Il volto visibilmente smagrito, una polo alla moda e tanti baci indirizzati ai parenti che riempivano l’aula del palazzo di giustizia. Moisi Habilaj è tornato a piazza Giovanni Verga per assistere alla prima udienza preliminare del processo scaturito dall’operazione Rosa dei venti. Su di lui, detenuto nel carcere di Bicocca e parente dell’ex ministro albanese Saimir Tahiri, pende l’accusa di essere stato al vertice di un’organizzazione specializzata nel traffico di marijuana sulla rotta Albania-Catania. Business milionario che avrebbe seduto allo stesso tavolo anche i grossisti locali della canapa, attivi nelle forniture alle cosche mafiose. Insieme ad Habilaj dietro le sbarre dell’aula Famà anche Maridian Sulaj e Antonino Riela. Mischiati tra il pubblico gli altri imputati, compresi Fatmir Minaj e Angelo Busacca, quest’ultimo originario della provincia di Ragusa.
Tutti e 14 gli indiziati, a eccezione di Vincenzo Spampinato che ha puntato sul patteggiamento, hanno chiesto l’accesso al rito abbreviato che, se accolto dalla giudice Maria Cardillo, consentirebbe uno sconto nell’eventuale condanna di un terzo. La riserva però verrà sciolta soltanto nella prossima udienza, fissata per il 26 settembre 2018. Nel fascicolo del processo, su richiesta del pubblico ministero Andrea Bonomo, sono entrati anche i verbali d’interrogatorio che nei giorni scorsi hanno avuto come protagonisti Habilaj, Seiti e Sulaj. Tutti e tre sentiti, grazie a una rogatoria internazionale, da due magistrati della procura dei crimini gravi di Tirana. I togati del Paese dell’aquila bicipite sono arrivati a Catania per portare avanti un’inchiesta parallela che ha come protagonista proprio l’ex ministro dell’Interno Saimir Tahiri, cugino della banda degli Habilaj e più volte citato in alcune intercettazioni telefoniche, svelate in esclusiva da MeridioNews e finite agli atti dell’inchiesta Rosa dei venti.
Mentre resta latitante Florian Habilaj, non farà parte di questo filone processuale Nazer Seiti. Ritenuto il cassiere della banda specializzata nel traffico di droga e arrestato in Albania. Dopo alcuni mesi è stato estradato in Italia, portandosi dietro una lunga scia di polemiche. L’uomo, dato nelle scorse settimane in procinto di collaborare con la giustizia italiana – ipotesi poi smentita – si trova detenuto a Roma, nel carcere di Rebibbia.
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