Dieci idee da realizzare subito a costo zero (o quasi). E la proposta lanciata da alcune associazioni allamministrazione comunale in occasione degli Stati Generali, sabato 5 giugno. Un primo passo per dare inizio ad un percorso, rimandato troppo a lungo, di prevenzione e messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati a Catania, una delle città a più alto rischio sismico in Europa
Rischio sismico, «Rottamiamo la città»
Discutere dello sviluppo della città e della sicurezza dei cittadini: questo il tema dell’appena trascorso appuntamento con gli Stati Generali, sabato 5 giugno a Catania. Argomento dell’incontro, proposto con forza dalle associazioni CISPA “Giovanni Campo”, Città Insieme, Italia Nostra, Lipu, WWF Catania e Comitato Porto del Sole con una lettera aperta al Sindaco, è infatti il rischio sismico.
A prendere la parola per primo è il professore Francesco Martinico del CISPA che, fatto un breve excursus sui rischi antropici di Catania e la necessaria, eppure mancata prevenzione, fa una proposta: “rottamare”, come si fa per le automobili, quelle parti della città ad altissimo rischio crollo in caso di sisma. Si, perché «curare l’aspetto sismico significa non solo essere pronti all’emergenza ma anche guardare ad una città nuova, una Catania migliore che possa essere ridisegnata da capo», dice il professore. «Qui il 90% degli edifici è stato costruito intorno agli anni ’50-’60, quindi senza seguire alcuna norma di sicurezza antisismica». Catania viene dichiarata città a rischio sismico, infatti, solo nel 1981. Il tessuto urbano consta di un’altissima densità abitativa e pullula di edifici pericolanti o dalla struttura portante inadeguata. «Spesso sono proprio gli edifici in cemento armato ad essere estremamente fragili più di quelli in muratura. Edifici risalenti al ’60 fatti di calcestruzzo scadente e senza fondazioni dove le staffe non sono più abbastanza solide e le armature completamente degradate». In molti casi i costi di adeguamento sono superiori a quelli della ricostruzione per questo, continua Martinico, «bisogna avviare una riflessione seria su chi può pagare la “rottamazione” di queste strutture». Demolire quella parte di città che, oltre ad essere a rischio, andrebbe ristrutturata e ricostruirla adeguatamente, pensando a pianificare anche aree libere, luoghi di raccolta e riparo in caso di sisma, questa in sintesi la proposta del professor Martinico.
Seguendo le linee tracciate dalle mappe di pericolosità sismica, è poi il professore Michele Maugeri a intervenire sulla questione esponendo alla sala il “Progetto europeo”, analisi di sette diverse città tra cui Catania che, insieme a poche altre, vanta una menzione per aver raggiunto il massimo storico di intensità sismica col terremoto del 1693. «Tutto il mondo si preoccupa del rischio sismico a Catania e ne riconosce la pericolosità tranne Catania», soggiunge amareggiato il professore. «La sismicità si studia con le stazioni di rilevamento sismiche, strumenti che qua non abbiamo eppure in altre località a rischio, città del terzo mondo, esistono da tempo». Il primo rilevatore a Catania risale, infatti, al 1990 e solo qualche anno dopo ne fu aggiunto un altro, così racconta Maugeri. Poi ancora, sulle conoscenze a disposizione, aggiunge: «A Catania abbiamo un archivio immenso di dati mai utilizzati», riferendosi al noto “Censimento di vulnerabilità” per gli edifici pubblici e ai risultati del “Progetto Catania” per quelli privati.
Parole, queste di Martinico e Maugeri ribadite dallo stesso Paolo Maniscalco che, dal tavolo dei relatori, dice: «Non vogliamo fare la lezione a nessuno. Di molti temi si è discusso qui agli Stati Generali, ma permettetemi di dire che quello del rischio sismico non sarà forse più importante degli altri, ma di certo non è secondo a nessuno. Ecco perché abbiamo proposto che fosse inserito in calendario». Con tono deciso, rivolgendosi a tutti i presenti, Maniscalco sottolinea l’importanza fondamentale del lavoro di riduzione del rischio che va fatto prima che arrivi l’emergenza, specie in una città come Catania dove la lista degli interventi è lunga e difficile da attuare.
«Conosciamo la grave situazione del bilancio comunale, per questo – dice Maniscalco – abbiamo stilato un elenco di proposte su due livelli: alcune, raccolte in un decalogo, possono essere fatte subito e a costo zero e hanno anche valenza di sensibilizzazione». Tra questi: l’obbligo di istituire ed aggiornare un fascicolo per ogni edificio pubblico, la revisione dei regolamenti condominiali per gli edifici privati, la verifica biennale del Piano comunale di Protezione Civile, la pubblicazione e diffusione dei dati di vulnerabilità, l’attuazione di campagne informative sui comportamenti da tenere in caso di emergenza. «Altre invece necessitano di un grosso ma doveroso sostegno finanziario. Per queste, infatti, bisognerà chiedere il sostegno del governo nazionale e regionale». L’oro di Catania è stato e può essere ancora l’edilizia. L’idea cui fa seguito Maniscalco è quindi quella di ridare fiato al mercato edilizio catanese e alle finanze della città investendo sul «processo fisiologico di sostituzione del tessuto urbano inadatto» e mettendo in sicurezza tutti quegli edifici – beni culturali e sociali come scuole ed ospedali – che hanno bisogno di un intervento immediato. «Mi auguro che la discussione iniziata in questa sede possa continuare con chi di dovere e prendere forma concreta, magari organizzando dei gruppi di lavoro che progettino un nuovo piano regolatore, comprendente queste direttive. La natura ci ha dato degli anni di tregua e noi non li abbiamo utilizzati bene. Cerchiamo adesso di recuperare, ne vale della nostra città, della nostra sicurezza».
E’ Salvo Messina, vice presidente del GGIA (Gruppo Giovani Imprenditori ANCE Catania), a confermare poi la difficile situazione cui versa il mercato delle costruzioni. «L’economia catanese si basa essenzialmente sul mattone ma anche questo, ormai, è in crisi. In termini di sicurezza si può pensare ad una convenzione con i privati che vogliono risanare il proprio immobile attraverso degli incentivi», riprendendo il discorso iniziale del professore Martinico. «Perché non pensare, poi, ad un capitale misto di salvaguardia del tessuto urbano unendo le forze e decidendo cosa e come agire. E allora facciamolo questo piano decennale!».
Giovani e meno giovani ci stanno, sono pronti alla sfida per una grande opera: «rottamare quella Catania che altrimenti verrebbe giù col terremoto», ancora una volta le parole di Maniscalco.
Quasi a termine dell’incontro, poi, gli interventi delle varie associazioni volti a esporre le proprie proposte e la parola al sindaco Raffaele Stancanelli, arrivato per portare i saluti: «Prendo qui un impegno formale di massima disponibilità. Tutte le vostre proposte saranno oggetto di discussione in consiglio comunale. Posso già dire che, per quanto riguarda i primi interventi, quelli a costo zero, daremo da subito il nostro contributo».
Parole, queste di Stancanelli, cui si legano le conclusioni di Claudio Longo, segretario generale FILLEA CGIL (lavoratori edili) che, ribadendo l’importanza dei temi affrontati e la necessità, anche in tempo di crisi, di non trascurare rischi di questo genere, si lascia sfuggire una nota critica: «Più di una volta abbiamo avuto l’impressione che gli Stati Generali, univocamente convocati dal Sindaco, siano stati incontri fini a se stessi. Tuttavia speriamo, almeno questa volta, di sbagliarci».