Rivolte nei Paesi arabi, Sigonella si mobilita Prolungata l’interdizione per i voli civili

Il mondo islamico sta vivendo un periodo incandescente. Da quando si è diffusa la notizia che negli Stati Uniti d’America è stato girato un film, di cui alcuni spezzoni girano in rete,  in cui compare Maometto nelle vesti di un folle donnaiolo coinvolto in scene di sesso,  si è scatenata una serie di proteste, attentati, aggressioni e incendi.  A Bengasi, in Libia, nell’attacco nella sede di rappresentanza, è morto l’ambasciatore Chris Stevens. Il governo Usa ha dunque deciso l’evacuazione delle ambasciate di Tunisi e Khartoum, ordinando alle famiglie e al personale non essenziale di abbandonarle. Contemporaneamente molti uomini dei marines e dell’Fbi hanno raggiunto i Paesi in tumulto.

In questo contesto la base militare di Sigonella in Sicilia si ripropone come assoluta protagonista, confermandosi al centro dello scacchiere internazionale dei conflitti armati. È da qui infatti che partono mezzi e uomini militari per le guerre che interessano il sud del mondo, a cominciare dal Mediterraneo. Senza dimenticare i droni, gli aerei senza pilota di stanza già da anni a Sigonella capaci di aggressioni mirate. A causa dei droni viene periodicamente interdetto il volo civile nel vicino aeroporto Fontanarossa di Catania. Si ferma cioè il normale traffico aereo, quando gli aerei senza pilota entrano in attività. L’interdizione sarebbe dovuta essere limitata all’estate, concludendosi alla fine di questo mese. Tuttavia, afferma Antonio Mazzeo, giornalista e blogger specializzato, «è stata prolungata fino al prossimo novembre, probabilmente proprio a causa delle recenti tensioni nei Paesi arabi». E la situazione potrebbe complicarsi anche in vista della chiusura dello scalo di Fontanarossa, prevista tra il 5 novembre e il 5 dicembre.  La base di Sigonella dovrebbe accogliere una parte del traffico aereo civile. Ma un incremento dell’attività militare potrebbe nuovamente cambiare la situazione. «È a Sigonella che i Marines si organizzano e addestrano alle guerre nel sud del mondo e da oltre un anno soprattutto in Africa», spiega Mazzeo.

[Foto di Helena Eriksson]


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