Regionalismo differenziato, il no della scuola siciliana «Aumenterebbe ancora di più il gap tra il Nord e il Sud»

Il mondo della scuola siciliano si mobilita contro il regionalismo differenziato. Docenti, dirigenti scolastici, collaboratori, personale Ata hanno dato vita a un «embrione di movimento», gli Stati generali della scuola, per contrastare la riforma autonomista «che aumenterebbe in maniera esponenziale il gap tra Nord e Sud del Paese».

In una lettera aperta, gli esponenti dell’universo dell’istruzione spiegano i timori alla base della loro scelta di schierarsi apertamente, a partire dal concetto di unità culturale del Paese, che per naturale vocazione viene garantita dall’istituzione scolastica. «La scuola come luogo naturale dell’inclusione – scrivono – rappresenta la spina dorsale dell’identità nazionale che poggia sui valori della carta costituzionale. La Repubblica una e indivisibile ha il dovere di garantire pari opportunità a tutti e pertanto necessita che siano une e indivisibili le proprie istituzioni e per prima l’istituzione scolastica, strumento imprescindibile per la realizzazione dell’uguaglianza sostanziale, attraverso la rimozione di tutti gli ostacoli di ordine economico sociale e culturale».

«Si tratta di un movimento – spiega Riccardo Ganazzoli, preside dell’Antonio Ugo di Palermo – partito dal capoluogo, ma che ha già raggiunto scuole di quasi tutte le province siciliane. Stiamo costruendo i contatti anche con altre realtà analoghe alla nostra che stanno sorgendo spontaneamente in altre regioni, perché il rischio di aumentare in maniera incolmabile il divario tra Nord e Sud è troppo alto. La scuola è comunità, è sistema, per cui risulta impossibile intervenire su uno degli elementi, senza produrre divisioni».

Ma se queste, in sintesi, sono le ragioni per cui i rappresentanti del mondo scolastico dicono di no alla regionalizzazione dell’istruzione, oltre alle rivendicazioni culturali, i timori all’orizzonte sono tanti. A partire dal fatto che uno degli effetti di una gestione della scuola delegata alle Regioni comporterebbe anche che i contratti di docenti e personale finirebbero legati al destino del bilancio regionale. E se già alcune province autonome e Regioni del Nord hanno lanciato la proposta di aumenti salariali considerevoli (in alcuni casi anche di 600 euro lordi al mese), di certo la stessa cosa non potrebbe avvenire al Sud e in Sicilia, comportando enormi differenze nel trattamento economico dei docenti.

«Nel giro di pochi anni – ammette Salvo Altadonna, docente palermitano – la scuola pubblica per come la conosciamo non esisterebbe più, schiacciata ancora una volta dalla doppia velocità tra Nord e Sud. La scuola non può permettersi cali d’attenzione. L’estate è il periodo nel quale, spesso, si compiono scelte non sempre condivise con gli operatori del mondo della scuola. Noi non siamo mai in ferie se c’è da difendere un principio. Oggi il principio da difendere è l’unità della scuola italiana».

A sottoscrivere la lettera aperta, nella quale si invitano a un confronto tutte le forze politiche, associative e sindacali, sono i dirigenti scolastici Riccardo Ganazzoli, Margherita Francomano, Ilaria Virciglio, Anna Maria Catalano, Maria Rosa Caldarella, Mario Veca, Donata Cassarà e Benita Licata, il docente Salvo Altadonna, i collaboratori Eucarpio Genuardi e Marilena Salemi, e Stefano La Verde, personale Ata.


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