Regione: The End. Si avvicina a grandi passi il fallimento della Sicilia di Crocetta & Bianchi

LA NOTIZIA E’ FERALE. MA ABBIAMO UNA SPERANZA: FORSE L’ASSESSORE ALL’ECONOMIA NON FARA’ IN TEMPO A PORTARE A TERMINE L’ULTIMO ATTO DELLA SUA ‘MISSIONE’ SICILIANA: IL MUTUO ‘ASCARO’ DA UN MILIARDO AIO DANNI DELLA NOSTRA ISOLA, OPERAZIONE CHE NOI CI AUGURIAMO FALLISCA

Ieri le cronache hanno registrato tre notizie. Un’interrogazione parlamentare, firmata da un gruppo di deputati nazionali eletti in Sicilia – Saverio Romano in testa – dove si parla di commissariamento della Regione siciliana. Una dichiarazione rilasciata dal Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, sempre sul commissariamento della Regione. Con lo stesso Orlando che si premura di spiegare di stare parlando non da Sindaco del capoluogo dell’Isola, ma di docente universitario di Diritto regionale. Infine c’è la terza notizia: i parlamentari di Sala d’Ercole che chiedono l’anticipo del Trattamento di fine rapporto (Tfr). 

A nostro modesto avviso queste tre notizie sono strettamente correlate tra di loro. Orlando e Romano non sono politici nati ieri. Sanno quello che dicono. Cosa, in questo caso? Semplice: che la Regione siciliana è tecnicamente fallita, ma che Roma fa finta di non accorgersene perché vuole evitare che il default della Regione siciliana possa avere effetti pesanti sul sistema Italia. 

Roma, insomma, avrebbe già iniziato a sperimentare sulla Sicilia il primo esempio di “fallimento pilotato”. Questo significa che i siciliani si devono abituare, ad esempio, a partire da quest’anno, a non avere più i Teatri lirici (Teatri Massimo di Palermo e Bellini di Catania), i Teatri di prosa e, in generale, quasi tutte le attività culturali. Niente più Parchi e Riserve naturali, niente più controlli effettuati dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arpa).
Ancora: niente più squadre antincendio degli operai della forestale. Anzi, per la precisione, riduzione dell’80 per cento degli operai della Forestale. Poi riduzione drastica delle attività sociali (assistenza agli anziani, ai minori, ai portatori di handicap). Soppressione delle Province e licenziamento in tronco dei dipendenti delle stesse Province, che non passerebbero alla Regione perché la Regione, al di là delle chiacchiere, non avrebbe come pagarli; e soppressione di un numero impressionante di Comuni dell’Isola (da 250 a 300). Quindi soppressione di Parchi e Riserve naturali e via continuando con i tagli.

Sono cose che il nostro giornale scrive da mesi. Lo scenario è più chiaro da quando il Governo di Rosario Crocetta ha finito di affondare la Regione con una manovra economica e finanziaria folle. Ma lo stesso presidente Rosario Crocetta e lo stesso assessore all’Economia, Luca Bianchi, dopo i primi attimi di smarrimento, per motivi che non riusciamo a comprendere vivono nell’illusione che nulla succederà.

Presidente e assessore, sono convinti, bontà, loro, di poter lasciare mezza Sicilia senza soldi. Anzi, danno per scontato che ciò possa avvenire senza colpo ferire. E hanno già programmato il mutuo da un miliardo di euro sempre a carico di quei siciliani che hanno lasciato senza soldi e senza servizi. E sono già pronti a sopprimere le Province e a far sparire da 250 a 300 Comuni siciliani per realizzare ‘economie di scala’.

Il ‘disegno’ di Crocetta e Bianchi, però, si scontra con la realtà. Il Sindaco di Palermo ha capito che la manovra sulla soppressione delle Province non passerà. Per un motivo semplice: perché i dipendenti delle stesse Province hanno capito che stanno per essere licenziati – perché di fatto nessuno li pagherà – e la prossima settimana saranno in piazza.

Anche i Sindaci dei piccoli e medi Comuni (tutti quelli con popolazione sotto i 30 mila abitanti sono a rischio) hanno capito che le tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina servirebbero solo a salvare questi tre grandi Comuni dal dissesto finanziario: e hanno fatto sapere che non ci stanno.

La stessa cosa vale per gli altri Comuni, i cui Sindaci hanno perfettamente capito che i “Liberi Consorzi di Comuni”, lungi dal configurarsi come l’applicazione dell’articolo 15 dello Statuto, non sono altro che goffi tentativi di ridurre il numero dei Comuni per fare economie, riducendo i servizi per i cittadini e la rappresentatività democratica. Per non parlare di Comuni dalla storia millenaria che dovrebbero scomparire per la bella faccia di Crocetta e Bianchi e del Governo nazionale di Enrico Letta.

Il disegno romano di un fallimento della Sicilia ‘pilotato’ dall’alto, con 5 milioni di siciliani che accettano di diventare poveri, senza Teatri, senza attività culturali, senza controlli sulla qualità della vita (leggere eliminazione dell’Arpa), abolendo, di fatto, Parchi e Riserve naturali (oltre il 21 per cento del territorio vincolato che finirebbe nelle mani degli speculatori e dei mafiosi!) sta fallendo.

Orlando, che probabilmente non si aspettava la rivolta dei dipendenti delle Province e il “no” dei Comuni all’auto-soppressione, dice una cosa giusta: una Regione non può avere un Bilancio che non prevede uscite. Perché, in questo momento, i siciliani – come tutti gli italiani – pagano un sacco di tasse, ma non hanno in cambio servizi. Perché una parte consistente delle spese sono state bloccate non dall’Ufficio del Commissario dello Stato, ma dagli errori del Governo Crocetta.

Questo perché la politica siciliana – Governo regionale in testa – ha deciso di impiegare le ultime somme correttamente disponibili per pagare una consistente parte del precariato.

Siamo arrivati al nodo gordiano. Come scriviamo da mesi, la Regione siciliana non è più in grado di sostenere, contemporaneamente, un taglio annuale di circa un miliardo di euro da Roma, e il pagamento di un esercito di precari.

Un Governo siciliano degno di questo nome avrebbe già contestato il taglio di un miliardo di euro a Roma; e avrebbe ridotto di almeno il 30 per cento le spese per il precariato.

Invece il Governo Crocetta, per il secondo anno consecutivo, non ha contestato il taglio di quasi un miliardo dal Bilancio regionale 2014 effettuato dal Governo nazionale; e non ha ridotto, se non forzosamente e solo per qualche area, la spesa per il precariato.

Dopo di che avrebbe voluto utilizzare per gli altri settori dell’Amministrazione somme che servono per fronteggiare le emergenze. Questo è un punto nodale. Già lo scorso anno la Corte dei Conti aveva contestato al Governo Crocetta l’utilizzazione impropria di somme che debbono restare tra le ‘riserve’.

Per tutta risposta, quest’anno. Governo e Ars hanno provato a utilizzare tutti i fondi che dovrebbero servire come ‘riserve’ determinando un’impugnativa che è la conseguenza di una corretta applicazione della Costituzione.

Oggi Orlando, giustamente, fa notare che un Bilancio regionale che non prevede spese – anche se non impugnato – si configura come una palese e persistente violazione dello Statuto. Da qui il richiamo, corretto, al commissariamento della Regione. Come dargli torto?

Da qui, anche, l’interrogazione parlamentare di Romano e altri parlamentari.

Il Sindaco di Palermo e i parlamentari nazionali autori dell’interrogazione pongono una semplice domanda: come si può pensare di andare avanti lasciando mezza Sicilia senza soldi e senza servizi? Persino il Governo Letta-Alfano-Bilderberg dovrà penderne atto. Perché i siciliani, dalla prossima settimana, cominceranno a scendere in strada. 

Da qui anche la terza notizia, sempre di ieri: i parlamentari dell’Ars che, fiutata l’aria pesante, si stanno prendendo anche il Tfr. E, dal loro punto di vista non esattamente morale, hanno ragione. Hanno capito, i nostri deputati di Sala d’Ercole, che il commissariamento della Regione si avvicina. E si stanno prendendo tutto quello che si possono prendere. Anche 40 mila euro, visto che la nave sta affondando, fanno sostanza. Eccome!

Debiti della P.A.: il Ministro Saccomanni non sollecita alcun mutuo…

 


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