Rifiuti Aci Catena, le minacce di morte a Maesano L’intrigo dei rapporti tra politica, cosche e imprese

«La guerra porta guerra, chiunque vinca perde con la guerra. Dobbiamo stare in pace con tutti, dobbiamo lavorare tutti». Ad Aci Catena, però, la guerra si stava quasi per fare. O almeno di questo sono convinti gli uomini della Dia, che oggi hanno arrestato, su disposizione della gip Anna Maria Cristaldi, 16 persone nell’ambito dell’operazione Gorgoni. L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia ha puntato i riflettori sul fitto intreccio che si sarebbe creato tra la criminalità organizzata, gli imprenditori del settore rifiuti e i politici locali. Un ginepraio in cui trovano spazio da una parte la seduzione del denaro, dall’altra la violenza. Promessa, ma non per questo meno efficace. Perché a scendere in campo nel centro dell’Acese sarebbero stati i clan Cappello – guidato da Massimiliano Salvo – e Laudani, il cui riferimento sul territorio sarebbe stato Lucio Pappalardo.

La mafia, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto da cuscinetto tra l’imprenditore Vincenzo Guglielmino, titolare della E.F. Servizi Ecologici, e forse – l’ordinanza di custodia cautelare non approfondisce a sufficienza questo aspetto – Rodolfo Briganti, amministratore delegato della Senesi spa, arrestato con la sola accusa di corruzione. L’intento delle cosche, ancora una volta, sarebbe stato quello di affermare il proprio potere e riempire le casse delle famiglie. Come? Attraverso le tangenti che le ditte sarebbero state ben disposte a pagare, consapevoli che questo rappresenterebbe il modo migliore per continuare a operare indisturbati. A questo puzzle, però, manca ancora un pezzo: la politica. Ed è qui che torna la figura di Ascenzio Maesano, l’ex sindaco di Aci Catena arrestato il 10 ottobre 2016 e già condannato in primo grado a quattro anni per una storia di corruzione che, qualora le accuse di oggi dovessero essere confermate, si rivelerebbe soltanto un dettaglio di un quadro ben più torbido. 

Stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti, l’allora primo cittadino sarebbe stato «parte attiva di un meccanismo ben rodato che lo vedeva scendere a patti con alcuni imprenditori e con le famiglie mafiose di riferimento con cui interloquiva in una posizione paritaria, perseguendo un proprio tornaconto». Nello specifico Maesano si sarebbe trovato da una parte a fronteggiare le richieste sempre più insistenti di Guglielmino. Che, indispettito dal mancato rispetto della presunta promessa di un rientro della Ef Servizi Ecologici nella gestione dei rifiuti (dopo la cessazione dell’interdittiva antimafia), sarebbe stato pronto a fare valere la vicinanza ai Cappello pur di ottenere quanto preteso. Dall’altra, il politico avrebbe accolto le avances di Briganti che, tramite il giornalista e addetto stampa della Senesi Salvo Cutuli, avrebbe dato la propria disponibilità ad assumere otto operai e non avrebbe esitato a promettere a Maesano lauti contributi economici per la campagna elettorale delle Regionali (progetto poi tramontato in seguito all’arresto). Il tutto in cambio della cancellazione delle sanzioni comminate per i disservizi registrati, multe che avrebbero potuto pregiudicare la partecipazione ad altre gare. Una promessa che Maesano avrebbe fatto ma – sottolineano gli inquirenti – senza mantenerla.

In questa storia avrebbe avuto un ruolo di primo piano anche l’allora vicesindaco Giovanni Grasso, di recente candidatosi alle Regionali con la lista Diventerà bellissima. Anche lui, non coinvolto nel blitz di ieri, sarebbe stato tra i beneficiari delle prebende che Guglielmino avrebbe elargito in passato. A raccontarlo è lo stesso imprenditore intercettato in auto: «Ora 5000, prima erano 3000, ora sono diventati 5000: 3500 al sindaco, 1500 al vicesindaco», dice il 63enne parlando con Raffaele Scalia, ritenuto l’intermediario con i Cappello. È il 9 gennaio 2016 e ad Aci Catena da qualche settimana l’aria è tesa. Il motivo va ricercato in quanto accaduto nella seconda metà del 2015, quando nel centro catenoto è tutto pronto per la gara d’appalto settennale. Un affare da una decina di milioni di euro. 

A partecipare a quel bando sono sia Ef Servizi Ecologici che Senesi, con la prima ad avere la meglio. Ma fino a maggio: a metà mese, infatti, un’interdittiva antimafia alla società di Guglielmino ribalta il verdetto, lasciando campo aperto alla Senesi. Due mesi e cambia tutto nuovamente: a luglio anche per la ditta di Briganti arriva la scure prefettizia per presunte infiltrazioni mafiose. Da quel momento la disputa approda nelle aule dei tribunali amministrativi, che con il tempo riabilitano entrambe le imprese. Nel frattempo, ad Aci Catena i rifiuti continuano a essere raccolti: a farlo è la Senesi che ottiene dal Comune proroghe trimestrali motivate dall’esigenza di garantire l’igiene nella città. In tal senso, è a fine dicembre, nell’imminenza di una nuova scadenza, che Guglielmino inizia a capire che Maesano e Grasso sarebbero intenzionati a prolungare il rapporto con Briganti.

A quel punto, secondo i magistrati, l’imprenditore etneo sarebbe stato in procinto di chiedere una risoluzione violenta della questione. Soluzione che però Guglielmino, alla fine, avrebbe preferito scongiurare. «Come dici tu, anche se vinci e poi uno fa la guerra, si perde lo stesso», avrebbe detto Pippo Castro a Guglielmino. Il primo è un dipendente comunale e uomo di fiducia, a cui Guglielmino avrebbe affidato il ruolo di intermediario con l’ente locale e la cosca dei Laudani. I due tirano in ballo la volontà di Massimiliano Salvo di trovare un modo pacifico per perorare la causa della Ef. La pazienza, tuttavia, a gennaio 2016 sarebbe stata agli sgoccioli: «I due (Guglielmino e Scalia, ndr) si incontravano per recarsi presso l’autorimessa dove erano attesi da Massimo Salvo e da Pietro Garozzo – scrive il gip -. La discussione afferiva sempre all’appalto del servizio di raccolta del comune di Aci Catena, di cui Salvo avrebbe dovuto discutere con Pappalardo». La trattativa sarebbe stata necessaria, ma avrebbe avuto una fase di stallo, e Guglielmino avrebbe avuto «la convinzione» che il clan Laudani avesse «interesse a sostenere la Senesi». E con loro anche Maesano accusato di avere trovato una «sucalora» (fonte di guadagno, ndr) nella ditta di Briganti. 

Il possibile scontro tra i clan viene tuttavia scongiurato e a marzo sono gli stessi Laudani a consigliare a Maesano di passare il servizio a Ef. «I catanesi sono male combinati, ti vogliono fare due buchi intesta», è il messaggio che viene recapitato al primo cittadino. Il quale risponde dicendosi pronto a denunciare «se mi toccate». Guglielmino però commenta: «Se ci denuncia escono tutte cose a galla». A quel punto il sindaco, in un successivo incontro, avrebbe ammesso che l’imprenditore aveva ragione e che l’amministrazione aveva fatto «supecchierie (angherie)» e, per questo, «se gli dobbiamo dare i soldi glieli diamo». Il politico si sarebbe sentito replicare – stando al racconto di Guglielmino – «ma siete in condizioni di fare angherie?». Nonostante tutto per i magistrati Maesano avrebbe continuato a non venire incontro alle richieste, mantenendo il filo diretto con la Senesi. A fronte delle promesse relative all’assunzione dei lavoratori e del contributo per la campagna elettorale, ma anche dei benefici che l’esponente dei Laudani Carmelo Pavone, detto Melo l’africano, avrebbe ottenuto dalla locazione degli spazi dove posare i mezzi dell’impresa marchigiana. 

Nel frattempo i mesi passano e il pensiero va alle Regionali che, pur essendo fissate per la fine dell’anno successivo, sono un obiettivo da preparare con attenzione. A parlare di politica sono un po’ tutti: da Guglielmino e Scalia che intercettati raccontano dei presunti interessamenti di Grasso affinché Maesano riesca a essere eletto, così da potere avere spazio per la candidatura a sindaco nelle amministrative 2017, a Cutuli che, come detto, avrebbe fatto capire al primo cittadino che la scelta migliore era venire incontro alle proposte di Briganti, così da avere una spalla economica per arrivare all’Ars. Alla base di tutto, però, c’è sempre il consenso del popolo che passa anche dalla capacità di dare lavoro ai cittadini. Un obiettivo che Maesano rivendica a Briganti, nel corso di una conversazione captata dalle cimici della Dia. L’ex sindaco fa riferimento alla presunta vicinanza tra gli operai assunti e alcuni esponenti politici locali: «Perché ne ha uno il vicesindaco, un altro il suo compagno di partito, un altro ce l’ha un consigliere, un altro ce l’ha un altro consigliere, un altro un assessore». Al che l’imprenditore marchigiano replica: «A posto, tutti contenti». In realtà non sarebbe stato proprio così: Guglielmino, infatti, avrebbe continuato a reclamare il proprio spazio ad Aci Catena. Nell’ordinanza, però, non compare più. Anche se la cronaca dice che alla fine l’affidamento della raccolta dei rifiuti nel centro dell’Acese è tornato realmente alla Ef Servizi ecologici


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