Al centro di una rete di partecipazioni societarie c'è Gesenu, azienda umbra riconducibile a Manlio Cerroni, proprietario della discarica romana di Malagrotta. La società ha una quota del consorzio Simco, del quale faceva parte anche la Oikos. Tra i suoi dipendenti, presunti affiliati al clan Santapaola
Rifiuti: i legami tra Catania, Roma e Perugia Interdittiva antimafia sull’asse Sicilia-Umbria
Un filo rosso collega Catania, Roma e Perugia. Un asse fatto di partecipazioni societarie in aziende che si occupano di raccolta e gestione dei rifiuti. Ma nelle quali si intrecciano l’ombra di Cosa nostra e diverse interdittive antimafia. Il legame finito al centro delle indagini è quello che lega Gesenu – azienda umbra con alcune sedi anche nella provincia etnea – al consorzio Simco, che per anni ha controllato la raccolta della spazzatura nella provincia di Catania e legato all’Ato Simeto ambiente ormai in dismissione.
Il consorzio Simco
Tutto inizia a fine ottobre 2015, quando la prefettura di Perugia revoca le certificazioni antimafia a Gesenu. Uno dei motivi è la partecipazione dell’azienda al consorzio Simco, anch’esso interdetto dalla prefetta catanese Maria Guia Federico una prima volta a ottobre 2014. Misura confermata, dopo il ricorso dell’ente, ad agosto 2015. Del consorzio fanno parte anche Dusty, Mosema (che gestisce i servizi ambientali a Mascalucia) e, fino al dicembre 2014, Oikos. Quest’ultima, di proprietà della
famiglia Proto, secondo la prefettura umbra ha un ruolo centrale nel consorzio, che condivide la sede di Motta Sant’Anastasia con Oikos. L’amministratore Domenico Proto è coinvolto nel processo Terra mia e sia l’azienda che la discarica mottese di contrada Valanghe d’inverno sono sotto gestione prefettizia. A oggi la misura interdittiva disposta nei confronti del consorzio Simco non risulta impugnata. Ma il 7 ottobre, intanto, i soci deliberano lo
scioglimento e la liquidazione.
I nomi catanesi sospetti
Ma a pesare sulla revoca dei permessi a Gesenu ci sono anche 29 nomi sospetti di dipendenti, alcuni dei quali impiegati nelle sedi dell’azienda umbra a Gravina e Temestieri etneo. Oltre il cinque per cento del personale, accusato a vario titolo e condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e rapina, secondo un report di maggio 2015 dei carabinieri etnei. Quattro lavoratori sono accusati di far parte del clan Santapaola. Toni Bacciulli, Ignazio Crisafulli e Mario Crisafulli sono stati coinvolti nelle operazioni antimafia Plutone 1 e 2. Vito Romeo è stato condannato in primo grado per tentata estorsione in concorso. L’accusa è di aver cercato di imporre il pagamento di tremila euro per la sorveglianza di due cantieri di Mosema a Mascalucia. I quattro, almeno fino al 31 luglio, secondo le informazioni delle prefetture, erano ancora dipendenti Gesenu.
Il processo sulla gestione dell’isola ecologica di Massannunziata
Ed è proprio Mosema (Mongibello servizi Mascalucia) l’altra azienda che lega Gesenu al Catanese, con una partecipazione al 40 per cento, insieme ai Comuni di Mascalucia e San Gregorio. La società gestisce l’isola ecologica di Massannunziata, un servizio sul quale indagano i magistrati che un anno fa hanno chiesto il rinvio a giudizio di 14 persone per associazione a delinquere e traffico illecito di rifiuti. Si tratta di amministratori e tecnici di Mosema e Gesenu che avrebbero trasportato i rifiuti con false autorizzazioni e li avrebbero smaltiti in siti non idonei.
I legami con Malagrotta
Ma Gesenu risulta legata a doppio filo anche con la discarica di Malagrotta, a Roma. L’azienda umbra è partecipata al 45 per cento dal Comune perugino e al 45 per cento da una società riconducibile alla famiglia di Manlio Cerroni, proprietario dell’impianto considerato tra i più grandi d’Europa e arrestato nel gennaio 2014. Il restante dieci per cento è affidato a Rosario Carlo Noto La Diega, ritenuto braccio destro di Cerroni. Noto La Diega, inoltre, conta diverse partecipazioni societarie in Sicilia: nella Mosema di Mascalucia, nel consorzio Simco e anche nella messinese Tirreno Ambiente. Gesenu ha a sua volta il dieci per cento di quote di Tirreno Ambiente. Quest’ultima azienda, proprietaria della discarica sequestrata di Mazzarrà Sant’Andrea, nel Messinese, è al centro di un’altra inchiesta giudiziaria che ha portato anche all’arresto del primo cittadino del Comune mazzarrese.