«Duemila euro buttati per fare mangiare una pizza a quattro spacciatori a Trapani.. e sì e no ci hanno portato 30 voti». Era furioso l’ex senatore Nino Papania mentre veniva intercettato durante un confronto con il suo autista il 13 ottobre del 2022. Le elezioni regionali in Sicilia si erano tenute da meno di un mese e il candidato del politico trapanese, Angelo La Rocca, aveva raccolto appena 3361 preferenze. Un bottino esiguo per assicurarsi un seggio all’Assemblea regionale. Il tutto, e di questo ne sono convinti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, nonostante l’appoggio di alcuni influenti personaggi della famiglia di Cosa nostra di Alcamo. L’indagine, condotta dalla Squadra mobile di Trapani e di Palermo, ha portato alla notifica di dieci misure cautelari e tra coloro che sono finiti in carcere c’è proprio Papania. Un passato da senatore del Partito democratico e un presente da esponente di punta, in provincia di Trapani, del Movimento per l’Autonomia dell’ex governatore Raffaele Lombardo. In mezzo processi, ombre e l’esclusione nel 2013 dalle liste del Pd per le politiche. (Leggi il profilo di Nino Papania).
Nell’inchiesta, ribattezzata Irene, Papania è accusato di voto di scambio politico-mafioso. Soldi – secondo la procura 2000 euro – in cambio di consensi. A fargli da galoppino, secondo le accuse, sarebbe stato il presunto mafioso Giosué Di Gregorio, mentre nel ruolo di intermediario si sarebbe mosso l’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, già arrestato nel maggio 2016, più volte finito sotto processo e candidato nel 2012 con il movimento Il Megafono dell’ex presidente della Regione Rosario Crocetta. Il 4 settembre 2022, quando mancavano pochi giorni alle elezioni, gli inquirenti documentano un incontro tra Di Gregorio e l’ex vicesindaco. Un confronto durato circa 30 minuti che la polizia non riesce a intercettare perché, come spesso accade, i telefoni vengono lasciati a casa. La ragione di quel faccia a faccia però viene comunque ricostruita grazie a un colloquio tra il presunto mafioso e il fratello: «Dobbiamo votare a questo… Giovanni (nome del fratello di Di Gregorio, ndr)… il senatore mi ha preparato 2000 euro, che mi darà mercoledì… Papania… hai capito?».
Soldi che poi, almeno secondo la ricostruzione dei magistrati, sarebbero stati consegnati con un acconto da lì a breve. A parlare, con i propri familiari, è sempre Giosué Di Gregorio: «Neanche li ho contati – spiegava – questo, dice, è un acconto. Poi in questi giorni mi porta un’altra cosa». Trenta banconote da 50 euro che il fratello dell’indagato si offrì di gestire per controllare la tendenza del presunto boss a spendere i soldi: «Ti do venti euro al giorno», gli diceva. Di Gregorio sembrava però più attento alla ricerca dei voti, anche all’interno del proprio nucleo familiare. «Tuo padre e tua madre me lo fanno il favore… per questa politica… di dare il voto a chi dico io?», chiedeva alla compagna. «Non ne devono avere loro impegni, perché con il senatore siamo amici».
Il 21 settembre – a quattro giorni dalle elezioni regionali – Di Gregorio raduna elettori e simpatizzanti al ristorante La Pergola. Una cena alla quale avrebbe preso parte anche Perricone, l’ex vicesindaco di Alcamo, e il candidato nella lista Popolari e autonomisti Angelo La Rocca (non coinvolto nell’inchiesta, ndr). «Lui è il pupillo di Nino…Papania – diceva al termine del banchetto Di Gregorio – deve salire, mi interessa a me. Sia per la politica sia perché abbiamo a uno a bussare a casa ci vado e gli dico “oh… ti sei dimenticato del discorso?“». L’esito delle urne però non ammette interpretazioni, il seggio non scatta e per La Rocca arriva la sconfitta nonostante sia il più votato nella lista dei Popolari e autonomisti in provincia di Trapani. La compagine dell’ex governatore Lombardo raggiunge infatti un risicato 9 per cento.
Destinatario di invettive e insulti di Papania è l’ex vicesindaco di Alcamo. Apostrofato come «uno scienziato della politica». «Ha 50 anni che fa politica – continuava intercettato l’ex senatore del Pd – e non riesce a raccogliere 200 voti ad Alcamo. Però poi scassi la minchia ogni minuto». Titoli finali di una storia che sembra concludersi con una sorta di auto-profezia a livello personale in cui il politico rimpiange il passato e certi rapporti poco trasparenti. Insomma quello che racchiude nell’espressione «il mondo collaterale di una volta» che, «per quanto deprecabile, un suo senso ce l’aveva… mentre ora, matri mia (mamma mia, ndr) corri il rischio di farti solo del male e basta». «Anche a salutarli», aggiungeva il fidato autista del politico.
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