Revocato in appello il fallimento di Finaria spa Nessun riflesso su cessione del Calcio Catania

Molto rumore per nulla. Vale la pena rubare le parole di Shakespeare per riassumere le 25 pagine di sentenza con cui viene revocato il fallimento di Finaria spa, fresca ex proprietaria del Calcio Catania, ceduto a luglio alla Sigi spa. Un pronunciamento che ha fatto sorgere tanti dubbi, perché arriva in un momento delicato: la trattativa per una nuova cessione del club rossazzurro a un gruppo capeggiato dall’avvocato italo-statunitense Joe Tacopina. La prima notizia, però, è proprio che la sentenza non cambia niente, essendo già tutelati dalla legge gli atti dei curatori fallimentari che hanno guidato il bando estivo di vendita del Catania. Il pronunciamento dei giudici, tuttavia, è utile a fare chiarezza su una storia che mesi fa ha infiammato le cronache e l’animo dei tifosi: i legali di Finaria, Gaetano Sanfilippo e Salvatore Nicolosi, hanno davvero sbagliato a non rendere nota la causa con gli eredi dell’ex patron Massimino? Un errore ininfluente, secondo i giudici.

Tutto comincia a luglio. Finaria è ancora in concordato preventivo e sta lavorando alla vendita del Catania. Un giorno capita che l’avvocato Carmelo Barreca vada in tribunale per ricordare ai giudici come la società sia ancora impegnata in una causa con gli eredi Massimino, oggi pendente in Cassazione, che potrebbe comportare la perdita del 25,5 per cento delle quote che si stanno per mettere in vendita. Scoppia il parapiglia. Il tribunale si arrabbia e contesta a Finaria «un modo lacunoso e poco collaborativo» con questa e altre inadempienze, tra cui il non avere spiegato bene i motivi di urgenza della vendita. Il bando salta, la tifoseria – già scalpitante all’idea di una nuova proprietà – vede rosso. Nella tensione generale, sfugge ai più un’informazione: nella sentenza di appello della causa tra Massimino e Finaria, i giudici scrivono già che, al netto di un eventuale riparazione economica, agli eredi dell’ex patron non spetta nessuna quota. Decisione che difficilmente verrà stravolta in Cassazione.

Ma ormai il danno è fatto. E il tribunale contesta a Finaria una possibile frode nei confronti dei creditori (e non dei nuovi possibili acquirenti) che, se fossero sorti problemi con la vendita a causa di questa informazione mancante, avrebbero visto sfumare i propri soldi. La società fallisce e il Catania viene venduto dai curatori fallimentari. Finaria, intanto, fa reclamo contro il fallimento: il ricorso di cui oggi arriva la notizia della vittoria. Adesso si aprono due strade: se i curatori fallimentari, entro 30 giorni, faranno ricorso, si dovrà ancora attendere per definire la vicenda e la società rimarrà formalmente fallita; in caso contrario tornerà in concordato preventivo. Scenari che interessano sostanzialmente solo ai creditori e più nelle modalità che nella sostanza (anche economica). Tutto quello che è stato, ormai, rimane. Compresa la vendita del Calcio Catania.

Sulla questione dell’urgenza, però, i giudici oggi fanno notare come il rischio della perdita del titolo sportivo bastasse a giustificare una procedura veloce. Pena, il deprezzamento del club con un conseguente minore guadagno per Finaria e, quindi, meno soldi ai creditori. La mancata comunicazione della causa con i Massimino, invece, viene definita dai giudici «una irrilevante informazione aggiuntiva», in una fase priva di interesse per i creditori e «che ben si sarebbe potuta integrare successivamente finanche nel bando di vendita e nella data room». Senza considerare, continuano i giudici, che l’eventuale rientro di quote ai Massimino rimane «meramente ipotetico» e in ogni caso non comparabile al danno per i creditori causato dalla perdita del titolo sportivo e dalla conseguente vendita del club a pochi spiccioli.


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