«Oltre a nomi noti e pregiudicati in libertà, il blitz toglie di mezzo anche nuove figure emergenti», spiega Pasquale Pacifico, magistrato che ha seguito le indagini. L'operazione mette in luce come la gestione del traffico - passata dalla famiglia Santapaola ai Carateddi - sia mutata non nei cognomi ma nei metodi
Revenge 5, la geografia dei nuovi equilibri mafiosi «Il mercato della droga non è in crisi, è cambiato»
«Il mercato della droga non è in crisi, ha solo cambiato i suoi metodi». L’operazione Revenge 5 ha portato all’arresto di 37 persone, molte legate all’ala Carateddi del clan Cappello-Bonaccorsi, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, traffico e spaccio di stupefacenti. «Oltre a nomi noti e alcuni pregiudicati prima in libertà, il blitz toglie di mezzo anche nuovi personaggi emergenti», spiega Pasquale Pacifico, magistrato che ha seguito le indagini. Dal 2009, anno in cui ha avuto avvio la prima operazione Revenge, è cambiata la gestione del traffico di droga nel Catanese. Il nuovo capitolo dell’indagine potrebbe portare adesso a nuovi assetti.
A Catania è la cosca Cappello-Bonaccorsi a controllare la maggior parte del traffico di stupefacenti. Dal 2009 ha esteso il suo monopolio anche ai quartieri Monte Po, San Cristoforo, San Berillo nuovo e alla frazione Piano Tavola di Belpasso – tutte le zone toccate dalla più recente operazione – che prima facevano riferimento, in alcuni casi anche per il business delle estorsioni, alla famiglia Santapaola-Ercolano. Mutati gli equilibri, non sono cambiati i cognomi di chi si occupa degli affari. «Le famiglie prima legate ai Santapaola – spiega Pacifico – sono poi confluite nell’ala dei Carateddi». Gli Strano e i Crisafulli si sono aggiunti ai Lo Giudice e agli Schillaci.
Nessun cambiamento neppure nei canali di rifornimento. «La mafia catanese non ha contatti diretti con i produttori», ma si consorzia con le realtà malavitose collegate agli snodi più importanti del traffico mondiale. La marijuana e le altre droghe leggere arrivano a Catania dall’Albania e dalla Calabria. Le droghe pesanti, come cocaina ed eroina, passano attraverso gli intermediari campani e calabresi. Rispetto al passato a essere cambiate sono invece le modalità di scambio, più prudenti. «I trafficanti sono più accorti e i sequestri meno eclatanti». Lo stupefacente non viene più trasportato in grandi quantità, ma si preferisce trasportane meno e aumentare il numero dei viaggi fatti dai corrieri. Così da incorrere in sequestri meno dannosi per le casse dell’organizzazione criminale.
L’ascesa del clan Cappello-Bonaccorsi nei quartieri della periferia della città inizia nel 2009. «Si voleva creare, all’interno di Cosa nostra catanese, una nuova famiglia che contrastasse i Santapaola-Ercolano», ricostruisce Pacifico. Le ragioni del cambiamento riguardano sia l’assetto economico che gli equilibri generali del contesto catanese. «A Monte Po erano sorti contrasti tra i diversi cartelli mafiosi a proposito della gestione e delle percentuali sulle estorsioni da dividere», spiega il magistrato. Che ricorda pure come l’egemonia della famiglia Santapaola sia stata allora indebolita «dagli arresti che l’avevano colpita e dal fiorire del mercato della droga, già in mano ai Carateddi». Business che permise al clan legato ai Cappello-Bonaccorsi di diventare economicamente più solido dei concorrenti. Aspetto che, unito «alla disponibilità di killer agguerriti e di un’organizzazione militare più forte», può essere tra le spiegazioni del passaggio di alcuni esponenti dal cartello mafioso in difficoltà a quello più forte.