Rubrica/Gli incontri particolari. A tu per tu con Carlo Michelstaedter

Dopo la stimolante chiacchierata con Jacques Derrida, siamo giunti nei pressi di Pirano e il mio sguardo si sofferma su un giovane che siede per terra in silenzio e contempla il mare. Mi avvicino: vedo il volto di un ragazzo assopito nei suoi pensieri. Si accorge della mia presenza, e quasi mi dispiaccio di aver disturbato la sua solitudine. I nostri sguardi si incrociano e mi accorgo di essere in presenza di un amico che non ho mai conosciuto.

La parola, stranamente, non riesce ad uscire dalle mie labbra che paiono serrate da una forte emozione. Si accorge di questo imbarazzo e, anticipandomi, chiede:

-“Chi sei”? .

– Ciao Carlo, io sono un viaggiatore che trascorre il suo tempo vagando e fermandosi a discutere con chi incontra per la sua via.

– “Come sai il mio nome”?, mi chiede.

– Vedi – rispondo – io sono un tuo grande estimatore, e non sono soltanto io a conoscerti, ma tantissimi atri studiosi e ragazzi come me e te. Il tuo pensiero si è diffuso rapidamente dopo la tua morte.

– “Davvero ? Dicevo bene allora che non è dalla durata che si misura la vita, ma dall’intensità”.

– Posso avere il piacere di discutere un po’ con te?

– “Va bene , ma scendiamo in spiaggia che il mare al tramonto merita di essere visto da lì”.

Annuisco e, insieme, dirigiamo i nostri passi verso la spiaggia.

– Carlo, io ho letto il tuo capolavoro e mi sono spesso chiesto come si riesce a diventare persuasi e ad allontanare la rettorica.

– “Se hai letto la mia tesi di laurea, dovresti sapere che, secondo il mio pensiero, l’unico modo per diventare persone persuase è volerlo. Dobbiamo essere noi stessi il centro, e soltanto così potremo vivere in modo autentico”.

– Potresti specificare meglio la differenza che, secondo te, esiste tra persuasione e rettorica?

– “Non è poi così complicato. Guardati attorno, ti accorgerai che la maggior parte delle persone vive una vita impregnata di ipocrisia, dettata dalle convenzioni, dai bisogni e da tutte quelle cose che gli altri ci impongono. Questa è una vita rettorica. Il persuaso invece ,vive in pienezza d’essere, e riesce a dare senza chiedere nulla agli altri, poiché egli non ha bisogno di nulla”.

– Quindi è possibile raggiungere la persuasione attraverso una vita ascetica e appartata?

– “Non proprio. Gli altri non devono essere esclusi .Ma prima di darci agli altri dobbiamo essere in noi stessi. Immagina di trovarti in mezzo al mare con onde altissime che possono travolgerti da un momento all’altro; è proprio questo il porto: il porto è la furia del mare. Soltanto attraverso l’attività potremo giungere alla pace. E quando parlo di attività, non intendo l’attività frenetica di chi sperpera la propria vita e crede di viverla appieno, ed invece è morto prima del tempo. La mia concezione di attività è riferita al permanere. Solo chi permane è”.

– Non sembra un gioco da ragazzi.

– “E infatti non lo è, ma bisogna tentare. E’ necessario abbandonare il deserto, e navigare per il vasto mare fino a non vedere più la terra ”.


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Dopo la stimolante chiacchierata con jacques derrida, siamo giunti nei pressi di pirano e il mio sguardo si sofferma su un giovane che siede per terra in silenzio e contempla il mare. Mi avvicino: vedo il volto di un ragazzo assopito nei suoi pensieri. Si accorge della mia presenza, e quasi mi dispiaccio di aver disturbato la sua solitudine. I nostri sguardi si incrociano e mi accorgo di essere in presenza di un amico che non ho mai conosciuto.

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