La seconda regione dell’Unione Europea con la quota maggiore della popolazione a rischio povertà. Ma anche la seconda regione d’Italia per numero di percettori di reddito di cittadinanza. E, se non bastasse, tra le sei aree del vecchio continente in cui il tasso di disoccupazione giovanile è salito a oltre il 50 per cento. Paragonare la Sicilia a un paziente in cura significherebbe equipararlo a un malato in fase terminale. L’ultimo colpo lo ha inferto il Covid-19, le chiusure per contenere il contagio e l’inefficienza degli aiuti a livello locale. Così le città siciliane negli ultimi mesi hanno scalato le classifiche delle povertà. La conferma non arriva soltanto dai numeri dell’ultimo Eurostat Regional Yearbook, in cui la Sicilia si colloca allo stesso livello della quasi sconosciuta regione bulgara dello Severozapaden, ma anche dai dati dell’Inps sul reddito di cittadinanza, questi ultimi contenuti nell’ultimo report aggiornato al 4 dicembre.
In Sicilia i nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza nel 2019 erano stati 162.342 mentre nello stesso periodo del 2020 sono saliti a 198.120, per un incremento del 22 per cento. Le persone che ricevono l’aiuto in tutta Italia sono 2,8 milioni di cui 539mila residenti in Sicilia. L’Isola è la seconda regione a livello nazionale per numero di beneficiari, preceduta soltanto dalla Campania che è a quota 676.170, con un importo medio mensile che sfiora i 600 euro a fronte dei 574 euro medi che incassano i beneficiari residenti in Sicilia. Tra i capoluoghi di provincia il reddito medio percepito più alto è a Palermo con 620,48 euro, seguita da Catania, 581.09 euro, e Agrigento con 553.54 euro.
In Italia la provincia in cui il reddito di cittadinanza è più diffuso, tenendo conto del parametro di un assegno ogni mille abitanti, è Crotone con 56 beneficiari. Nelle prime dieci posizioni però è un susseguirsi di città della Sicilia. Al secondo posto c’è Palermo con 51,5 persone destinatarie dell’aiuto ogni mille. Al quarto posto, subito dopo Napoli, tocca a Catania con 48,2 cittadini. Sesta, settima e ottava posizione spettano invece a Siracusa, Trapani e Caltanissetta.
A livello locale Palermo è l’area con il numero maggiore di nuclei familiari percettori al 4 dicembre: 64.981, seguita da Catania, 55.058, e Messina con 22.055. Rispetto al 2019 la città con l’incremento maggiore è però il capoluogo etneo con 12.371 famiglia in più nella lista dei beneficiari, pari a un più 29 per cento. Palermo aumenta di 11.232 (circa 24 punti percentuali in più), mentre Messina di appena 2260 nuclei familiari. Il dato di Catania, volendo fare un confronto con altri capoluoghi tenendo conto del numero di abitanti, può essere confrontato con realtà come Bari e Verona. Nel primo caso i nuclei coinvolti sono 31mila – cioè il 43 per cento in meno rispetto al capoluogo etneo – nella città Veneta il numero scende a 6955 per un meno 87,4 per cento rispetto a Catania. Per ogni confronto però c’è un passaggio fondamentale che non può essere tralasciato: il diritto al sussidio si può ottenere con un Isee inferiore a 9360 euro annui, senza però tenere conto del diverso costo della vita tra le varie realtà.
Tuttavia nei prossimi mesi qualcosa potrebbe cambiare con la possibilità di collegare una parte dell’assegno al costo dell’affitto. L’idea, di cui ha già parlato la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, prevede la possibilità di avere un reddito di cittadinanza minimo e una parte destinata al pagamento del canone. Quest’ultimo parametro però dovrebbe tenere conto di due elementi: il numero dei componenti della famiglia e il territorio in cui si vive. Proprio la ministra la scorsa settimana è stata la destinataria di una lettera aperta firmata dall’Associazione nazionale navigator sul tema rinnovo dei contratti. Sul punto il governo sembra esitare non poco e i malumori sono sempre più evidenti.
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