«Siamo due persone interessate ad affittare la casa». Fin qui, tutto bene. Specie se una delle due persone ha un contratto a tempo indeterminato che la rende una perfetta inquilina. I problemi, per Elena e Laura (nomi di fantasia, ndr), iniziano quando si scopre che le due persone sono due donne, compagne di vita. Succede […]
Foto di Sinitta Leunen
Rifiuta di affittare casa a una coppia di donne. La denuncia delle ragazze: «Paghiamo come tutti, perché ghettizzarci?»
«Siamo due persone interessate ad affittare la casa». Fin qui, tutto bene. Specie se una delle due persone ha un contratto a tempo indeterminato che la rende una perfetta inquilina. I problemi, per Elena e Laura (nomi di fantasia, ndr), iniziano quando si scopre che le due persone sono due donne, compagne di vita. Succede a Catania – ma non solo – dove Elena, 25 anni, impiegata nel settore commerciale di un’azienda etnea, si è vista negare persino la possibilità di visionare un immobile a causa del suo orientamento sessuale. «E il suo compagno che fa nella vita?», chiede la padrona di casa durante la telefonata preliminare. «Compagna…», risponde Elena, cominciando a presagire il peggio. «Mi spiace, non concepisco due donne che stanno insieme», il riassunto della reazione.
Elena e Laura, qualche anno più grande di lei, convivono già da qualche mese in un piccolo monolocale, troppo stretto per le loro esigenze. Così, come migliaia di coppie siciliane, cominciano a spulciare siti di annunci alla ricerca di uno spazio più grande e ben collegato con i mezzi. Proprio come quello dell’annuncio visto da Elena, che contatta l’inserzionista tramite la piattaforma online. «La padrona di casa mi propone subito di sentirci per organizzare un incontro nel pomeriggio». La telefonata tra le due scorre tra le solite presentazioni e rassicurazioni economiche. Fino alla domanda sul lavoro del compagno di Elena. «A quel punto mi sono sentita costretta a uscire allo scoperto e ho corretto in compagna», racconta la ragazza. Ricevendo in risposta un sospirato «Ah, compagna…», seguito da un più chiaro: «Mi dispiace, ma io non affitto a persone dello stesso sesso». Che stanno insieme, sottinteso. «Ho subito risposto che era una discriminazione, perché siamo due persone paganti e il resto non dovrebbe importare», continua Elena. Ma la signora insiste: «Eh, lo so, ma il mondo è bello perché la pensiamo diversamente. Io non concepisco due donne che stanno insieme, il Signore ha creato uomo e donna…». È qui che la ragazza smette di ascoltare. Prova a ribattere, ma capisce che è inutile e dice addio alla possibile casa.
«Ero delusa e arrabbiata – racconta a MeridioNews – E in fondo, con persone del genere, sarei io stessa a non voler avere a che fare, neanche come padroni di casa. Perché si può pensarla diversamente, ma nel rispetto degli altri». Rispetto che ancora, davanti alle scelte sul proprio orientamento sessuale, non può darsi per acquisito. «La mia compagna mi ha detto subito di non prendermela, di lasciar perdere chi non capisce, ma io ero e sono turbata – si sfoga Elena – So perfettamente che capitano anche cose molto più gravi, ma quando succede una cosa così, e capita a te, capisci davvero quanta strada c’è ancora da fare». Per sentirsi tutelati e nella piena disponibilità di esercitare i propri diritti. Come quello di affittare una casa. «Io invece mi sono sentita ghettizzata, non ho un’altra parola per esprimerlo».
Con l’attuale padrone di casa, il problema non si è mai posto: «Non avevamo specificato, ma lui ha capito e un giorno ci ha chiesto del nostro rapporto, con semplicità». Adesso, però, ci vorrà forse un po’ di tempo per recuperare la fiducia in un normale progetto di vita: «Al momento siamo un po’ scoraggiate – ammette la giovane – e non abbiamo avviato altri contatti. Ho paura di ricevere un’altra delusione». Ma una cosa Elena l’ha imparata: «La prossima volta userò i messaggi, di cui almeno resta prova, oppure registrerò la telefonata». Come consigliato dai legali dell’associazione Arcigay, a cui si è rivolta per provare ad avere giustizia. «Io non ci avevo pensato, finora non credevo fosse necessario – conclude – Ma è andata così e mi fa ancora tanta rabbia».