Il nostro prof di liceo è stato a manifestare nella Capitale. Ecco la storia di una giornata particolare
Roma, un’alluvione di popolo
È stata un’alluvione di popolo, se avessimo un’informazione degna di questo nome le TV trasmetterebbero immagini dall’alto riprese da quegli elicotteri che hanno ronzato sulla testa dei manifestanti, si vedrebbe non un fiume ma un “bacino idrografico” di gente cha ha straripato invadendo Roma. I pullman che venivano dal nord sono rimasti bloccati, si sono formati cortei a partire dal raccordo anulare, ho ricevuto alle 12 la telefonata di amici provenienti da Pistoia che, lasciati i pullman, erano giunti a piazza Venezia e l’avevano trovata piena di manifestanti e tornavano indietro, altri, dalla Toscana, hanno raggiunto piazza del Popolo con un altro grande “affluente”, li ho sentiti a mezzogiorno: la piazza era strapiena e intanto la coda del corteo non era ancora partita.
Dovreste vedere su una mappa il percorso per capire che razza di faccia di bronzo ci vuole per sminuire questo corteo con le cifre “ministeriali”. Mi sono immerso nel fiume accelerando rispetto alla corrente ma era molto difficile andare avanti, il corteo era fittissimo, a piazza Barberini si slargava, poi si ingolfava in via Sistina, a Trinità dei Monti vedevi in basso quelli che passavano da piazza di Spagna. Ed era un bel popolo, una grande “forza tranquilla”, come si direbbe usando il celebre slogan di Mitterand, fatta di tutte le generazioni. Sono stato per un po’ dietro a uno striscione tenuto da tre bambine, c’era qualche problema con quella al centro perché anche a stirare le braccia in su non era lunga quanto la striscia di stoffa; e poi ti imbattevi nel gruppo di attempati dirigenti scolastici; ma l’ironia era ben distribuita in tutte le fasce.
La migliore: il grande cartello con scritto “Gelmini sarta subito” che mi ha fatto pensare al grande Troisi quando diceva di Mussolini: “ma se era per fare arrivare i treni in orario, non poteva fare il capostazione?”; in alternativa alla “sartificazione” molti proponevano l’immagine della “Beata Ignoranza”. Aggressività, rabbia: zero. Se posso azzardarmi a individuare gli affetti prevalenti direi: preoccupazione, determinazione, orgoglio; certo gli universitari hanno grinta: “Siamo l’onda che vi travolge” e scandiscono “se non cambierà lotta dura sarà” sulla metrica del celebre “ce n’est qu’un début…”, ma poi alternano con musica reggae o col propiziatorio Rino Gaetano: “Il cielo è sempre più blu”, e la pioggia infatti ci ha risparmiati! Clowneria ne ho vista poca, ma c’era un corpulento Obelix che prometteva di salvare i bambini dalla Gelmini, e c’erano alcune bande. Una di questa, di un gruppo UIL, suonava Bella Ciao, e gli universitari della Sapienza hanno scandito: “Siamo tutti antifascisti”, così il punto di riferimento per quanto riguarda i princìpi, marcato dal richiamo alla Costituzione presente in tanti cartelli, è chiaro e limpido.
Quando sono arrivato in Piazza del Popolo i comizi erano già finiti, l’onda colorata e fragorosa cominciava a rifluire spandendosi per le vie di Roma, si va via consapevoli che occorre resistere e durare, ma che è già un risultato storico, come ha detto dal palco Epifani: “La più grande manifestazione mai fatta sulla scuola”; teniamocela cara quest’unità realizzata attorno al diritto e all’esigenza di cultura, ricerca, istruzione, formazione, è un grande patrimonio.