Rifiuti, sequestro agli ex vertici di Tirrenoambiente Fatture false e affidamenti illeciti, i nomi coinvolti

Un sequestro da quattro milioni di euro agli ex vertici della Tirrenoambiente spa, la società a partecipazione pubblica che ha gestito la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, al centro di numerose indagini. Sotto accusa finiscono otto persone, ma il sequestro è a carico di quattro di loro: Giuseppino Innocenti, Giuseppe Antonioli, Rosario Carlo Noto La Diega e Francesco Cannone. In totale sono stati denunciati due rappresentanti legali della Tirrenoambiente per il reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sei rappresentanti legali delle società incaricate di svolgere le prestazioni per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti. 

Secondo la Procura di Messina che ha svolto le indagini, tra il 2011 e il 2013 le casse della società sono state svuotate mediante un complesso sistema di false fatturazioni e che parte del denaro illecitamente fuoriuscito è rientrato nelle tasche degli ex vertici dell’azienda attraverso società in cui gli stessi rivestivano importanti cariche sociali. L’inchiesta prende le mosse da una verifica fiscale eseguita dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Messina nei confronti della Tirrenoambiente.

In particolare grazie all’attività di verifica fiscale è stato riscontrato che la società avrebbe fatto ricorso sistematicamente all’affidamento diretto di lavori, servizi e forniture rivolgendosi o ad aziende riconducibili alle quattro persone colpite dal sequestro. Queste società, nella maggior parte dei casi, erano allo stesso tempo clienti della Tirreno, perché ricevevano commesse e appalti, e soci della Tirreno, in quanto membri della componente privata (il 49 per cento) dell’impresa. 

In particolare Francesco Cannone, ex presidente del cda di Tirreno, è accusato di uso di fatture false; Giuseppino Innocenti è stato amministratore delegato di Tirreno ma anche rappresentante legale della Edera Ambiente; Rosario Carlo Noto La Diega, ex membro del cda di Tirreno ed ex rappresentante della Gesenu; mentre Giuseppe Antonioli, ex amministratore delegato di Tirreno, è stato rappresentante della società Osmon (quest’ultima non fa parte della compagine sociale di Tirreno, ma sarebbe comunque coinvolta nel giro di fatture false). Dalla Finanza di Messina sottolineano il calibro dell’ingegnere Noto La Diega, 78enne, più volte finito al centro di inchieste giudiziarie sui rifiuti in giro per l’Italia e considerato uno dei più importanti imprenditori del settore dei rifiuti. La società umbra di cui è stato rappresentante, la Gesenu, ha gestito per alcuni anni anche la raccolta e lo smaltimento nell’intero Ato Messina 2. 

Gli altri quattro denunciati, non colpiti da misura di sequestro, sono Antonio Crisafulli, ex presidente del cda di Tirreno; Pietro Cesaro e Pietro Gelfi, rappresentanti legali di altre due società coinvolte nel giro di fatture false; e Silvio Gentile, ex amministratore delegato di Gesenu.

In totale sarebbero state emesse fatture false per operazioni inesistenti per oltre tre milioni di euro. Tra le operazioni falsamente documentate ci sarebbero servizi di supervisione e di controllo della gestione o attività di consulenza che non sono risultati provati da nessun documento che attesti l’effettuazione dell’incarico, ad esempio: corrispondenza informativa, verbali di sopralluoghi, atti di controllo e verifica, rapporti o relazioni tecniche.

Su alcuni servizi di fornitura della discarica è stato accertato l’affidamento diretto da parte della Tirrenoambiente, «in violazione – sottolinea la Finanza – delle norme sull’evidenza pubblica e con l’applicazione di percentuali di ricarico sulla fornitura di materiali e la prestazione di servizi fuori da ogni logica commerciale». Secondo gli investigatori, questo sistema ha consentito, da un lato, alla Tirrenoambiente di abbattere i costi di gestione attraverso la contabilizzazione nelle dichiarazioni Iva e, dall’altro, alle società emittenti di accaparrare illecitamente denaro pubblico. Il provvedimento di sequestro, che nasce da un’indagine della Procura di Messina coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, è stato emesso dal gip Simona Finocchiaro. 


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