Regionali, i soldi dall’America per comprare i voti tramite la mafia. Le accuse rivolte al candidato autonomista Ferrigno

Un mafioso, un candidato e una donna che, pur facendo da anni politica, a detta del giudice che ne ha ordinato l’arresto, sarebbe stata «intrisa di una sconcertante cultura mafiosa». È questo il quadretto che viene fuori scorrendo le poco più di cinquanta pagine di ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere, con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso, Giuseppe Lo Duca, Salvatore Ferrigno e Piera Maria Loiacono. Il primo, 49 anni, vanta una condanna definitiva per associazione mafiosa ed è figlio di Matteo Lo Duca, u Panturru, ormai deceduto ma tra i nomi importanti della storia mafiosa di Carini. Ferrigno, invece, fino a qualche giorno fa si presentava sui social con un video in cui, indossando gli occhiali da sole, assicurava di incarnare il cambiamento, invitando gli elettori a «uno scatto di orgoglio». Per la procura, tuttavia, più che puntare all’orgoglio dei cittadini, Ferrigno avrebbe puntato ai loro portafogli, dove far finire poche decine di euro in cambio del sostegno per le Regionali nella lista Popolari e Autonomisti. Si tratta di un nuovo colpo subito dalla coalizione che supporta Renato Schifani, dopo l’arresto di ieri di Barbara Mirabella, la candidata di Fratelli d’Italia accusata di avere chiesto una mazzetta nell’ambito dell’organizzazione di un congresso nel settore medico. A fare da tramite tra Lo Duca e Ferrigno, sarebbe stata Piera Maria Loiacono.

Con un passato da assessora a Campofelice di Fitalia (Palermo), i più attenti si ricorderanno di lei per essere stata, nel 2017, una delle aspiranti candidate alla presidenza della Regione. Cinque anni fa, Loiacono presentò candidati e assessori designati, ma le sue liste furono escluse dalla Corte d’appello per problemi nella validazione delle firme raccolte. Un lustro dopo, Loiacono è finita dietro le sbarre per la gravità degli indizi raccolti sul suo conto dai carabinieri. «Figura perfettamente trasversale tra il mondo della politica e quello mafioso», ha scritto il gip Fabio Pilato. La collaborazione tra Loiacono e Ferrigno, che a metà anni Duemila fu eletto alla Camera con Forza Italia nella circoscrizione Estera, avrebbe registrato momenti di tensione per la presunta mancanza di contatti da parte della donna nella zona di Carini. Ed è in quel momento che sarebbe entrato in gioco Lo Duca. L’uomo, che il collaboratore di giustizia Gaspare Pulizzi ha indicato tra i componenti del gruppo di fuoco del boss Antonino Di Maggio, a fine agosto si sarebbe reso disponibile a fare campagna elettorale in favore di Ferrigno. «Mi piace, perché come politico non è male – dice l’uomo intercettato dai carabinieri – Ha pure le forze economiche».

Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Lo Duca dal primo momento avrebbe interpretato il proprio impegno come attività da remunerare, per sé ma anche per gli elettori che andavano convinti con il denaro. «Tu pensi che noialtri che andiamo a fare una campagna elettorale senza guadagnare una lira?», chiede retoricamente il 49enne a Loiacono. E quando la donna immagina che servano almeno mille euro per ogni paese, Lo Duca la corregge: «Mille euro niente sono… tu pensi che per Carini io mi prenderei mille euro?». Per i magistrati, Lo Duca avrebbe chiesto 20mila euro per la ricerca di voti nei centri di Carini, Cinisi, Terrasini e Toretta. Dalle carte dell’inchiesta, emerge che Ferrigno avrebbe consegnato somme di denaro seppure decisamente inferiori alle aspettative del 49enne, che a un certo punto avrebbe ridotto le proprie pretese. O quantomeno, a fronte di un primo contributo di cinquemila euro, di iniziare la ricerca. «Allora, quello soldi non ne ha, perché dice che i soldi li devono portare dall’America, perché ha il conto in America», riferisce Piera Maria Loiacono a Lo Duca.

Con il passare delle settimane, il mancato versamento dei contanti da parte di Ferrigno avrebbe indispettito l’esponente della famiglia mafiosa di Carini, mentre Loiacono si sarebbe spinta a guardare alle opportunità che si sarebbero loro presentate nel caso di elezione dell’esponente autonomista. «Gli ho detto – racconta la donna a Lo Duca – “se tu vinci, innanzitutto là dentro (in Regione, ndr) ci devi favorire con un assessorato e questo assessorato me lo divido con questo ragazzo. Se un assessorato vale diecimila, dodicimila euro, io mi devo dividere ‘sti soldi con quel ragazzo“», sono le parole pronunciate da Loiacono e intercettate dai militari del nucleo investigativo. La donna avrebbe poi alluso a una sorta di avvertimento rivolto a Ferrigno: «Se tu vinci e poi ci volti le spalle a noialtri, noialtri siamo pazzi», sarebbe stata la frase pronunciata e riportata a Lo Duca. Il quale, dal canto suo, chiosa: «Non può venire più a Carini».

Nel video elettorale, Ferrigno, alla domanda sul perché votarlo, risponde: «Perché è una sicurezza per i cittadini, in quanto sarò sempre al loro fianco in qualsiasi momento». Per il giudice per le indagini preliminari, invece, Ferrigno – e con lui Lo Duca e Loiacono – andavano arrestati per «scongiurare il pericolo che il diritto-dovere del voto sia definitivamente trasfigurato in merce di scambio assoggettata al condizionamento e all’intimidazione del potere mafioso».


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