Sversano rifiuti pericolosi nei fiumi del Messinese, 59 indagati: «Hanno rovinato un patrimonio naturalistico»

I carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto (in provincia di Messina), di Terme Vigliatore e Merì, stanno procedendo alla notifica degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei 59 indagati nell’operazione per la tutela ambientale del 29 settembre. Quando i militati hanno eseguito i sequestri preventivi di 14 autocarri, del valore complessivo di oltre un milione di euro, appartenenti a diverse ditte della zona, e la misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali per la durata di un anno a carico del titolare di un’impresa.

Le indagini, coordinate dalla procura di Barcellona Pozzo di Gotto, hanno fatto emergere condotte illegali che hanno provocato uno scempio del territorio con la riduzione dei torrenti, sottoposti a vincolo
paesaggistico
e largamente prosciugati per lunghi periodi dell’anno, a una vera discarica, facendone oggetto di una selvaggia aggressione ambientale. Gli indagati, con più condotte ripetute nel tempo e documentate dal maggio al dicembre del 2022, in più punti dei torrenti, in assenza di alcuna autorizzazione, avrebbero portato e sversato nei greti dei fiumi rifiuti di vario tipo, anche pericolosi e in particolare scarti delle attività di impresa, tra cui materiale edile, in ferro, legno, fino ad arrivare a derivati della lavorazione di alimenti o prodotti da animali da allevamento.

In alcuni casi, i rifiuti, dopo essere abbandonati, sarebbero stati incendiati, con fiamme che hanno prodotto un’intensa nube di fumo e che non si sarebbero propagate solo grazie alle non favorevoli condizioni metereologiche. I provvedimenti di oggi sono scaturiti a conclusione di due distinti procedimenti penali e vedono gli indagati iscritti a vario titolo per i reati di realizzazione di discarica abusiva, combustione illecita di rifiuti, abbandono di rifiuti e deturpamento beni naturali. «Totalmente insensibili alla salvaguardia del patrimonio naturalistico nel cui ambito pure loro vivono e operano», così li ha descritti il giudice per le indagini preliminari. Gli indagati sarebbero stati spinti solo a «non seguire le procedure previste per lo smaltimento dei rifiuti per non affrontarne i costi. Così rovinando, in maniera che appare irreversibile, un patrimonio naturalistico che appartiene all’intera collettività».

In particolare, tra gli indagati, ci sono anche numerosi privati residenti della zona che sono stati sorpresi dalle telecamere predisposte dai carabinieri, mentre, utilizzando le proprie auto, gettavano rifiuti di natura domestica. Questi ultimi risponderanno dei reati di abbandono di rifiuti, le cui pene variano dai sei mesi a due anni di reclusione.


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