Regionali: Centristi alla conta dei danni, appello al Pd «Va capita legge elettorale, come sa fare Berlusconi»

Il Pd ha perso voti e li ha persi al centro. Non è stata solo una fuga di massa verso il centrodestra, è stata anche un’ecatombe che ha punito duramente i Centristi per Micari e i candidati di Alternativa popolare, riuniti in un’unica lista a cui fanno capo due big come Giampiero D’Alia e il ministro degli esteri Angelino Alfano. L’insuccesso alle regionali del 5 novembre ha colpito di pochi punti il Pd, ma pesantemente i centristi riuniti, che non hanno superato lo sbarramento: I due movimenti si erano già spostati a sinistra nel corso della legislatura, hanno riconfermato il loro appoggio a Fabrizio Micari, coerenti con un progetto di un centrosinistra unito, naufragato per una migrazione di massa di parlamentari: Gianluca Miccichè, prima assessore nella giunta Crocetta con i centristi e subito dopo tornato per il voto all’Udc. Come lui Totò Lentini, Pietro Alongi, Nino Germanà, Giuseppe Sorbello, Gaetano Cani.

Ad analizzare il voto è il coordinatore regionale dei Centristi per Micari, Adriano Frinchi che dice a Meridionews: «La fuga di molti parlamentari ci ha fortemente danneggiati. Il numero di quelli che hanno lasciato il nostro gruppo è superiore come somma ai voti che sarebbero bastati a prendere il 5 per cento». Già solo il risultato del palermitano Alongi, infatti, che da solo ha conseguito 8147 voti, sarebbe bastato a far superare alla lista D’Alia-Alfano lo sbarramento e alcuni dei cambia casacca avrebbero tra l’altro conservato un seggio all’Ars, per Alongi e per il deputato di Patti Nino Germanà, con buone probabilità di conquista di un seggio anche a Trapani e a Siracusa

Delusione anche dal presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone che però afferma: «Sono sereno, ho lavorato facendo del mio meglio, sono rimasto fedele al progetto politico che avevamo insieme costruito e condiviso». Se le migrazioni indiscriminate all’interno dell’Ars hanno ottenuto l’effetto di far perdere deputati per strada al centrosinistra, sono però anche il segno di un progetto debole e che male intercetta le aspettative dell’elettorato. «Indubbiamente c’è da ricostruire una proposta politica con un occhio alle elezioni nazionali – dice Frinchi – il Pd deve decidere se essere Crono che mangia i suoi figli e francamente farei a meno di essere nella figliolanza, oppure intende costruire uno schema valido per le prossime elezioni. Credo che un merito forte vada a Berlusconi per avere la capacita di capire i meccanismi delle leggi elettorali e scegliere la coalizione da mandare in campo. Mi auguro che nel centrosinistra abbiano la stessa capacità di capire quale sia lo schema da mandare al voto. Io al posto di Renzi qualche valutazione in più la farei».

Ma un piano B per le nazionali ce l’avete? «Ancora no – è la risposta di Frinchi -. Bisogna vedere come vorrà scendere in campo il centrosinistra. Aspettiamo che il Pd sviluppi un altro ragionamento, ma non è più tempo di partitini e di lotta per la sopravvivenza». La sconfitta del centrosinistra, a parte i cambi di casacca, sarebbe stata dettata anche da una strategia suicida, iniziata con il riproporre la candidatura di Rosario Crocetta, fino alla barzelletta della candidatura di Piero Grasso, il presidente del Senato che poi ha risposto con un due di picche all’offerta del Pd. «Il Pd ha perso voti verso al centro, favorendo Musumeci senz’altro più bravo in questa occasione a cercare un centro nella coalizione: ci sono i numeri incontrovertibili – osserva ancora Frinchi – analizzando i flussi elettorali la Sicilia è fortemente caratterizzata da un elettorato di centrodestra. Nel 2012 vinse Crocetta solo perché era spaccato in due. La somma di tutta questa coalizione a sinistra, pur con Fava e gli altri movimenti estremi, alla fine avrebbe dato sempre il 25-26 per cento, non di più. Non avremmo vinto lo stesso, malgrado lo sfondamento al centro del Pd e l’allargamento sproporzionato che ha subito. Il Pd ha perso voti e noi abbiamo subito molta improvvisazione, mi auguro si rifletta».


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