mafia e ha tenuto in totale 54 concerti in giro per la Sicilia. Sono circa 50 i bambini che ne fanno parte. Tanti arrivano anche da altri quartieri della città. «Se il sindaco non si occupa di noi e di questo posto, di cos’altro si dovrebbe occupare? Siamo un presidio di legalità a due passi dal castello Ursino, siamo periferia e centro allo stesso tempo, vediamo passare spesso i turisti. Poi però ci lamentiamo che vengono scippati…», si sfoga la volontaria.
Per fare sentire più forte la loro voce, domani pomeriggio, alle 16 terranno una manifestazione: una lezione di protesta a cielo aperto, in via Zuccarelli davanti al Midulla e subito dopo nei giardinetti della piazzetta di San Cristoforo davanti al portone della ex Manifattura Tabacchi. Il Midulla sorge alle spalle della chiesa, nel pieno del mercato di quartiere. Una volta era un cinema, poi, grazie al progetto Urban Act, è stato riqualificato ed è diventato un centro culturale. Che però rimane chiuso, nonostante disponga di una palestra, una sala conferenze e una biblioteca. I vetri della porta d’ingresso sono stati infranti da alcuni proiettili. Solo una stanza, separata dal resto della struttura, viene utilizzata abusivamente da un fruttivendolo che la usa come deposito per le sue cassette della frutta. Ha messo un nuovo catenaccio, così l’ingresso è riservato solo a lui.
Uno degli ingressi dell’ex cinema Midulla, i vetri infranti da un proiettile«Qui il bisogno è enorme – spiega Milazzo – i ragazzi sono intelligenti, pronti, capaci di fare tutto. Nei locali della parrocchia avevamo creato una libreria gratuita che abbiamo dedicato a Giuseppe Fava; in un anno abbiamo distribuito 800 volumi». Un lavoro quotidiano che scava nell’anima del quartiere. «A volte le famiglie, quando capiscono che i loro figli stanno cominciando a cambiare, li ritirano. Lo fanno in silenzio, senza alzare la voce. Noi sappiamo che è normale, non lo interpretiamo come un fallimento. Molti bambini finiscono in comunità, alcuni hanno i genitori in carcere, altri sono stati vittime di bullismo. Noi non facciamo distinzioni, siamo aperti a tutti».
Alfia Milazzo e gli altri volontati hanno scritto al vescovo di Catania, Salvatore Gristina, per cercare una soluzione per la vecchia sede. «Non ci ha mai risposto, né si è occupato della parrocchia. La diocesi sembra quasi disinteressata, eppure questo è un presidio importantissimo», sottolinea la portavoce dell’orchestra. Il dialogo con il Comune è invece andato avanti a singhiozzo. «Mesi fa, dopo un articolo su La Sicilia che parlava delle loro difficoltà, Milazzo ha ricevuto la telefonata dell’assessore allo Sport Valentina Scialfa che, su mandato del sindaco, le ha proposto il trasferimento nell’ex cinema Concordia, altra struttura comunale sottoutilizzata. «Ma il luogo è completamente inadatto per fare musica, perché le volte sono molto alte e c’è un unico ampio ambiente. Inoltre ci hanno chiesto di pagare l’affitto al Comune: 3 euro l’ora. E’ una spesa che non possiamo sostenere, basiamo tutto sul volontariato e abbiamo già i costi vivi da pagare. Dopo la nostra risposta, non ci hanno fatto sapere più niente».
Stessa situazione per l’ex manifattura Tabacchi, di proprietà della Regione. Qui una parte è occupata dal museo, ma rimane un’ampia porzione, il cui ingresso è nella stessa piazzetta della chiesa, chiusa inspiegabilmente. «Abbiamo presentato all’assessore Sgarlata un progetto, così come ci era stato chiesto, ma anche dalla Regione abbiamo ricevuto solo silenzio», denuncia Milazzo.
Resta, dunque, il Midulla, dove però il Comune vorrebbe trasferire gli uffici dei Servizi sociali. «Ma sappiamo che non ci andranno mai, perché i dipendenti sono restii a lavorare in un luogo così difficile – continua – Con le sue stanze piccole sarebbe invece ideale per l’orchestra, lì potremmo anche realizzare progetti per coinvolgere le mamme, soprattutto le più giovani. Ce ne sono anche di 15 anni e ci chiedono aiuto. Ma come facciamo senza una sede? Il vero volto di San Cristoforo sono loro, famiglie oneste che pur di non delinquere preferiscono guadagnare 10 euro al giorno scaricando mobili. Vivono dentro il quartiere, ma non cedono».