Qualche riflessione sull’attualità politica. Il parere di un nostro docente

1) Che analisi possiamo fare dell’attuale situazione politica e, in particolare, dei rapporti tra maggioranza e opposizione in Italia?

Possiamo provare ad affrontare la questione rispondendo innanzitutto in merito al governo e alla sua azione e, secondariamente, in merito al sistema politico in un senso più generale. Nell’anno che è trascorso dalle elezioni politiche il percorso del governo Prodi è stato ed è apparso contrastato e faticoso, segnato dalla difficoltà di  gestione di una maggioranza parlamentare risicata e resa disomogenea nelle due Camere dalla legge elettorale. Indubbiamente hanno pesato negativamente sul governo il deficit di comunicazione e i limiti di coordinamento nella stessa compagine ministeriale, a cui ha provato a dare una risposta la soluzione della breve crisi di governo. Ciò rimanda d’altronde alla capacità che l’opposizione di centro-destra ha avuto nel mantenere alta, direi senza un attimo di respiro, la tensione politica e sociale nel paese, riuscendo a mettere in ombra i provvedimenti innovativi o amplificare tutti quegli elementi che  potessero innescare un malcontento, per quanto frammentato, di varie  categorie o interessi sociali. Basti pensare al lungo iter della legge finanziaria che è stato dissezionato fin nei minimi particolari nella comunicazione mediatica come mai era accaduto in passato per passare  alle tormentate vicende della politica estera di inizio anno o a quelle relative ai cosiddetti Dico. In ciò il partito maggiore dell’opposizione ha proseguito la strategia iniziata con il mancato  riconoscimento del risultato delle elezioni e la delegittimazione del  governo con l’obiettivo di una spallata finale. Se tale strategia ha garantito fino ad oggi il mantenimento da parte di Forza Italia della leadership della coalizione, essa ha tuttavia portato alle distinzioni crescenti da parte  dell’UDC ed ha mancato l’obiettivo della caduta di Prodi. Lo scontro tra maggioranza ed opposizione sembra registrare al momento una tregua, stimolata dal dibattito sulla legge elettorale e soprattutto dal rimescolamento interno alle due coalizioni accelerato dalla nascita del Partito democratico.

2) Sentiamo parlare di “Partito Democratico”, di un grande partito della Casa delle Libertà, come si spiegano questi movimenti e che conseguenze possono avere in politica?

L’idea di aggregare diverse formazioni politiche prima separate ha origine, com’è noto, dall’estrema frammentazione partitica del nostro paese ed è stata sollecitata dai risultati dell’ultimo voto politico e dall’instabilità a cui ha contribuito la stessa contorta attuale legge  elettorale. In effetti, stiamo assistendo a due processi paralleli che convergono entrambi verso la stessa soluzione, il primo è la tendenza autonoma del sistema dei partiti a ridurne il numero mediante un’opera di accorpamento, il secondo è la ricerca di un meccanismo elettorale che agevoli la governabilità. Nello specifico la scelta di autoscioglimento dei congressi di DS e Margherita per confluire insieme in un unico grande Partito democratico, nel superamento della semplice alleanza elettorale già sperimentata ma anche della stessa ipotesi federativa, rappresenta una sfida che attende ancora una definizione chiara sia per i contenuti programmatici e per i gruppi dirigenti e il leader, sia per la collocazione internazionale, sia per  la concreta modalità organizzativa. L’accelerazione, che appare forse ancor più sofferta per i DS (considerato che la Margherita è una formazione più recente e già nata come aggregazione di cattolici di sinistra ed altre formazioni laiche), risponde in un certo senso anche alla valutazione di una sostanziale stasi elettorale del maggiore partito della sinistra che non è riuscito mai a superare la fascia di consensi racchiusa tra il 16 e il 20%. La nascita di un grande partito che accomuni tutti i riformisti avviene però senza la partecipazione  di buona parte della sinistra DS, e non pare tecnicamente corretto considerare la loro una scissione, visto che il partito si è autosciolto, e delle componenti socialiste. D’altronde non pare parimenti corretto definire tout court il nascente PD un partito di centro e moderato, almeno fino a quando non se ne delineeranno meglio i contorni, e considerato che in fondo esso sembra ridurre spazio (almeno sull’ala sinistra) alla formazione di un grande partito di centro, perseguita dall’UDC per spezzare il bipolarismo. Proprio quest’ultimo elemento spiega l’attenzione di Forza Italia, anche se il  processo di unificazione nel centro-destra vede ancora titubante AN. Nel frattempo la costituzione del PD ha messo in moto fenomeni riunificanti tra i piccoli partiti,tra cui la costituente socialista e quella comunista che avranno come conseguenza quella di porre  l’elettorato di sinistra di fronte ad una serie di nuove scelte e nuovi dilemmi.

3) Un tema all’ordine del giorno è la Riforma elettorale. I politici  discutono formando “intese” spesso del tutto nuove: si è parlato dell’intesa Bossi-Mastella ad esempio. Tra i vari modelli francese, tedesco e la bozza Chiti qual è a Suo avviso il più indicato per il nostro Paese?

Premettendo che il sistema elettorale non è e non può essere la panacea di tutti i difetti di un sistema politico e che non esiste un solo modello adatto ad un singolo paese, va affermato che l’Italia ha bisogno di una nuova legge elettorale. Qualunque sia il modello scelto credo che sia in ogni caso fondamentale ristabilire un’omogeneità tra i due sistemi elettorali previsti per Camera e Senato per evitare le gravi incongruenze e instabilità a cui stiamo oggi assistendo; altrimenti bisognerà cambiare il bicameralismo perfetto e assegnare allora diversi ruoli e compiti alle due camere. E’ inoltre auspicabile, a mio giudizio, il ritorno alla possibilità per  l’elettore di esprimere una preferenza per un candidato. Per quanto attiene al sistema elettorale vero e proprio ritengo che si debba trovare un equilibrio che garantisca la governabilità grazie a maggioranze coese e insieme un minimo di rappresentatività alle forze politiche minori (in tal senso forse bastava correggere la vecchia legge, il cosiddetto “Mattarellum”, depurandola dalle complicazioni, come lo scorporo). Sono due, a mio giudizio, le opzioni più adatte: 1)  la proporzionale con uno sbarramento, che potrebbe essere inizialmente del 3% (e poi del 5%); 2) il maggioritario a doppio turno alla francese che garantirebbe a tutti al primo turno di votare secondo le  proprie specifiche convinzioni politiche e poi al secondo turno per quei candidati con maggiori probabilità di successo, individuati attraverso coalizioni bipolari. Si salverebbe così il bipolarismo (non il bipartitismo che non mi sembra adatto allo schema politico italiano  attuale) evitando l’eccessiva frammentazione partitica in parlamento. Vedrei meno indicato il modello spagnolo perchè, essendo fondato su circoscrizioni piccole favorirebbe, oltre ai grandi partiti, solamente quei piccoli partiti fortemente radicati in sede locale, risultato che, conveniente per un paese come la Spagna, da noi potrebbe rafforzare eccessivamente le formazioni autonomistiche o localistiche e nuocere all’esigenza di unire in un progetto nazionale le istanze politiche.

4) Nella scorsa intervista lei diceva “Credo che l’Italia di oggi di  tante cose abbia bisogno, fuorché di una esasperata contrapposizione  tra clericalismo e anticlericalismo”. Purtroppo i fatti la  contraddicono: lo scontro tra laici e cattolici è aperto. A cosa si  potrà arrivare: alla “deriva laicista” o all’impossibilità dei governi  di attuare riforme sociali mettendo l’Italia in linea con gli altri  Paesi Europei?

Vorrei fare una precisazione. La mia osservazione di allora era un  parere e un auspicio e forse una preoccupazione, non tanto la constatazione di una realtà; pertanto non credo che i fatti la  contraddicano. Farei inoltre attenzione a non confondere clericalismo e anticlericalismo con i termini laici e cattolici; esiste infatti una differenza sostanziale tra le due espressioni. Nel merito, non vedo alcuna “deriva laicista” bensì il pericolo che posizioni fondamentaliste siano rafforzate e anche strumentalmente amplificate. Del resto non si possono paragonare le condizioni italiane da questo punto di vista, con altri stati europei, sia per l’influenza diretta della Chiesa sia per la diversa composizione politica delle  maggioranze di governo.

5) Le cause di questo scontro sono da ricercare nell’ingerenza  Vaticana o nell’incapacità dei nostri politici? è possibile attutire questa frattura?

Credo che le prese di posizioni dei vertici ecclesiastici, pienamente legittime nell’indicare precetti di tipo morale e di comportamento a tutti i credenti e a coloro che vogliono seguirli, abbiano a un certo punto oltrepassato le sfere di competenza riservate a stato e chiesa, come hanno peraltro rilevato numerosi e importanti esponenti e studiosi cattolici. Forse c’è stata anche un’incomprensione e un’esagerazione della portata e degli effetti dei provvedimenti previsti che non mi sembra, nello specifico, siano andati oltre ad un riconoscimento di diritti di convivenza per persone che non ne godevano, e tanto meno ad esclusione dei diritti della famiglia, come  ha ribadito il cattolico ministro della famiglia. Del resto sarà il parlamento a decidere sulla materia ed eventualmente il nostro sistema prevede anche la possibilità di referendum su questioni di questo tipo.

6) Visto che si è svolto il primo turno delle elezioni in Francia, possiamo commentare il risultato parziale? Cosa possiamo dire sui due  candidati alla presidenza Sarkozy e Royal e sui due esclusi Bayrou e  Le Pen, e il calo ottenuto da quest’ultimo?

I risultati del primo turno, a prima vista, sembrano riportare alla normalità lo schema tradizionale che vede al ballottaggio un candidato della destra neogollista ed uno del partito socialista. Il consistente calo di Le Pen rispetto alle precedenti presidenziali che lo videro arrivare al ballottaggio a causa della débacle del candidato socialista Jospin, richiama in causa la riduzione o il  riposizionamento del voto di protesta e soprattutto la mobilitazione da parte della Royal di una fetta di elettorato socialista che si era astenuto l’ultima volta e che ora ha invece trainato l’altissima percentuale di votanti registratasi domenica 22 aprile. Purtuttavia l’elemento chiave di questa elezione è l’ottimo risultato del candidato dell’UDF, Bayrou, che ha invertito la rotta decennale che vedeva il suo partito in continuo calo, staccandosi dall’alleato  tradizionale gollista e approdando ad una posizione centrista che tanto ha richiamato da noi l’attenzione per le possibili similitudini con la Margherita italiana. Tale smarcamento operato da Bayrou rende infatti potenzialmente più debole la posizione di Sarkozy che pur contando sulla maggior parte dei voti dell’elettorato di estrema destra (Le Pen e Villiers) raggiungerebbe poco più del 40% dei voti e nello stesso tempo rappresenterebbe l’unica possibilità di Segolene  Royal di poter vincere la sfida del ballottaggio, visto che al 26%  ottenuto al primo turno si può aggiungere solamente il 10% raccolto dagli altri candidati della sinistra (trotzkista, comunista e verde). Difficile dire al momento se i tentativi di avvicinamento tra Royal e  Bayrou che ha comunque negato un sostegno aperto, possano portare al recupero nei confronti del vantaggio goduto da Sarkozy, anche perchè in gioco sono gli equilibri politici nelle vicinissime elezioni  legislative e nel futuro governo, compresi gli umori dei deputati e dell’elettorato moderato dell’UDF. Anche per questo è ancora prematuro un giudizio sulle possibili similitudini di un processo di formazione di un’ alleanza di centro-sinistra che pare ancora agli inizi in  Francia ma che, se dovesse andare in porto, influenzerebbe probabilmente anche l’evoluzione delle grandi famiglie politiche a livello internazionale.


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