Il gruppo mafioso attivo nel quartiere Picanello, riconducibile alla famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano, si sarebbe occupato anche di questioni sentimentali, liti tra ragazzine in cui poi finivano di mezzo gli adulti, ma anche del licenziamento di una donna e delle sue pretese su un credito da ricevere come trattamento di fine rapporto. Storie di vita quotidiana in cui emergerebbe però il peso criminale di alcuni degli indagati all’interno del rione, un tempo contrada agricola poi divorato dall’urbanizzazione del capoluogo etneo. I dettagli di queste vicende sono contenuti nei documenti dell’inchiesta Oleandro. Il 27 luglio 2019 gli investigatori ascoltano una telefonata particolare. Nunzio Comis, figlio del boss Giovanni, parla con uno degli indagati. La questione riguarda apparentemente un semplice diverbio tra ragazzine: una delle due però appartiene alla cerchia familiare di Comis ed è stata rimproverata aspramente da un uomo che di professione fa il parrucchiere a Piano Tavola. «L’ha maltrattata?», chiede l’interlocutore di Comis. «No, un poco male. Dopo ha chiamato che voleva sistemare la cosa perché si è informato… c’era un amico nostro e ci ha detto chi ero! No?». A questo punto il figlio del boss del rione avrebbe accettato il faccia a faccia con il parrucchiere ma, secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbe chiesto ad alcuni affiliati di accompagnarlo. Una scelta non casuale ma che avrebbe avuto come unico fine di quello di «intimorire ulteriormente l’uomo e costringerlo a scusarsi per quanto accaduto».
Altra questione è quella che avrebbe riguardato due commercianti le cui attività ricadevano nel territorio di competenza di due gruppi mafiosi diversi. Il primo, titolare di un bar lungo viale Libertà, nei pressi della stazione centrale, e l’altro proprietario di una macelleria in via Duca degli Abruzzi. Quest’ultimo avrebbe litigato con una ragazza che si trovava nei pressi del bancone, costringendo l’imprenditore ad allontanarlo in malo modo. Diverbio che si sarebbe arricchito di ulteriore tensione con il macellaio che sarebbe ritornato poco dopo il fatto minacciando di morte l’uomo, sottolineando che sarebbe ritornato una seconda volta ma insieme ad alcuni parenti, probabilmente malavitosi. Il 7 settembre 2019 all’interno della rivendita di carne si presenta Giuseppe Gambadoro, poi arrestato nel corso del blitz. «Il bar è la sua casa», spiegava l’indagato in un dialogo intercettato all’interno della macelleria. Per risolvere la controversia, ma non è chiaro se l’incontro sia poi avvenuto, si pianifica un faccia a faccia chiarificatore propio al bar. Decisione che, secondo gli inquirenti, non prende solo Gambadore ma anche Alberto Privitera, indicato come il rappresentante dei Santapaola per il quartiere Stazione.
Le attenzioni di troppo, rivolte nei confronti di una donna già fidanzata, sarebbero state alla base di una richiesta d’intervento fatta direttamente a Carmelo Salemi, noto imprenditore del settore florale ma anche accusato di essere stato il reggente della cosca nel rione Picanello. Salemi però di questa vicenda non avrebbe voluto sapere nulla: «Mi devi fare un favore – diceva a Gambadoro – ci devi dire ad Alberto “vedi che Melo di questa situazione non sa un cazzo e non gli interessa nemmeno saperla”». A tirare la giacchetta di Salemi sarebbe stata anche una donna, ex dipendente di un bar nei pressi di piazza Nettuno, non lontano dall’attività commerciale di Salemi. La stessa avrebbe vantato un credito di quasi 3000 euro nei confronti del suo ex datore di lavoro. Salemi della questione, secondo gli inquirenti, avrebbe dato mandato di occuparsene ad Alfio Panebianco, riuscendo poi a risolvere il conflitto. Le questioni sentimentali avrebbero occupato anche i pensieri del successore di Salemi al vertici del gruppo mafioso. A Giuseppe Russo, detto il giornalista o l’elegante, stando alla ricostruzione degli investigatori, sarebbe stato chiesto di intervenire per risolvere una controversia familiare tra un affiliato e i parenti di una donna che aveva frequentato. In cuor suo Russo si sarebbe limitato a organizzare un faccia a faccia tra i genitori degli ex innamorati ma l’affiliato, temendo rappresaglie, si sarebbe presentato all’incontro accompagnato da alcuni santapaoliani, scavalcando di fatto il vertice del clan nella gestione del conflitto.
Infine c’è il contrasto che sarebbe emerso tra un uomo, incensurato, e la famiglia di una donna con cui intratteneva una relazione sentimentale. Una storia mal digerita dai parenti della ragazza tanto da minacciare di morte l’uomo. Anche in questo caso a entrare in scena sarebbero stati alcuni degli indagati. «Stai toccando la figlia di uno che è malandrino – si legge in un dialogo riportato nell’ordinanza – loro hanno fatto la storia e te l’ho detto dal primo giorno che la cosa non può sistemartela nessuno».
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