Intervista all'ex governatore che ieri ha ricevuto la notifica della chiusura delle indagini da parte della Dda di Caltanissetta. Per i pm, avrebbe assecondato l'ex capo di Confindustria in cambio di un fiume di soldi e della disponibilità a occultare un video scabroso
Pupo nelle mani di Montante, le accuse a Crocetta «Nessuna prova, ma mi dipingono come un mostro»
Rosario Crocetta non lo dice mai, neanche una volta, e quando gli viene fatta la domanda va avanti come un treno. Non lo dice, ma si sente un perseguitato. Da quella giustizia che, ancora al principio del proprio corso, ieri gli ha recapitato un avviso di conclusione delle indagini nell’ambito dell’inchiesta che, negli ultimi anni, ha più sconquassato la Sicilia: quella che ruota attorno ad Antonello Montante e alle sue mille relazioni. Alcune pericolose, praticamente tutte ambigue. Dai magistrati della Dda di Caltanissetta, l’ex governatore è accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. A fargli compagnia un ventaglio di figure comprendenti politici – in particolar modo alcuni dei suoi ex assessori – imprenditori e investigatori. Nella riproposizione di quell’effetto centrifuga che, già nella primavera di tre anni fa, aveva portato a un’ondata di arresti facendo traballare le istituzioni non solo regionali e accendendo i riflettori sulle possibili imposture che si celano dietro i vessilli di certa antimafia. Del coinvolgimento di Crocetta in quello che fu ribattezzato il terzo filone dell’inchiesta si sapeva da tempo. Da ieri, però, c’è l’ufficialità. Per gli inquirenti, non ci sono dubbi: l’ex presidente della Regione sarebbe stato nelle mani di Montante, ottenendo in cambio sostegno ma anche protezione per fatti particolarmente scabrosi.
Partiamo dall’accusa più disturbante. Per i magistrati, lei chiese a Montante di impegnarsi affinché non venisse diffuso un video in cui si vedrebbe lei in atteggiamenti intimi con un minorenne.
«Non ce la faccio più. Nel 2008, ho denunciato queste infamie nei miei confronti, da allora mi sarei aspettato che si indagasse nei confronti di chi le mise in giro e, invece, 13 anni dopo mi ritrovo ancora una volta a leggerle. E come me, i miei familiari. Quella dell’accostamento con i minori, è la strategia più diffusa per prendere un omosessuale e trasformarlo in un mostro. Non esiste alcun video, se ci fosse qualcosa mi contesterebbero un reato orrido come la pedopornografia».
Ma lei ha mai parlato con Montante di queste voci?
«Ma quando mai. Perché avrei dovuto parlare di una cosa non vera? Non ho idea se lui abbia detto qualcosa del genere, non ho letto gli atti. Ma chiunque può millantare cose mai accadute. Di certo, non posso risponderne io».
E che mi dice dei soldi? Montante e i suoi avrebbero finanziato la sua campagna elettorale del 2012 con 200mila euro a testa. Tanto sarebbe valso il patto con il diavolo.
«La mia campagna elettorale costò 150mila euro, altro che. E poi vorrei capire una cosa: questi soldi a chi li avrebbero dati materialmente? Io non li ho, i miei collaboratori neanche e qualcuno tra loro è pure disoccupato. Nelle banche non sono stati portati. Dov’è che sono? Sono anni che leggo le stesse accuse campate in aria. Anzi, mi faccia dire una cosa».
Prego.
«In tre anni, mi aspettavo che i magistrati facessero approfondimenti, trovassero prove. Invece, mi pare che tutto si sia fermato alle cose che leggevo sui giornali nel 2018. Un’indagine basata su teorie e non su dati empirici. Perché una conversazione tra Cicero e Venturi (rispettivamente ex commissario Irsap ed ex presidente Confindustria Centro Sicilia, principali accusatori di Montante) non è una prova».
Il fatto che i suoi governi fossero graditi a Montante, che apprezzasse la scelta degli assessori e le altre nomine mi pare una cosa abbastanza tangibile, però.
«E cosa significa? Io feci un accordo politico con Confindustria Sicilia, nel 2012 era il simbolo della lotta al malaffare. Cosa ne potevo sapere delle cose che sono uscite su Montante? Chi ero per giudicarlo?».
Ma era un impegno morale quello di non disattendere i suoi desiderata?
«Quando mai, io nomino assessore chi mi pare e piace. Ma poi mi faccia capire: a Conte gli hanno contestato il fatto che Gualtieri fosse vicino a Confindustria? E, comunque, anche in questa storia ci sono cose raccontate male: io nominai Mariella Lo Bello (ex assessora al Territorio e alle Attività produttive, anche lei indagata) contro Confindustria. Era espressione della Cgil, mentre Confindustria proponeva un altro nome. Io scelsi diversamente perché consideravo chiuso il rapporto con Confindustria dopo le dimissioni di Linda Vancheri (indagata)».
Eppure l’accusano anche di avere fatto quadrare pure le nomine alle Camere di commercio per andare incontro a Montante.
«Intanto, vorrei ricordare che quelle nomine sono fatte su proposta dell’assessore alle Attività produttive, a meno che non vogliamo usare la reductio ad unum (riduzione a una cosa sola, ndr) e allora iniziamo a dire che ogni cosa l’ha fatta il sottoscritto. Ma anche quando, non riesco a capire quale sia il reato? Credo che si abbia il diritto di nominare chi più si ritiene opportuno. La verità è che più che notizie di reato mi sembrano pettegolezzi politici».
Alla fine di questa intervista, verrà fuori che con Montante neanche vi salutavate.
«Io vorrei sapere se c’è una sola intercettazione in cui Montante mi chiede una cosa e io gli dico di sì. Se c’è una conversazione tra i miei assessori e il sottoscritto in cui emerge qualcosa di questo tipo. Eppure a pranzo con loro ci andavo spesso, se fossero state il trait d’union con Montante qualcosa me l’avrebbero dovuta dire, non trova?»
E di Giuseppe Catanzaro cosa mi dice? L’attuale presidente di Confindustria è accusato di avere avuto da lei favori con la gestione della discarica di Siculiana.
«Questa la trovo proprio assurda. Semmai, le mie azioni nei confronti della discarica hanno dimostrato che non subivo alcuna influenza da Catanzaro. Agli investigatori ho dato documenti che lo dimostrano, ma pare non li abbiano letti».
Cioè?
«Erano anni in cui il ministero aveva detto che le discariche dovevano attrezzarsi di biostabilizzatore. Nessuno ce l’aveva, l’unico era pubblico a Bellolampo, ma non ancora avviato. Catanzaro aveva un progetto da cinque milioni che ancora non era stato autorizzato dall’assessorato al Territorio. Lui pressava e io dissi che non dipendeva da me e che il progetto doveva seguire la sua istruttoria».
Per gli inquirenti, però, lei addirittura chiamò Catanzaro e lo mise in contatto con un produttore di Tmb mobile per consentirgli di continuare a ricevere rifiuti a Siculiana.
«Avevamo i rifiuti per strada e poi feci una circolare rivolta a tutti i gestori di discariche in cui dicevo che si potevano dotare anche di impianti mobili».
Nell’indagine non c’è entrato ufficialmente, ma anche in questa storia aleggia la presenza dell’ex senatore Beppe Lumia. Eravate vicini di stanza a palazzo d’Orleans?
«Lumia fu tra i miei collaboratori e credo che avessi il diritto di scegliermi gli interlocutori che ritenevo più adeguati. Ripeto, in questa storia non c’è proprio nulla di sensato. Non ho mai avuto pressioni e, quando con il mio avvocato analizzeremo gli atti, sarà ancora più chiaro».
A proposito di carte da prendere: ma al momento lei dove si trova? Ancora in Tunisia?
«No, no, sono in Sicilia. Pronto e disponibile a chiarire ogni cosa ai magistrati».