Rubrica/Il cucchiaio nelle orecchie. La parola siciliana più bella è ciato

Hanno due facce ma io non saprei dire quale delle due è più indecente dell’altra. Come dire Fazio e Litizzetto, una coppia che tu non sai chi è più dell’altro, uno con il suo sorriso stampino, stavo per scrivere una parolaccia, l’altra con la sua risata a inglutimento intelligente. Faccio da servitore e pulsantiere del mio telecomando stasera alla ricerca di una faccia che blocchi il mio pollice da un parkinsonismo indotto ma niente, gente. Niente facce che mi afferrino, niente facce che non sappiano di televisione, di sburrate al fard che nemmeno da morte imbalsamate, niente occhi che mi mangino. Magari antimodernisticamente avrà avuto ragione Ugo La Malfa che facendo di tutto per ritardare il passaggio alla televisione a colori, ricordate Secam, forse premoniva il decadimento della sacralità carnale a opera della categoria emergente dei truccatori. Rosa rosa rosa, rosa a forma del sangue che si sparge, aulentissima voce sporca della vita e del Teatro Biondo, di Buela e di quel persogeniaccio di Franco Scaldati e del gioco maledetto dell’io non ci sono. Rosa, voce da Fiat Ritmo turbo rossoferrari con cui fai solo incidenti, Rosa da pugno chiuso non comunista ma di chi ce l’ha con il mondo, Rosa-Rachele quando imprechi contro il tuo Dio. Rosa Balistreri la trovo solo su internet, come un desiderio perduto, come una disabilità della televisione, di stato o commerciale poco importa, ho pensato alla sua faccia, negli ultimi anni cerchiata di occhiali giganti che non la nascondevano e quasi sembravano più grandi della sua bellissima faccia, non televisiva come quella di Jacqueline Bisset, sproporzionatamente più bella dei modelli e delle icone che governano le nostre percezioni visive oggi mille volte ristrette. Ricordo l’imbarazzo in bianco e nero di Pippo Baudo o, forse di qualche altro presentatore, per la sua figura. Davanti la platea RAI Claudio Villa si sapeva difendere dalla immagine di nano antipatico ma superdotato, Rosa no, e quando cominciava a cantare lui era un uomo, Rosa solo una donna, perdippiù siciliana. Ma la voce è corpo, sostituisce tutti i corpi improbabili, la voce è ciato è odore dei piedi del neonato, li carnuzza tua ciauro fanno, che non ha ancora calzato le prime scarpine. La voce resta, è ciato dalla fossa.
L’odore dei piedi. Stamattina un vecchio dai piedi gonfi in piazzetta Amendola, esposti nudi come posati sulla spiaggia di Licata che guarda il mare africano, gonfi di rabbia anche loro ma rossi di venuzze per pittori. Ciato, respiro. In preda a un conato di nostalgia mi faccio uno spread con Valley Girl del mio antenato Frank Zappa e di sua figlia. Poi torno a Rosa Balistreri: io ti manciu ciato meu.

 

 

 

 


Dalla stessa categoria

Ricevi le notizie di MeridioNews su Whatsapp: iscriviti al canale

I più letti

Hanno due facce ma io non saprei dire quale delle due è più indecente dell’altra. Come dire fazio e litizzetto, una coppia che tu non sai chi è più dell’altro, uno con il suo sorriso stampino, stavo per scrivere una parolaccia, l’altra con la sua risata a inglutimento intelligente. Faccio da servitore e pulsantiere del mio telecomando stasera alla ricerca di una faccia che blocchi il mio pollice da un parkinsonismo indotto ma niente, gente. Niente facce che mi afferrino, niente facce che non sappiano di televisione, di sburrate al fard che nemmeno da morte imbalsamate, niente occhi che mi mangino. Magari antimodernisticamente avrà avuto ragione ugo la malfa che facendo di tutto per ritardare il passaggio alla televisione a colori, ricordate secam, forse premoniva il decadimento della sacralità carnale a opera della categoria emergente dei truccatori. Rosa rosa rosa, rosa a forma del sangue che si sparge, aulentissima voce sporca della vita e del teatro biondo, di buela e di quel persogeniaccio di franco scaldati e del gioco maledetto dell’io non ci sono. Rosa, voce da fiat ritmo turbo rossoferrari con cui fai solo incidenti, rosa da pugno chiuso non comunista ma di chi ce l’ha con il mondo, rosa-rachele quando imprechi contro il tuo dio. Rosa balistreri la trovo solo su internet, come un desiderio perduto, come una disabilità della televisione, di stato o commerciale poco importa, ho pensato alla sua faccia, negli ultimi anni cerchiata di occhiali giganti che non la nascondevano e quasi sembravano più grandi della sua bellissima faccia, non televisiva come quella di jacqueline bisset, sproporzionatamente più bella dei modelli e delle icone che governano le nostre percezioni visive oggi mille volte ristrette. Ricordo l’imbarazzo in bianco e nero di pippo baudo o, forse di qualche altro presentatore, per la sua figura. Davanti la platea rai claudio villa si sapeva difendere dalla immagine di nano antipatico ma superdotato, rosa no, e quando cominciava a cantare lui era un uomo, rosa solo una donna, perdippiù siciliana. Ma la voce è corpo, sostituisce tutti i corpi improbabili, la voce è ciato è odore dei piedi del neonato, li carnuzza tua ciauro fanno, che non ha ancora calzato le prime scarpine. La voce resta, è ciato dalla fossa.

Hanno due facce ma io non saprei dire quale delle due è più indecente dell’altra. Come dire fazio e litizzetto, una coppia che tu non sai chi è più dell’altro, uno con il suo sorriso stampino, stavo per scrivere una parolaccia, l’altra con la sua risata a inglutimento intelligente. Faccio da servitore e pulsantiere del mio telecomando stasera alla ricerca di una faccia che blocchi il mio pollice da un parkinsonismo indotto ma niente, gente. Niente facce che mi afferrino, niente facce che non sappiano di televisione, di sburrate al fard che nemmeno da morte imbalsamate, niente occhi che mi mangino. Magari antimodernisticamente avrà avuto ragione ugo la malfa che facendo di tutto per ritardare il passaggio alla televisione a colori, ricordate secam, forse premoniva il decadimento della sacralità carnale a opera della categoria emergente dei truccatori. Rosa rosa rosa, rosa a forma del sangue che si sparge, aulentissima voce sporca della vita e del teatro biondo, di buela e di quel persogeniaccio di franco scaldati e del gioco maledetto dell’io non ci sono. Rosa, voce da fiat ritmo turbo rossoferrari con cui fai solo incidenti, rosa da pugno chiuso non comunista ma di chi ce l’ha con il mondo, rosa-rachele quando imprechi contro il tuo dio. Rosa balistreri la trovo solo su internet, come un desiderio perduto, come una disabilità della televisione, di stato o commerciale poco importa, ho pensato alla sua faccia, negli ultimi anni cerchiata di occhiali giganti che non la nascondevano e quasi sembravano più grandi della sua bellissima faccia, non televisiva come quella di jacqueline bisset, sproporzionatamente più bella dei modelli e delle icone che governano le nostre percezioni visive oggi mille volte ristrette. Ricordo l’imbarazzo in bianco e nero di pippo baudo o, forse di qualche altro presentatore, per la sua figura. Davanti la platea rai claudio villa si sapeva difendere dalla immagine di nano antipatico ma superdotato, rosa no, e quando cominciava a cantare lui era un uomo, rosa solo una donna, perdippiù siciliana. Ma la voce è corpo, sostituisce tutti i corpi improbabili, la voce è ciato è odore dei piedi del neonato, li carnuzza tua ciauro fanno, che non ha ancora calzato le prime scarpine. La voce resta, è ciato dalla fossa.

Hanno due facce ma io non saprei dire quale delle due è più indecente dell’altra. Come dire fazio e litizzetto, una coppia che tu non sai chi è più dell’altro, uno con il suo sorriso stampino, stavo per scrivere una parolaccia, l’altra con la sua risata a inglutimento intelligente. Faccio da servitore e pulsantiere del mio telecomando stasera alla ricerca di una faccia che blocchi il mio pollice da un parkinsonismo indotto ma niente, gente. Niente facce che mi afferrino, niente facce che non sappiano di televisione, di sburrate al fard che nemmeno da morte imbalsamate, niente occhi che mi mangino. Magari antimodernisticamente avrà avuto ragione ugo la malfa che facendo di tutto per ritardare il passaggio alla televisione a colori, ricordate secam, forse premoniva il decadimento della sacralità carnale a opera della categoria emergente dei truccatori. Rosa rosa rosa, rosa a forma del sangue che si sparge, aulentissima voce sporca della vita e del teatro biondo, di buela e di quel persogeniaccio di franco scaldati e del gioco maledetto dell’io non ci sono. Rosa, voce da fiat ritmo turbo rossoferrari con cui fai solo incidenti, rosa da pugno chiuso non comunista ma di chi ce l’ha con il mondo, rosa-rachele quando imprechi contro il tuo dio. Rosa balistreri la trovo solo su internet, come un desiderio perduto, come una disabilità della televisione, di stato o commerciale poco importa, ho pensato alla sua faccia, negli ultimi anni cerchiata di occhiali giganti che non la nascondevano e quasi sembravano più grandi della sua bellissima faccia, non televisiva come quella di jacqueline bisset, sproporzionatamente più bella dei modelli e delle icone che governano le nostre percezioni visive oggi mille volte ristrette. Ricordo l’imbarazzo in bianco e nero di pippo baudo o, forse di qualche altro presentatore, per la sua figura. Davanti la platea rai claudio villa si sapeva difendere dalla immagine di nano antipatico ma superdotato, rosa no, e quando cominciava a cantare lui era un uomo, rosa solo una donna, perdippiù siciliana. Ma la voce è corpo, sostituisce tutti i corpi improbabili, la voce è ciato è odore dei piedi del neonato, li carnuzza tua ciauro fanno, che non ha ancora calzato le prime scarpine. La voce resta, è ciato dalla fossa.

Hanno due facce ma io non saprei dire quale delle due è più indecente dell’altra. Come dire fazio e litizzetto, una coppia che tu non sai chi è più dell’altro, uno con il suo sorriso stampino, stavo per scrivere una parolaccia, l’altra con la sua risata a inglutimento intelligente. Faccio da servitore e pulsantiere del mio telecomando stasera alla ricerca di una faccia che blocchi il mio pollice da un parkinsonismo indotto ma niente, gente. Niente facce che mi afferrino, niente facce che non sappiano di televisione, di sburrate al fard che nemmeno da morte imbalsamate, niente occhi che mi mangino. Magari antimodernisticamente avrà avuto ragione ugo la malfa che facendo di tutto per ritardare il passaggio alla televisione a colori, ricordate secam, forse premoniva il decadimento della sacralità carnale a opera della categoria emergente dei truccatori. Rosa rosa rosa, rosa a forma del sangue che si sparge, aulentissima voce sporca della vita e del teatro biondo, di buela e di quel persogeniaccio di franco scaldati e del gioco maledetto dell’io non ci sono. Rosa, voce da fiat ritmo turbo rossoferrari con cui fai solo incidenti, rosa da pugno chiuso non comunista ma di chi ce l’ha con il mondo, rosa-rachele quando imprechi contro il tuo dio. Rosa balistreri la trovo solo su internet, come un desiderio perduto, come una disabilità della televisione, di stato o commerciale poco importa, ho pensato alla sua faccia, negli ultimi anni cerchiata di occhiali giganti che non la nascondevano e quasi sembravano più grandi della sua bellissima faccia, non televisiva come quella di jacqueline bisset, sproporzionatamente più bella dei modelli e delle icone che governano le nostre percezioni visive oggi mille volte ristrette. Ricordo l’imbarazzo in bianco e nero di pippo baudo o, forse di qualche altro presentatore, per la sua figura. Davanti la platea rai claudio villa si sapeva difendere dalla immagine di nano antipatico ma superdotato, rosa no, e quando cominciava a cantare lui era un uomo, rosa solo una donna, perdippiù siciliana. Ma la voce è corpo, sostituisce tutti i corpi improbabili, la voce è ciato è odore dei piedi del neonato, li carnuzza tua ciauro fanno, che non ha ancora calzato le prime scarpine. La voce resta, è ciato dalla fossa.

Hanno due facce ma io non saprei dire quale delle due è più indecente dell’altra. Come dire fazio e litizzetto, una coppia che tu non sai chi è più dell’altro, uno con il suo sorriso stampino, stavo per scrivere una parolaccia, l’altra con la sua risata a inglutimento intelligente. Faccio da servitore e pulsantiere del mio telecomando stasera alla ricerca di una faccia che blocchi il mio pollice da un parkinsonismo indotto ma niente, gente. Niente facce che mi afferrino, niente facce che non sappiano di televisione, di sburrate al fard che nemmeno da morte imbalsamate, niente occhi che mi mangino. Magari antimodernisticamente avrà avuto ragione ugo la malfa che facendo di tutto per ritardare il passaggio alla televisione a colori, ricordate secam, forse premoniva il decadimento della sacralità carnale a opera della categoria emergente dei truccatori. Rosa rosa rosa, rosa a forma del sangue che si sparge, aulentissima voce sporca della vita e del teatro biondo, di buela e di quel persogeniaccio di franco scaldati e del gioco maledetto dell’io non ci sono. Rosa, voce da fiat ritmo turbo rossoferrari con cui fai solo incidenti, rosa da pugno chiuso non comunista ma di chi ce l’ha con il mondo, rosa-rachele quando imprechi contro il tuo dio. Rosa balistreri la trovo solo su internet, come un desiderio perduto, come una disabilità della televisione, di stato o commerciale poco importa, ho pensato alla sua faccia, negli ultimi anni cerchiata di occhiali giganti che non la nascondevano e quasi sembravano più grandi della sua bellissima faccia, non televisiva come quella di jacqueline bisset, sproporzionatamente più bella dei modelli e delle icone che governano le nostre percezioni visive oggi mille volte ristrette. Ricordo l’imbarazzo in bianco e nero di pippo baudo o, forse di qualche altro presentatore, per la sua figura. Davanti la platea rai claudio villa si sapeva difendere dalla immagine di nano antipatico ma superdotato, rosa no, e quando cominciava a cantare lui era un uomo, rosa solo una donna, perdippiù siciliana. Ma la voce è corpo, sostituisce tutti i corpi improbabili, la voce è ciato è odore dei piedi del neonato, li carnuzza tua ciauro fanno, che non ha ancora calzato le prime scarpine. La voce resta, è ciato dalla fossa.

Dal controllo della velocità alla segnalazione di un imminente pericolo. Sono gli Adas, i sistemi avanzati di assistenza alla guida che aumentano non solo la sicurezza, ma anche il comfort durante i viaggi in auto. Più o meno sofisticati, i principali strumenti Adas sono ormai di serie nelle auto più nuove, come quelle a noleggio. […]

Un aiuto concreto ai lavoratori per affrontare il carovita. Ma anche un modo per rendere più leggero il contributo fiscale delle aziende. Sono le novità introdotte dalla conversione in legge del cosiddetto decreto lavoro, tra cui figura una nuova soglia dell’esenzione fiscale dei fringe benefit per il 2023, portata fino a un massimo di 3mila euro. […]

Sono passati tre anni da quando un incendio ha distrutto l’impianto di selezione della frazione secca di rifiuti a Grammichele (in provincia di Catania) di proprietà di Kalat Ambiente Srr e gestito in house da Kalat Impianti. «Finalmente il governo regionale ci ha comunicato di avere individuato una soluzione operativa per la ricostruzione e il […]

«Era come avere la zip del giubbotto chiusa sopra e aperta sotto: ecco, noi abbiamo voluto chiudere la zip di questo giubbotto». Indispensabile se si parla di Etna, dove fa sempre fresco. È nato così CraterExpress, la nuova proposta che permette di raggiungere la vetta del vulcano a partire dal centro di Catania, con quattro […]

Leonardo Caffo, catanese. Fumettibrutti (Josephine Jole Signorelli), catanese. Fulvio Abbate, palermitano. La Sicilia contro Chiara Valerio. È la Sicilia, infatti, a essersi resa protagonista dell’abbattimento delle statue raffiguranti Chiara Valerio, iniziando la rivolta contro il regime amichettistico sotto il quale viviamo.Ricapitolando.Chiara Valerio, scrittrice, editrice, attivista, radiofonica, televisiva, premiata, capa assoluta di una certa parte del […]

Dodici mesi, 52 settimane e 365 giorni (attenzione, il 2024 è bisestile e quindi avremo un giorno in più di cui lamentarci). Un tempo legato da un unico filo: l’inadeguatezza. Culturale, innanzitutto, ma anche materiale, davanti ai temi complessi, vecchi e nuovi. Difficoltà resa evidente dagli argomenti che hanno dominato il 2023 siciliano; su tutti, […]

Il seme del cambiamento. Timido, fragile e parecchio sporco di terra, ma è quello che pare stia attecchendo in questi ultimi mesi, dopo i più recenti episodi di violenza sulle donne. In principio, quest’estate, fu lo stupro di gruppo a Palermo. In questi giorni, il femminicidio di Giulia Cecchettin in Veneto. Due storie diverse – […]

Mai come in campagna elettorale si parla di turismo. Tornando da Palermo con gli occhi pieni dei metri di coda – moltiplicata per varie file di serpentina – per visitare la cappella Palatina e qualunque mostra appena un piano sotto, lo stato di musei e beni archeologici di Catania non può che suscitare una domanda: […]

Riforme che potrebbero essere epocali, in termini di ricaduta sulla gestione dei territori e nella vita dei cittadini, ma che sembrano frenate dalla passività della politica. Sembra serena ma pratica- e soprattutto, attendista – la posizione di Ignazio Abbate, parlamentare della Democrazia Cristiana Nuova chiamato a presiedere la commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale siciliana. Quella […]

Dai rifiuti alla mobilità interna della Sicilia, che avrà una spinta grazie al ponte sullo Stretto. Ne è convinto Giuseppe Carta, deputato regionale in quota autonomisti, presidente della commissione Ambiente, territorio e mobilità all’Assemblea regionale siciliana. Tavolo di lavoro che ha in mano anche due leggi su temi particolarmente delicati: urbanistica e appalti. Con in […]

Dall’agricoltura alle soluzioni per il caro energia; dalle rinnovabili di difficile gestione pubblica allo sviluppo delle imprese bandiera del governo di Renato Schifani. Sono tanti, vari e non semplici i temi affidati alla commissione Attività produttive presieduta da Gaspare Vitrano. Deputato passato dal Pd a Forza Italia, tornato in questa legislatura dopo un lungo processo […]