Processo Ciancio, durante la requisitoria analizzati «i grandi affari» dell’editore. Dal Garibaldi ai centri commerciali

I «grandi affari». Due parole che racchiudono investimenti, accordi, pressioni, rapporti politici e una miriade di società. Sono quelli che, per almeno un decennio, hanno avuto come protagonista Mario Ciancio Sanfilippo. L’editore – 91 anni il 29 maggio prossimo – è a processo per concorso esterno in associazione mafiosa. In un palazzo di giustizia deserto, oggi pomeriggio è andata in scena la seconda parte della requisitoria, con l’accusa rappresentata dai magistrati Agata Santonocito e Antonino Fanara. Per le richieste bisognerà aspettare il prossimo appuntamento.

L’editore, ed ex direttore del quotidiano La Sicilia, come sempre è avvenuto durante questo processo, non era presente in aula. Nell’elenco dei «grandi affari», analizzati davanti alla corte presieduta dal giudice Roberto Passalacqua, c’è pure l’appalto per il secondo lotto dell’ospedale Garibaldi. Vicenda giudiziaria risalente al 1997 in cui Ciancio sarebbe stato il protagonista di uno dei tre «input», come li ha definiti Fanara, che avevano come destinatari coloro che facevano parte della commissione di gara chiamata a valutare eventuali anomalie nelle offerte. Uno dei componenti era l’ingegnere Giuseppe Ursino che di Ciancio era braccio destro oltre ad avere il proprio ufficio nel palazzo del quotidiano La Sicilia. «Ursino convocò gli altri due componenti nella propria stanza e successivamente vennero ricevuti da Ciancio – racconta il magistrato in aula ripercorrendo la vicenda – L’editore mise una mano sulla spalla di Ursino e disse che bisognava fare le cose per bene “altrimenti si finisce nei guai e io sono costretto a mettere le foto sul giornale“». Una «minaccia» che avrebbe avuto come fine quello di incidere sulle scelte della commissione in favore dell’impresa Cgp guidata all’epoca da Giulio Romagnoli, a discapito della Fratelli Costanzo in amministrazione giudiziaria.

Durante la requisitoria spazio anche al Pua, il piano urbanistico attuativo di Catania. Un progetto, all’ombra di mafia e speculazione edilizia, da oltre 300 milioni di euro, che avrebbe dovuto trasformare tutto il litorale etneo della Playa. «Venne presentato dall’imprenditore Renzo Bissoli della società Stella Polare – ricorda in aula Fanara – con lui c’erano Salvatore Modica, parente di uno storico esponente del clan Laudani, e il geometra Francesco Strano». Ciancioproprietario di circa il 30 per cento delle aree su cui doveva realizzarsi il Pua, non si è limitato a vendere gli appezzamenti, ma avrebbe seguito da vicino lo sviluppo burocratico dell’affare, attivando le sue conoscenze politiche. Raffaele Lombardo, vicesindaco di Catania nel 2002, ma non solo. Tra i personaggi citati in aula durante la requisitoria ci sono l’ex sindaco Enzo Bianco e l’ormai famosa intercettazione, contenuta negli atti dell’inchiesta, svelata per la prima volta da MeridioNews. Era il 18 aprile 2013 e mancavano meno di due mesi all’elezione del nuovo sindaco di Catania. Il Consiglio comunale, il giorno prima, approva il Pua ed è l’allora candidato sindaco a telefonare all’imprenditore, direttore ed editore del quotidiano La Sicilia. Nel corso della conversazione, Bianco ricorda a Ciancio come tutto sia andato secondo le previsioni.

Prima delle analisi riguardanti i centri commerciali: da Porte di Catania, passando per Tenutella, Mito e Sicily outlet village, nella requisitoria viene ripercorsa la vicenda della costruzione – mai realizzata – di un villaggio per i soldati americani in contrada Xirumi, alla Piana di Catania, in territorio di Lentini, in provincia di Siracusa. «La mafia ha sempre amato le costruzioni destinate agli americani – ricorda in aula Fanara – Da Sigonella al villaggio a Motta Sant’Anastasia. Nell’inchiesta Iblis avevamo il progetto Safab». I terreni in contrada Xirumi, inizialmente a vocazione agricola vennero acquistati dall’editore, dall’ex deputato Dc Salvatore Urso, e poi rivenduti per una somma di oltre cinque milioni di euro. Acquirente era la Scirumi srl società che tra i soci annoverava la Cappellina srl riconducibile ai figli dell’editore oltre alla impresa di costruzioni dell’imprenditore vicentino Giuseppe Maltauro, già aggiudicatario dei lavori per la realizzazione del centro commerciale Etnapolis. «In questa vicenda l’iter amministrativo era stato molto veloce – spiega Fanara – Il progettista era l’architetto Matteo Zapparata che da un lato lavorava da privato per Ciancio e dall’altro era capo dipartimento della provincia regionale di Catania, ossia un funzionario pubblico che doveva valutare anche altri investimenti di Ciancio».


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